Di Otello Marcacci
Una volta era facile: si mangiava quel che c’era nel piatto e zitti.
Una volta era quando noi s’era piccini, più o meno nel secolo scorso, e le mamme non sapevano come arrivare in fondo al mese e per questo si scervellavano per far mangiare i figliuoli un po’ di tutto. Più per necessità che indole, va detto, tuttavia noi cittini con i pantaloncini corti non ci s’aveva diritto a dir nulla. Zitti e mosca!
Il nuovo millennio si è trascinato dietro soltanto la povertà economica, non quella culturale e a volte mi chiedo se tutto questo sia stato un bene oppure no. Intendo che le mamme moderne hanno gli stessi problemi finanziari delle nostre (se non peggiori) ma una formazione umanistica tale per cui mettono in discussione cose che generazioni precedenti prima hanno lottato per avere, per poi vederlo oggi dato per scontato. La questione dei vaccini, ad esempio, è la più clamorosa, ma anche la nouvelle vague del veganesimo uber alles sta cominciando a essere insopportabile. Una volta incontrare un vegetariano era difficile come trovare un ago in un pagliaio. Oggi non ci sono cene di amici nelle quali non arrivi il/la solito radical chic che ti chieda un menu differenziato basato su riso basmati e foglie di qualcosa, o trasmissione radiotelevisiva nelle quali i moderni cantori dell’armonia dell’universo ci raccontano della loro pretesa superiorità morale nel non uccidere timide bestioline indifese per alimentare un organismo che (secondo loro) è stato programmato dalla natura unicamente per digerire prodotti vegetali.
In cambio di questa loro sapienza ricevono la rappresaglia di beceri berberi onnivori che non si limitano a fare spallucce di fronte alle presuntuose argomentazioni dei vegani ma che invece rilanciano la sfida a colpi di insulti. Su tutti basti ricordare il recente sit-in di un folto gruppo di vegani davanti a Radio 24 per assalire il conduttore Giuseppe Cruciani che per settimane li aveva provocati cucinando un coniglio e mangiandoselo in diretta nazionale, ma anche le aggressioni verbali degli allevatori a gruppi di pacifisti che urlavano a squarciagola il diritto alla vita delle caprette (e alla cancellazione dei loro posti di lavoro)
Beh, che dire, io mi sarei anche stufato.
Capisco (e apprezzo) il pulp e il trash e tutto ciò che fa spettacolo, adoro gli ossimori e le incoerenze, sono pronto ad aprire la mia testa al nuovo e a rispettare il passato, ma per la miseria, quando è troppo è troppo.
Io credo che ognuno abbia il diritto di fare ciò che gli pare, senza per questo, sentirsi giudicato da chi che sia. E questo vale sia per i vegani che per gli onnivori.
Allo stesso modo non mi piace nemmeno quando i nostalgici di un tempo che non sarà più, sentendosi forti dei numeri che li vuole padroni di un mondo antropocentrico, credano che una scelta di vita come quella dei signori sopra vada per questo sbeffeggiata e vilipesa.
A costo di apparire il classico cattocomunista democristiano io dico che la mia posizione in merito alla vicenda è confusa. E quindi medio. Penso che in un mondo ideale forse è vero che uccidere gli animali per soddisfare appetiti che possono essere saziati anche altrimenti non sia la scelta etica che mi riempie di orgoglio, ma anche che (inutile nasconderlo) viviamo in un mondo molto lontano dalla perfezione. Siamo stati drogati da un evoluzione che ci ha obbligato a diventare onnivori per poter sopravvivere ed è inutile che adesso rinneghiamo la scelta di portare avanti la nostra specie che fu fatta millenni fa dai nostri antenati.
E quindi mangio carne. E se sono triste quando lo faccio, quella tristezza sparisce di fronte a una bella fiorentina come dico io con le patate arrosto.
Ho provato a smettere più volte. L’ultima volta ho battuto il mio record: una settimana! Voglio vedere chi è il drogato che riesce a stare sette giorni di fronte a una dose senza prenderla in un mondo costruito per farti arrivare in tempo reale sapori e aromi di ogni cosa. Sono crollato di fronte a un vile panino alla porchetta che m’ha fatto anche salire il colesterolo e i trigliceridi ma, Santo Iddio, era buono da morire. Perché amici vegani, io capisco tutto, ma voi diciamocelo, i baffi non ve li leccate mai. E dai su. Senza offesa a mangiare i papponi internazionali fatti di soia premium o seitan o tofu è da persone mediamente tristi (lo so, lo so, è un giudizio, lo cancello…. Ma anche no!)
E non mi sento un assassino o un cannibale come urlano i più esagitati di loro, quando mi gusto una catalana con le aragoste che poverine sono morte piangendo dentro una pentola bollente, perché anche Gesù, se ci credete, amava far ingozzare i suoi seguaci di pesce appena pescato. Voglio vedere se avete le “cosiddette” per dire che anche lui lo era allora. Così poi fate incazzare anche Sua Santità e quello non è mica uno stinco di santo.
In conclusione ognuno sia quel che vuole essere, va bene tutto, ma nessuna superiorità morale per favore.
Viva le mamme di una volta!
Bellissimo!