Fake news, social marketing e disintermediazione: come proteggersi nel mare magnum della manipolazione online?
Forse abbiamo letto che Barack Obama, a suo tempo, avrebbe vietato di giurare fedeltà alla bandiera. Magari abbiamo dubitato, anche solo per un attimo, della natura delle scie chimiche. Abbiamo persino pensato che, anche lontanamente, tra i vaccini e l’autismo ci potesse essere anche un blando collegamento. Cercando un po’ di leggerezza, abbiamo cambiato aria e siamo finiti su Instagram. Di post in post, abbiamo invidiato il fisico scultoreo di quell’influencer e ritenuto plausibile che dei beveroni proteici fossero la causa di ventre piatto e chiappe sode. Non paghi, crogiolandoci nel mare delle nostre frustrazioni, abbiamo strabuzzato gli occhi di fronte a fotografie che ritraevano cabine armadio, case, libri, auto, viaggi e fogli di giornale.
Se ne siamo usciti vivi, non ne siamo usciti comunque immuni. Qualcosa si deve essere per forza insinuato nelle crepe delle nostre insicurezze. Qui deve aver piantato il seme dell’inadeguatezza, una pianta che germoglia con facilità se annaffiata quotidianamente da una buona dose di masochismo e social network.
Quel che ci è successo è semplice. Siamo stati manipolati, tutto qui. Non fate quella faccia. Ogni giorno siamo bersaglio della manipolazione online. Qualcuno è sempre all’opera per farci cambiare idea sul mondo, sulle cose di cui abbiamo bisogno, sulla politica e sulla percezione di noi stessi. Spesso, siamo vaccinati contro la “creduloneria” e passiamo oltre, al grido di “Ma che sciocchezza”. A volte, invece, questi subdoli tentativi attecchiscono e ci ritroviamo a cena a parlare di poteri forti o, semplicemente, a desiderare ardentemente gli stivali bianchi texani che abbiamo sempre disprezzato.
Nel mondo dell’informazione si muovono i primi passi
“In fin dei conti, come facciamo a sapere che due più due fa quattro? O che la forza di gravità esiste davvero? O che il passato è immutabile? Che cosa succede, se il passato e il mondo esterno esistono solo nella vostra mente e la vostra mente è sotto controllo?”
George Orwell, 1984
Per il mondo dell’informazione, qualcosa si sta lentamente muovendo. E’ di qualche giorno fa la notizia del potenziamento (entro il prossimo giugno) di Newsguard, un filtro contro bufale e disinformazione. Nato lo scorso anno da un progetto di Steven Brill e Godon Crovitz, l’estensione del browser che oggi fa da filtro al 70% delle notizie italiane, dovrebbe arrivare al 90%. Funziona come un semaforo, che tramite la verifica di 9 parametri riguardanti trasparenza e credibilità, valuta l’attendibilità della notizia esaminata. Tra i collaboratori, Newsguard vanta l’ex direttore dell’Ansa Giampiero Gramaglia, Jimmy Wales, cofondatore di Wikipedia, e Anders Fogh Rasmussen, ex premier della Danimarca e segretario generale della Nato.
Sempre a proposito di notizie, a due settimane dalle elezioni europee, Facebook ha poi chiuso 23 pagine italiane che contavano oltre 2,46 milioni di follower. Motivo? La condivisione massiva di informazioni false e contenuti razzisti, antivaccinisti e antisemiti. Fondamentale per questo risultato è stato il lavoro dell’ong Avaaz, che si occupa di diritti umani e campagne ambientali.
Anche se gli interventi sono successivi a notizie ormai diffuse e lanciate nell’etere, il web sta quindi cercando di proteggersi e proteggere i propri utenti dalla manipolazione online. Una strada che è appena iniziata ed è già molto ripida.
Il marketing sui social
Per il mondo della pubblicità, invece, la questione è più complessa e non si può fare di tutta l’erba un fascio. Se si pensa alle persone, alle aziende e agli enti che vogliono convincerci della bontà di un prodotto, l’elenco è davvero infinito e non è soprattutto nato con Internet. Siamo cresciuti con presentatori e artisti che, in tv, accostavano il loro volto a risotti, materassi, biciclette con cambio Shimano. In questo caso però, il consumatore era ben consapevole della natura commerciale dell’annuncio, proprio per il format, il contesto e la struttura dello stesso.
Secondo l’Antitrust, sui social, la combinazione tra post di natura commerciale e interventi riguardanti la propria vita privata genera invece nell’utente una mancanza di consapevolezza. La strada per la manipolazione online è tutta in discesa. Il consumatore abboccherebbe a un’operazione di marketing, pensando che si tratti semplicemente del consiglio genuino di una persona che si è effettivamente trovata bene con quel prodotto.
Le tutele per i consumatori
Pratiche scorrette riguardano in generale le informazioni erronee o ingannevoli, ma anche le dichiarazioni relative alla disponibilità limitata di un prodotto, senza che ciò sia vero ( articolo 23, comma 1, lettera g, del Codice del Consumo). Questo induce infatti i consumatori ad affrettare il processo di acquisto senza un’attenta valutazione. Sono previste sanzioni da un minimo di € 5.000 a un massimo di € 5.000.000. Sì, cinque milioni (art. 27 Codice del Consumo). La sanzione minima sale poi a 50.000 € se il messaggio pubblicitario tace i rischi per salute e sicurezza o se mette a rischio la sicurezza di bambini e adolescenti.
Il dovere di apporre poi come le diciture #sponsored, #adv e simili, per segnalare la natura commerciale del contenuto, ha portato a qualche cambiamento. Sempre secondo un’intervista realizzata dall’Osservatorio nazionale, sono però solo il 54,9% degli influencer interpellati a dichiarare «sempre» le loro collaborazioni, in aggiunta a un 24% che se ne ricorda “spesso”.
La manipolazione individua i nostri bisogni
Il mondo della manipolazione sul web è però un’officina creativa che si arricchisce ogni giorno di nuovi spunti e strategie per carpire soldi e consensi. Dall’astroturfing degli anni Ottanta e Novanta, inventato arruolando utenti per pubblicare false recensioni positive, agli scandali di Cambridge Analytica, passando per tutto il mondo delle bufale riguardanti il mondo della salute, dei frullati anticellulite e delle creme antirughe: tutto è manipolazione e quasi tutto passa per il mare magnum della disinformazione, oggi amplificato dal mondo di Internet.
Il Garante europeo della privacy, Giovanni Buttarelli, ospite di RSI a Dataland interviene su Big Data, profiling, etica digitale, intelligenza artificiale, credito sociale.
La tecnologia è nuova, ma i principi sono gli stessi da secoli. La manipolazione online individua un punto debole, una crepa nella personalità della sua prossima vittima e su quella fa leva. Che si tratti di un’aspirazione mai realizzata, di un bene mai posseduto, di un corpo tanto sognato, il manipolatore scova o crea il bisogno. Per capire il fenomeno, ci si può rifare allo psicologo statunitense Abraham Maslow che, negli anni Cinquanta, concepì una scala di bisogni umani suddivisa in differenti livelli: bisogni fisiologici (fame, sete, ecc.), bisogni di salvezza, sicurezza e protezione, bisogni di appartenenza (affetto, identificazione), bisogni di stima, di prestigio, di successo, bisogni di realizzazione di sé (realizzando la propria identità e le proprie aspettative e occupando una posizione soddisfacente nel gruppo sociale).
La disintermediazione
Da questo punto di vista, se la politica ci manipola puntando ad esempio sul bisogno di protezione e sicurezza, i beveroni proteici mirano al bisogno di realizzazione di sé, attraverso un corpo nuovo. E molto spesso lo fanno anche attraverso la disintermediazione, cioè la delegittimazione di quanti, per motivi di studio e di professionalità, sarebbero i più titolati a darci quelle informazioni. Basta guardarsi intorno per capire che è quel che avviene ogni giorno. Vengono infangati i giornalisti, accusati trasversalmente di tenerci all’oscuro dei magheggi politici per un loro personale interesse. Vengono smentiti i medici, sostituiti dai guru dell’antivaccinismo, che hanno studiato presso la famigerata Università della Vita. Professionisti ed esperti vengono sbeffeggiati da un popolo di creduloni. Pronti a sbugiardare la scienza, per trovare altri creduloni a cui trasmettere le loro bufale e a cui spillare soldi, per vendere le loro pozioni magiche.
Elisa Ghidini