Vaso di Fiori: l’opera rubata dai nazisti torna agli Uffizi

Vaso di fiori

Il ritorno del quadro “Vaso di Fiori”

Il “Vaso di Fiori” è un dipinto dell’artista olandese Jan van Huyusum, trafugato dalle truppe tedesche nel 1944 durante una frettolosa ritirata da Firenze.
Nonostante fossero incalzati dai combattenti alleati, i soldati tedeschi avevano trovato tutto il tempo per rubare una grande quantità di opere d’arte dalle sale degli Uffizi. Tra i dipinti, per l’appunto, la creazione del pittore dai Paesi Bassi.
I contatti tra Italia e Germania in merito alla restituzione si erano fatti più frequenti sin dallo scorso gennaio, grazie all’intervento di un parlamentare tedesco di origine italiana. Questi, Fabio de Masi, aveva fatto un’interrogazione parlamentare al Ministro degli Affari Esteri federali Roth, chiedendogli del quadro di van Huyusum.
Dopo le iniziali rassicurazioni di questo circa un celere ritorno del “Vaso di Fiori” agli Uffizi, è calato il silenzio. Almeno fino a quando la vice ambasciatrice tedesca in Italia Irmgard Maria Fellner ha scritto una lettera che conferma la volontà di restituire l’opera.



Le altre opere scomparse dopo la Guerra

Naturalmente la prassi di “derubare” il conquistato dei beni artistici più belli non è un’invenzione recente. Tuttavia è bene non dimenticare quante opere di inestimabile valore siano state portate via dal nostro paese.
Come ricordato dalla pellicola “Monuments men”, i nazisti in rotta hanno trafugato moltissimi quadri e opere d’arte. Questi capolavori, ora, probabilmente arricchiscono la collezione privata di qualche ricco possidente, che ha acquistato in maniera non propriamente legale le opere portate via.
Tre anni fa, ad esempio, i Carabinieri del Comando Tutela del Patrimonio Culturale di Monza avevano rintracciato 3 dipinti ad olio su tela, creduti persi per sempre dopo la ritirata nazista. Oppure alcune opere d’arte, tra cui creazioni di Tiziano e Tintoretto. Queste, dopo essere state prese dai nazisti, sono misteriosamente riapparse in un museo di Belgrado.

Stefano Mincione

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