La ricerca svolta da ricercatori dell’Università di Bristol, che ne ha dato notizia sul proprio sito, preannunciando una prossima pubblicazione in Journal of political economy (per ora la trovate in PDF qui ) è in realtà la seconda pubblicazione scaturita da una ricerca in corso da anni che aveva già dato luogo a una pubblicazione scientifica l’anno scorso. In questa nuova versione i ricercatori Eugenio Proto, Aldo Rustichini e Andis Sofianos hanno potuto verificare i vantaggi dell’intelligenza nell’avere successo rispetto all’essere semplicemente delle persone socievoli e gentili.
Ora occorre chiarire bene, se state pensando “bella forza, dipende con che metro e valore si misura il successo, certo che uno squalo può fare le scarpe a una bella persona” siete fuori strada e state dando dei cretini ai ricercatori. La ricerca consisteva nel verificare i vantaggi complessivi in una situazione cooperativa, in altre parole quello che hanno scoperto i ricercatori è che una brava e gentile persona, ma di minore intelligenza non è brava a predire i vantaggi a lungo termine delle sue azioni, specie in termini di svantaggi per gli altri e quindi alla fine sarà quello più intelligente a portare più benefici a se stesso e agli altri. Se non è la prova scientifica del vecchio detto “fa più danni un idiota che un mariolo” poco ci manca,
Per noi appassionati di Star Trek la ricerca non fa che confermare quello che pensavamo, qualcuno avrebbe dubbi che una società vulcaniana porterebbe più benefici a tutti che una società di Forrest Gump?
Come è stata svolta la ricerca
Innanzitutto il professor Eugenio Proto del dipartimento di economia dell’Università di Bristol spiega che lo scopo dei ricercatori era scoprire che cosa ci rende individui efficienti come individui sociali.
Lo studio ha sottoposto i partecipanti a quattro diversi giochi utilizzati nella celeberrima teoria dei giochi che rappresentavano quattro situazioni strategiche diverse (fra questi il famoso Dilemma del prigioniero e la Battaglia dei sessi) . Il risultato è stato, come ho anticipato, che quando il gioco richiedeva per ottenere i maggiori guadagni la capacità di prevedere i guadagni futuri in conseguenza delle proprie azioni e saper bilanciare guadagni immediati e guadagni a lungo termine gli individui con più alto QI facevano nettamente meglio.
D’altro canto gli individui che mostravano tratti della personalità generalmente considerati positivi come la disponibilità, la generosità e l’essere coscienziosi ne traevano un limitato vantaggio solo nelle fasi iniziali del gioco (facile immaginare che il motivo sia che essere “carini” verso gli altri aiuta nelle prime fasi della collaborazione). Addirittura la coscienziosità che porta ad essere prudenti ha portato i partecipanti con poca preveggenza (non chiamiamoli poco intelligenti che non è carino) a un comportamento poco cooperativo che ha danneggiato gli altri perché non erano in grado di prevedere quali azioni avrebbero portato benefici nel lungo termine a tutto il gruppo.
Sia ben chiaro, sembra inutile precisarlo, che ovviamente non si deve leggere la ricerca come “siate str*nzi” tutte quelle belle qualità sono positive e se si accompagnano all’intelligenza meglio ancora, il significato è che l’intelligenza è più importante per il benessere di tutti all’interno della società. Questo secondo i ricercatori dovrebbe anche influenzare le scelte educative, in altre parole: puntare allo sviluppo dell’intelligenza dei bambini fin dalla più tenera età potrebbe essere anche più importante dell’educazione civica nell’avere una società futura in cui si stia tutti meglio.
Roberto Todini