Guardatevi attorno, leggete i giornali, scorrete i notiziari: lo sconforto dilaga per le piazze, il dissenso popolare divampa. Ovunque, in Italia come in altri paesi, centinaia di persone scendono in piazza, manifestando la propria rabbia contro un governo “cieco” e incapace. Questa è una vera e propria crisi: politica certo, ma anche morale e spirituale, che la società porta con sé da interi decenni. Ripercorrendo la storia, un grande intellettuale approfondì questa dinamica. Trattasi di Václav Havel.
Le origini di Havel
Václav Havel nacque a Praga in Cecoslovacchia, il 5 ottobre 1936, da una famiglia benestante. Durante l’adolescenza coltivò la sua passione letteraria in un liceo serale; dal 1957 al 1959, invece, intraprese il servizio militare. Negli anni Sessanta, lavorando come macchinista al teatro “Na Zábradlí”, nacque il suo amore per il palcoscenico. Divenne infatti drammaturgo in quello stesso teatro, manifestando con disarmante concretezza, le contraddizioni della società.
Ed è già in quegli anni che prende forma un sentimento nuovo, di ricerca, di autocoscienza umana e politica. Il rapporto tra il desiderio profondo di felicità dell’uomo e la sua fragilità nel raggiungerla.
La nascita di “Charta 77”
Gli anni Settanta sono per Havel decisivi, umanamente e politicamente: nel 1975 decise di esporsi apertamente contro il regime comunista (che governava nel paese dal 1948); l’anno seguente l’arresto del gruppo rock-psichedelico “Plastic People of the Universe” turbò grandemente l’opinione pubblica. Il processo rappresentò per Havel “il primo attacco esplicito alla cultura indipendente”, al pensiero libero. Da quel fatto e dal dissenso nei confronti del regime nacque “Charta 77”, di cui Havel fu uno dei principali esponenti. “Charta 77” è una
Comunità libera di uomini di diverse convinzioni, diverse fedi e diverse professioni legati dalla volontà di operare individualmente e insieme per il rispetto dei diritti umani e civili
La reazione del regime, purtroppo, fu dura ed inevitabile: i fondatori furono arrestati. Durante la prigionia Havel scrisse uno dei suoi testi più famosi, che illustra pienamente il suo pensiero politico: “Il potere dei senza potere” giunto in Italia nel 1979 tramite la casa editrice CSEO.
“Il potere dei senza potere”
Il grande male della società è l’ideologia, controllata da chi detiene il potere: essa si insinua nelle crepe di una società in crisi e viene offerta all’uomo come unica alternativa possibile. L’uomo, sedotto dal suo fascino e dalla sua “suggestione ipnotica”, si lascia andare.
Una volta accettata l’ideologia si accetta una realtà che è apparenza, in cui l’ideologia stessa, affinché possa sussistere, deve creare attorno all’uomo un mondo di slogan, di “finzione” e di “menzogna”. Come un gioco al quale si inizia inconsapevolmente a prendere parte
Non è necessario che accetti la menzogna, basta che abbia accettato la vita con essa e in essa. (…) Accettando l’apparenza come realtà, accettando le regole del gioco stabilite.
Dunque tutto persiste e continua ad essere “menzogna”, finché qualcuno non si risveglia dal sonno alienante dell’apparenza e decide di uscirne e tornare a “vivere nella verità”. Vivere nella verità spezza il giogo dell’ideologia, è un gesto di dissidenza nei confronti del potere. Per Havel la verità assume, oltre ad una valenza esistenziale, anche una politica, essendo l’unica “arma” capace di contrastare il potere e l’ideologia.
Un cambiamento a partire dall’uomo
La dissidenza non deve essere solo un gesto di ribellione, una semplice manifestazione di opposizione e di rabbia, ma il principio di un cambiamento reale, aderente al vero. Cambiare ciò che che si ha attorno a partire da un “io” cosciente e dal proprio bisogno di felicità.
Un cambiamento in meglio delle strutture che sia reale, profondo e stabile (…) dovrà partire (…) dall’uomo, dall’esistenza dell’uomo, dalla sostanziale ricostituzione della sua posizione nel mondo, del suo rapporto con se stesso, con gli altri, con l’universo.
La vita nella verità, dice Havel, può avvenire anche nella quotidianità, attraverso manifestazioni piccole e discrete, che rimangono nell’anonimato, ma pur sempre degne di nota, perché
Solo con una vita migliore si può costruire un sistema migliore
“Un rapporto umile con il mondo”
La vita e le parole di Havel descrivono un uomo capace di rimanere sempre se stesso, nonostante le difficoltà e le diverse cariche ricoperte. Infatti nel 1989, liberata la Cecoslovacchia, Havel divenne Presidente fino al 1992, anno della dissoluzione dello stato. L’anno seguente divenne il Presidente della Repubblica Ceca fino al 2003, otto anni dopo ci fu la sua morte. Nella sua vita turbinosa permane un “rapporto umile con il mondo”, all’interno del quale l’uomo non deve smettere di inseguire e combattere per la sua felicità. Così scrisse in una sua opera teatrale del ’68:
Dunque la felicità per un verso costituisce qualcosa di molto instabile, fuggevole, mutevole, mentre per un altro verso appare come qualcosa di notevolmente stabile, giacché l’uomo desidera sempre essere felice, quindi è una specie d’ideale verso il quale l’attività umana si indirizza costantemente (…) La felicità non è quindi qualcosa che ci venga dato una volta per tutte, bensì qualcosa che continuamente perdiamo e per la quale continuamente dobbiamo combattere
Jacopo Senni