Considerando il risparmio per il servizio sanitario nazionale, chi si occupa di salute pubblica dovrebbe capire come ridurre il numero di persone non vaccinate. Laddove la legge non basta, bisogna ricorrere ad altre strategie. A cosa è dovuta la diffidenza verso i vaccini? Proviamo a spiegarne il motivo e cosa fare grazie all’aiuto della psicologia.
Perché questa diffidenza verso i vaccini?
Il rapporto rischi-benefici è così prepotentemente a favore dei benefici da rendere gli eventuali rischi trascurabili oltre ogni benché minimo e ragionevole dubbio. E allora perché non ci si vaccina? Le radici del problema affondano paradossalmente nella straordinaria efficacia dei vaccini. Infatti, i vaccini sono così efficaci da renderci progressivamente inconsapevoli o non preoccupati del pericolo rappresentato da certe malattie. Insomma, si tratta di un “problema da ricchi”, visto che si verifica principalmente nei Paesi in cui c’è ampia disponibilità di vaccini (che sono anche a buon mercato).
Cosa spinge a vaccinarsi?
La psicologia prova a spiegare quali meccanismi possono indurre le persone a vaccinarsi. Nello specifico, le spiegazioni fornite sono tre. Quale di queste descrive realmente ciò che accade? Quale di queste è realmente efficace?
Pensieri e sentimenti
La prima spiegazione si focalizza sui pensieri e i sentimenti che derivano dal rischio percepito derivante dalla malattia che si prenderebbe qualora non ci si vaccinasse. Effettivamente, studi dimostrano che quanto più si percepisce come probabile e grave una determinata malattia, più alte saranno le probabilità di vaccinarsi. Lo stesso effetto è dato dal pentirsi in anticipo per la decisione di non vaccinarsi (“e se poi mi ammalassi?”).
Il contesto sociale
La seconda spiegazione chiama in causa il contesto sociale. In parole povere, se una neomamma sa che le altre mamme hanno vaccinato e vaccineranno i propri figli, sarà più propensa a sua volta a vaccinare i propri. Allo stesso modo, la fiducia in un professionista ci influenzerà notevolmente.
Trasformare le intenzioni in azioni
La terza spiegazione cerca di intervenire direttamente sui comportamenti, piuttosto che sui pensieri delle persone. Infatti, passare dalle intenzioni ai fatti non è così facile come sembra. Dimenticanze e ostacoli vari (percepiti o reali) ci impediscono di fare ciò che vorremmo. Infatti, la vaccinazione non è una risposta comportamentale predefinita, per cui eventuali ostacoli renderanno ancora meno probabile attivare una risposta simile, rendendola meno accessibile in memoria. Bisogna dunque cambiare questo stato di cose.
Quale intervento è più efficace?
Alla fine della giostra, su quale di questi tre aspetti psicologici conviene concentrarsi?
Quando si puntano i piedi…
Ebbene, i programmi di intervento basati su pensieri e sentimenti sono stati realizzati provando a giocare su questo pentimento anticipato e sulla paura, dimostrando però risultati altalenanti. Infatti, il rischio è che la strategia della paura possa provocare sentimenti di rabbia che portano a reattanza (cioè la resistenza a fare ciò che ci viene consigliato, facendo l’opposto). Nemmeno l’approccio opposto migliora le cose: convincere dell’affidabilità dei vaccini non ripaga.
Visioni polarizzate
Intervenire dal punto di vista sociale sembra promettente, a partire dall’unità sociale di base protagonista in questi casi, cioè la relazione tra professionista e paziente. Infatti, nonostante tutto c’è ancora una certa fiducia verso quelle professioni che solitamente somministrano i vaccini (medici, infermieri e farmacisti). Tuttavia, questo potrebbe essere dovuto al fatto che medici vaccinisti richiamano pazienti pro-vax e medici antivaccinisti attirano pazienti free-vax. Il tutto è aggravato dai social media, che polarizzano le due visioni, dove gli antivaccinisti sembrano avere la meglio grazie ai loro aneddoti (che sembrano più efficaci delle statistiche).
La terza via
La strategia più efficace sarebbe quella di rendere di default il vaccinarsi. Come fare? Dobbiamo far trovare “tutto pronto”. Abbiamo già accennato ai problemi di memoria e agli ostacoli che percepiamo. Ebbene, inviare una e-mail che non solo ricorda che è arrivato il momento di fare il vaccino, ma che contiene già un appuntamento preso (da poter cancellare o rimandare) elimina gli ostacoli percepiti (prendere l’appuntamento) e i problemi di memoria. Infatti, limitarsi a comunicare al paziente la disponibilità del vaccino e al prendere un appuntamento non dà gli stessi risultati. Anche rendere i vaccini un requisito per l’accesso alla scuola, al lavoro, ecc. sembra funzionare, purché non si consentano eccezioni religiose o filosofiche. In questo senso, come sappiamo, l’Italia si è già attrezzata.
…ma i no-vax?
Se siete giunti fin qui, avrete notato che la ricerca non punta affatto a convincere i no-vax. Leggendo questo articolo capirete anche il perché. Insomma, alla fine bisogna cercare di recuperare tutte quelle persone che vorrebbero vaccinarsi, ma che per un motivo o per un altro non lo fanno. E voi che ne pensate? Vorreste vaccinarvi ma c’è sempre qualcosa che ve lo impedisce? Siete contro le vaccinazioni obbligatorie? Fateci sapere la vostra opinione con un commento.
Davide Camarda