Il trapianto di utero non è più un’utopia, finalmente tra due mesi sarà effettuato il primo intervento in USA, che segnerà l’inizio di una vera e propria svolta. L’infertilità, l’asportazione uterina e tutto quello che normalmente avrebbe impedito ad una donna di poter avere una gravidanza, non rappresenteranno più una situazione definitiva. Sono state effettuate già una decina di queste operazioni in Svezia, da donatrici vive in menopausa, quattro sono i casi che hanno portato alla nascita di bambini.
La tecnica perfezionata a Cleveland dal team di Andrea Tzakis (quella che sarà adottata in America), prevede l’utilizzo di uteri di donatrici decedute da poche ore; il trapianto sarà temporaneo, dopo una o due gravidanze l’utero verrà esportato, così da permettere alla paziente di interrompere la terapia anti-rigetto.
“I primi trapianti, 50 anni fa, erano fatti per salvare vite. Oggi si cerca anche di migliorare la qualità della vita, ad esempio con i trapianti di faccia o di mano”, ha detto Eric Kodish, il direttore del centro etico di Cleveland. Sembra che questa tecnica innovativa sia ok anche per la bioetica: Jeffrey Kahn, esperto in materia presso la Johns Hopkins University e non coinvolto con il progetto afferma: “Facciamo oggi molte cose per aiutare coppie ad avere bambini che in passato non si facevano. Il trapianto di utero rientra tra queste”. Solo negli USA sono circa 50 mila le potenziali pazienti, Sono state selezionate otto donne tra queste per il test finale, in questi giorni si trovano a Cleveland per sottoporsi allo screening nella speranza di essere selezionate per un intervento di qui a due mesi. “Sono donne che non vogliono adottare o usare una madre surrogata per motivi personali, culturali, religiosi”, ha detto Tzakis al New York Times che oggi dedica un lungo servizio al progetto. La clinica prevede di effettuare in tutto dieci trapianti e valutare i risultati prima di proseguire.
Non si tratta, tuttavia, di un metodo privo di rischi, la terapia anti-rigetto potrebbe non funzionare, creare problemi alla paziente e sottoporre l’eventuale feto a dosi considerevoli di farmaci; senza dimenticare che l’operazione potrebbe non andare a buon fine a causa della mancata ripresa di vitalità dell’organo (considerando che la donatrice deve essere deceduta). Altri tentativi di trapianti sono stati effettuati, infatti, senza successo in Turchia ed in Arabia Saudita.