Il governatore Brad Little ha previsto in Idaho la fucilazione come pensa di morte alternativa ove non si possa applicare l’iniezione letale.
Il 24 marzo il governatore Brad Little ha introdotto in Idaho la fucilazione come pena capitale per i condannati a morte, nel caso in cui non sia possibile applicare l’iniezione letale o manchino i farmaci necessari all’esecuzione del reo. Prima di essere introdotto in Idaho, questo metodo punitivo, arcaico e brutale, era già presente nello Utah, in Oklahoma, in South Carolina e nel Mississippi. Ma com’è possibile che la pena di morte, invece di essere minata dal dibattito pubblico e da una nuova concezione del diritto e della pena, sia addirittura “potenziata” in certi stati, acuendone la funzione deterrente e dimostrativa, grazie all’introduzione di misure vetuste e disumane?
La pena di morte negli USA
Negli USA la pena di morte esiste sin dalle prime colonie del XVII secolo. A quei tempi l’utilizzo era molto diffuso anche per punire reati minori. Solo nel XIX secolo, con la nascita del sistema carcerario, l’introduzione della pena detentiva favorì un impiego più contenuto di quella capitale. Nel 1972 una sentenza storica, all’esito del processo Furman v. Georgia, ne sospese l’utilizzo riconoscendo l’incostituzionalità di tale forma punitiva. Il tribunale affermò che la pena capitale fosse una “punizione crudele” e in contrasto con l’VIII emendamento, il quale sanciva la proporzionalità della sanzione al reato. Dopo questa breve parentesi, durante la presidenza Nixon, una sentenza affermò che non vi era alcuna incompatibilità con l’VIII emendamento e che, al contrario, la pena capitale fosse una “pena giusta e non sproporzionata”.
Attualmente sono 13 gli stati in cui è presente, 14 se si conta anche l’Ohio, nel quale l’applicazione è limitata soltanto a casi eccezionali,
Tra “vendetta” e deterrenza
Il concetto di vendetta è legato alla pena di morte e al sostrato di politica criminale che è alla base di essa. Questa misura estrema ha sicuramente anche una finalità deterrente (dall’efficacia discutibile) e, quindi, in base alla teoria della pena, una funzione “general-preventiva negativa”. Dal punto di vista della retribuzione, quindi della pena come corrispettivo per il male commesso, la vendetta è una tematica di primo piano. Una dimostrazione di come questa concezione sia molto diffusa negli USA è il “Victim Rights Movement”, un movimento nato negli anni 70′ del XX secolo, quando nel Nuovo Continente andò in crisi l’idea della funzione rieducativa della pena. In quegli anni la vendetta passò dall’essere un atto immorale e un peccato mortale, ad essere un atto giusto e necessario a “risarcire”, dal punto di vista retributivo, i parenti delle vittime.
Il governatore dell’Idaho Brad Little ha sfruttato proprio questa concezione sottesa alla pena capitale, per giustificare l’introduzione della fucilazione, affermando che:
“Le famiglie delle vittime meritano giustizia per i loro cari e la pena di morte è un modo per portare loro pace”.
La funzione rieducativa della pena
Negli USA il concetto di riabilitazione del reo è un’idea molto lontana ormai, soprattutto negli Stati in cui è ancora presente la pena capitale. In molti giustificano la diversa visione del Nuovo Continente, circa le finalità della pena, con il dato in base al quale negli USA la percentuale di omicidi sia quattro volte più alta rispetto a quella dell’Unione Europea. Un dato che però non tiene conto di un fattore imprescindibile in una simile analisi: l’ampia diffusione delle armi negli Stati Uniti, garantita dal secondo emendamento della Costituzione che stabilisce che il possesso delle stesse sia un diritto. Ad una concezione diametralmente opposta di pena, rispetto al Vecchio Continente, se ne pone un’altra, parimenti opposta, circa l’utilizzo e il ricorso alle armi da fuoco.
Le teorie illuministe di Beccaria, per questi stati degli USA, non sono idee di un passato lontano, ma di un futuro anteriore. Cesare Beccaria nel suo “Dei delitti e delle pene” affermava infatti:
“Parmi un assurdo che le leggi che sono l’espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono l’omicidio, ne commettano uno esse medesime, e, per allontanare i cittadini dall’assassinio, ordinino un pubblico assassinio”.
Idaho: la fucilazione come macabro ritorno al passato
Uno stato attraverso la pena di morte legittima la vendetta, la rende legge, e allo stesso tempo legittima gli impeti del popolo, emulandoli e facendoli suoi, punendo una violenza con un’altra violenza. L’irreversibilità dell’omicidio è punita con l’irreversibilità della pena. La morte del colpevole è la conseguenza di una misura estrema sancita per la sua esemplarità che, però, non avrà il risultato di allontanare i cittadini dal reato, ma renderà reale, visibile, palpabile il reato stesso, ovvero renderà ancora più tangibili la morte e l’omicidio. L’introduzione della fucilazione è la consacrazione di un immaginario che vede il reo come il nemico da eliminare, come il sacrificio necessario per la prevenzione di altri reati futuri grazie all’eclatanza della sua esecuzione. L’unico bene giuridico che la pena capitale punta a reintegrare è l’utilizzo di una violenza non autorizzata che viene riassorbita dallo stato attraverso l’eliminazione (meglio se plateale) del colpevole.
Tutti morimmo a stentoIngoiando l’ultima voce Tirando calci al vento Vedemmo sfumare la luceL’urlo travolse il soleL’aria divenne stretta Cristalli di parole L’ultima bestemmia dettaPrima che fosse finitaRicordammo a chi vive ancora Che il prezzo fu la vita Per il male fatto in un’ora