Il 7 aprile un giudice federale ha emesso una sentenza in Texas con la quale richiedeva di bloccare la distribuzione del mifepristone a livello nazionale. Solo una settimana dopo una Corte d’appello federale ha stabilito che il farmaco continuerà ad essere disponibile, ma introducendo delle restrizioni riguardanti l’accesso alla pillola. Il Dipartimento di giustizia americano chiede l’intervento della Corte Suprema. I giudici hanno tempo fino a mercoledì per prendere posizione riguardo la questione
Matthew Kacsmaryk è il nome del giudice federale del Texas (USA) che il 7 aprile ha introdotto una sentenza con l’obiettivo di sospendere la vendita del mifepristone, pillola abortiva approvata 23 anni fa ed utilizzato per l’aborto farmacologico. La revoca dell’approvazione del farmaco è legata all’idea secondo la quale l’FDA, Food and Drug Administration, non ha mai seguito l’iter corretto per l’approvazione del medicinale, avvenuta esclusivamente sotto forti pressioni politiche. Secondo il giudice, infatti, vi era la necessità di ulteriori accertamenti sui rischi per la sicurezza riguardanti l’assunzione del farmaco e la FDA nel 2000 lo avrebbe dunque approvato illegalmente. Kacsmaryk, in questo modo, ha implicitamente ripreso la causa del gruppo conservatore Alliance for Hippocratic Medicine il quale solo un anno fa aveva portato la stessa causa in tribunale, sposando una retorica pericolosamente antiabortista. La questione inoltre ha scatenato numerose preoccupazioni anche all’interno dell’industria farmaceutica. Questa infatti, rappresenterebbe la prima volta in cui un tribunale invalida l’approvazione di un farmaco, evento che potrebbe completamente ribaltare l’autorità dell’FDA ed essere l’inizio di una rischiosa influenza politica su ciò che viene definito valido o meno a livello medicinale. Per questo motivo gli alti dirigenti delle aziende farmaceutiche hanno condannato la sentenza di Kacsmaryk, soprattutto perché, come spiegano nella loro lettera:
“Se i tribunali possono annullare le approvazioni dei farmaci senza tenere conto della scienza o delle prove, o della complessità necessaria per verificare pienamente la sicurezza e l’efficacia dei nuovi farmaci, qualsiasi medicinale rischia di avere lo stesso esito del mifepristone”
Sì alla pillola abortiva, ma con restrizioni
Come l’FDA avrebbe dovuto agire a riguardo rimane un mistero, soprattutto considerando che nello stesso momento in cui Kacsmaryk ha introdotto questa sentenza, nello Stato di Wahsington il giudice distrettuale Thomas Rice ha invece proibito alla FDA di revocare l’approvazione del farmaco, andando dunque in direzione diametralmente opposta a quella del Texas e generando una forte tensione legale. La disputa non si è comunque fermata qui. Il 13 aprile, infatti, una Corte di appello federale aveva stabilito che la vendita della pillola sarebbe continuata ad essere possibile ma con delle regole più severe. Questa sentenza, infatti, introduceva una serie di restrizioni che cancellavano i provvedimenti presi dall’FDA dall’anno di approvazione del mifepristone ad oggi per aumentarne la circolazione e facilitarne l’accesso, ripristinando le regole e le modalità del 2000. La sentenza, infatti, prevedeva la limitazione del periodo di tempo entro cui può essere utilizzata la pillola, riducendo la possibilità di assunzione il farmaco dalle 10 alle 7 settimane e ripristinando l’obbligo di recarsi personalmente in uno studio medico per l’acquisto del farmaco, eliminando la possibilità di riceverlo per posta.
Entra in gioco la Corte suprema
In seguito all’introduzione di queste restrizioni, si è poi espresso Merrick Garland, il procuratore generale degli Stati Uniti, il quale ha dichiarato che il Dipartimento della giustizia americano avrebbe fatto appello alla Corte suprema, il più alto organo giudiziario del Paese, per richiedere di emanare un provvedimento d’urgenza mirato ad annullare tutte le limitazioni richieste dalla sentenza. Nonostante la questione sia stata portata all’attenzione della Corte suprema dal Department of Justice (DOJ) ed anche da diverse case farmaceutiche, come ad esempio la Danco Laboratories, non è detto però che la richiesta di Garland vada a buon fine, in quanto la maggior parte dei giudici membri della Corte sono conservatori. Ricordiamo infatti come qualche mese fa proprio la Corte suprema dichiarò che l’aborto non faceva parte dei diritti protetti dalla Costituzione degli Stati Uniti. La vicenda è comunque giunta alla Corte suprema ed il suo presidente Samuel Alito ha esteso la sospensione delle ultime restrizioni applicate alla pillola abortiva. Per ora, dunque, l’accesso al farmaco è garantito appieno, anche se si tratta di un provvedimento momentaneo. Il presidente ha infatti dato tempo ai giudici di pronunciarsi in maniera definitiva entro mercoledì. Il dibattito resta quindi ancora aperto ed è difficile prevedere quale sarà il risvolto della questione.