Un nuovo, gravissimo caso di violazione dei diritti umani nelle carceri USA. Una donna americana ha partorito da sola nella sua cella in prigione, senza alcun tipo di assistenza medica, mentre le telecamere di sorveglianza registravano l’accaduto: è questo lo scenario che emerge dalla denuncia presentata lo scorso mercoledì alla Corte federale del Colorado.
I fatti si sarebbero verificati poco più di un anno fa, il 31 luglio 2018. La protagonista della vicenda è Diana Sanchez, cittadina americana ventisettenne, all’epoca dei fatti detenuta presso un carcere di Denver con l’accusa di furto d’identità.
Nelle immagini choc catturate dalla telecamera di sorveglianza, acquisite dall’avvocato della donna, Mari Newman, e ora diffuse dalla stampa internazionale, si può vedere la ventisettenne entrare in travaglio per poi partorire sulla sua brandina, mentre chiede disperatamente aiuto e grida dal dolore. Le sue richieste vengono perennemente ignorate dagli addetti alla sicurezza. Solo alla fine del parto, un infermiere entra nella cella per portare via il neonato. Madre e figlio, secondo la testimonianza della vittima, vengono trasportati in ospedale solo mezz’ora dopo. Fortunatamente, sia la madre che il piccolo sono oggi entrambi in salute: tuttavia, la donna dichiara di avere riportato un profondo trauma emotivo che tutt’oggi continua a perseguitarla.
Il personale, come si legge nella denuncia, viene dunque accusato di negligenza e di atteggiamento deliberatamente indifferente nei confronti della partoriente e del nascituro, i quali sarebbero stati privati anche delle “più elementari cure post-parto“. La polizia della contea ha finora respinto le accuse, dichiarando alla BBC che lo staff del carcere avrebbe “fornito tutto il supporto medico necessario” a far sì che il parto si svolgesse in sicurezza. Le immagini, tuttavia, rivelano una diversa versione dei fatti.
I casi italiani
Anche nel nostro paese ci sono stati casi di detenuti che hanno sporto denuncia contro lo Stato a causa di condizioni carcerarie in aperta violazione dei diritti umani. Nel 2018, un detenuto del carcere di Pavia ha sporto denuncia per le condizioni di sfruttamento lavorativo alle quali era sottoposto durante la sua pena detentiva. Lo scorso luglio un ergastolano di Arzana, Angelo Piras, ha ottenuto dallo Stato un risarcimento di 15mila euro a causa delle disumane condizioni di sovraffollamento dell’istituto penitenziario nel quale era detenuto. Nel novembre del 2017, anche un ex detenuto del carcere di Palermo ha ottenuto un risarcimento di 3mila euro per le cattive condizioni di vita all’interno del vecchio penitenziario.
Agata Virgilio