È attivo da oggi negli Usa il cosiddetto Muslim Ban. Si tratta di una legge che impone diversi limiti all’ingresso negli Stati Uniti di persone provenienti da alcuni paesi a maggioranza musulmana. Nello specifico i Paesi colpiti sono sei: Ciad, Iran, Libia, Somalia, Siria e Yemen. A questi vanno aggiunti altri due Stati colpiti dalle medesime restrizioni, che sono la Nord Corea e il Venezuela. Queste due new entry hanno permesso al presidente Trump di bypassare il blocco del provvedimento per discriminazione religiosa e conseguente incostituzionalità. I limiti per entrare negli Usa variano da Paese in Paese. Si va dal bando totale a rigidi controlli aeroportuali, passando per difficoltosi rilasci di visti e green card.
La “storia” del provvedimento
Di questo bando si parlava già in campagna elettorale. L’approvazione arriva dopo un anno di lotte e di sentenze contrarie provenienti sia da piccoli tribunali locali che dalla stessa Corte Suprema. Proprio quest’ultima aveva imposto al presidente, nello scorso giugno, di stilate una terza versione del bando che allora coinvolgeva soltanto Paesi musulmani. L’ok di ieri però cambia tutto: la sentenza della Corte, massima istituzione di giustizia nel Usa, permette di aggirare le sentenze dei tribunali minori. Con la sentenza arriva anche la giustificazione. Secondo la Corte in questo modo si tutela l’azione di Trump, che non soltanto ha modificato il testo del bando come richiesto ma è l’unica persona a riservarsi il controllo delle frontiere. Non è un concetto nuovo: anche il segretario di Stato Rex Tillerson era stato dello stesso avviso lo scorso settembre.
Il percorso Usa
Questa è l’ennesima tappa coerente di quello che si può definire una specie di isolamento al contrario. Nel giro di un anno gli Stati Uniti hanno abbandonato: l’accordo Onu sui migranti ritenuto dall’ambasciatrice Nikki Haley “non in linea con le politiche americane”; l’Unesco; l’accordo sul clima di Parigi. Così facendo, Trump tenterà di passare non soltanto per uno che mantiene le promesse elettorali ma, soprattutto, per un grande conoscitore delle istituzioni politiche interne e internazionali. Poco conta il concetto secondo il quale distruggere sia molto più facile che creare.
Giorgio Russo