Trump risponde alle rinnovate tensioni con l’Iran avviando una serie di attacchi informatici
A scatenare la reazione del presidente, nuovo tassello all’interno del complesso scenario “Usa contro Iran“, è stato l’abbattimento di un drone spia statunitense da parte di un missile iraniano. Stando alle ricostruzioni delle forze di difesa aerospaziale dell’Iran il velivolo, ovviamente senza conducente, stava sorvolando i territori meridionali affacciati sullo stretto di Hormuz, snodo strategico per quanto riguarda l’approvvigionamento del petrolio mondiale.
Nelle ultime settimane, infatti, sono stati registrati alcuni attentati ai danni di navi petroliere appartenenti all’Arabia Saudita. Secondo la ricostruzione statunitense gli attacchi, inizialmente attuati tramite l’ausilio di droni, sarebbero degenerati, negli ultimi giorni, a causa dell’utilizzo di vere e proprie testate missilistiche. La Casa Bianca ha riconosciuto l’Iran come potenziale colpevole ipotizzando una sua reazione alle sanzioni imposte, dal governo Trump, alle esportazioni di greggio. Tutto lascia intendere, quindi, che le violenze scatenate dall’Iran rientrino in un progetto che, semplicemente, potrebbe essere definito come segue: “Se non possiamo esportare il nostro petrolio, allora, nessun altro paese del mediorientale potrà farlo“. Il drone Usa, di conseguenza, si trovava in territorio iraniano proprio per investigare e raccogliere informazioni.
La risposta statunitense
Subito dopo l’abbattimento del drone la tensione tra Usa e Iran sale alle stelle. Trump è infuriato, entra nella Situation Room della Casa Bianca seguito dai suoi consiglieri. E’ sul piede di guerra. Chiede a gran voce delle rappresaglie. Vorrebbe aprire ufficialmente le ostilità e vorrebbe bombardare, subito, le forze di Teheran. Prima ancora del termine della riunione, però, tutto si ferma. A quanto pare sono gli stessi consiglieri del presidente a fargli cambiare idea. Il Tycoon è quindi costretto a tornare sui suoi passi.
Lo stop dei suoi consiglieri, però, non impedisce al presidente Trump di elaborare una rappresaglia che potremmo definire “dimostrativa“. Stando a quanto riportano i giornali del nuovo mondo, infatti, il presidente avrebbe autorizzato una serie di attacchi informatici contro il paese nemico. Questi attacchi avrebbero paralizzato, senza troppe difficoltà, il sistema di gestione delle testate missilistiche iraniane e i sistemi di rilevamento delle navi sullo stretto di Hormuz. Il tutto si è svolto in segreto, con grandissima rapidità e, diciamolo, facilità. Le forze informatiche Usa hanno rapidamente bloccato e manomesso i sistemi iraniani ma poi, all’improvviso, tutto si si è fermato di nuovo. L’attacco cessa. La normalità viene ripristinata.
Si potrebbe pensare, è vero, che ancora una volta i consiglieri di Trump abbiano fatto sentire la loro voce. Tuttavia, osservando le dinamiche dell’attacco, risulta evidente come esso sia, a tutti gli effetti, un’azione dimostrativa volta a spaventare e scoraggiare qualsiasi azione ostile futura. Trump ha infatti dimostrato che, semplicemente servendosi di validi hacker, dispone della forza necessaria a bloccare la potenza missilistica iraniana.
Per capirci: è come se un ladro entrasse in casa nostra scassinando la porta, senza rubar niente, solo per farci capire che nel momento in cui vorrà rubar qualcosa non potremmo impedirglielo in alcun modo.
Andrea Pezzotta