L’Iran ha comunicato all’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) che tornerà all’ uranio arricchito al 20 per cento. Questo era il livello massimo raggiunto prima dell’accordo sul nucleare stretto nel 2015 tra Iran e alcuni paesi occidentali.
L’accordo sul nucleare del 2015
La questione del nucleare iraniano è uno dei temi più complicati e antichi della diplomazia internazionale. I paesi occidentali, i loro alleati e Israele, sostengono da tempo che l’Iran voglia sviluppare un’arma nucleare.
Il governo iraniano ha sempre negato di avere avviato un programma nucleare militare. Ma ha mantenuto nel corso degli anni un atteggiamento molto ambiguo, rifiutando per esempio i controlli degli ispettori internazionali nelle sue istallazioni.
Nell’aprile del 2015, a Losanna, alcuni paesi occidentali e l’Iran, firmarono un accordo politico sul nucleare iraniano.
I parametri decisi a Losanna prevedono (o prevedevano?) una significativa riduzione della possibilità dell’Iran di arricchire l’uranio, e la rimozione delle sanzioni internazionali imposte sull’economia iraniana (ma solo quelle relative allo sviluppo del nucleare, per le altre non è stata trovata una soluzione).
Fred Kaplan, giornalista americano esperto di politica internazionale, nel 2015 ha scritto su Slate che i parametri stabiliti a Losanna sono stati «molti di più e molto più dettagliati e restrittivi di quanto chiunque si aspettasse». Secondo Kaplan, se l’Iran avesse dovuto implementare interamente l’accordo non sarebbe stato in grado di costruire una bomba nucleare utilizzando l’arricchimento dell’uranio, per almeno 10 anni.
Eppure qualcosa è andato storto…
Uranio arricchito al 20 per cento: l’Iran torna alla produzione
Sono passati solo 6 anni, siamo a gennaio 2021.
L’Iran ha comunicato all’AIEA che tornerà alla produzione di uranio arricchito al 20 per cento. Non sappiamo quando inizierà.
Il ritorno alla produzione di uranio arricchito al 20 per cento era una delle misure di ritorsione approvate dal parlamento iraniano a inizio dicembre. Avvenne dopo l’uccisione dello scienziato nucleare Mohsen Fakhrizadeh, di cui l’Iran ha attribuito la responsabilità a Israele. “Non è chiaro quanto gli Usa sapessero in anticipo dell’operazione. Ma i due paesi sono strettamente alleati e da molto tempo condividono informazioni di intelligence sull’Iran”, sottolineava il New York Times. Il presidente iraniano Hassan Rohani scrisse:
“Ancora una volta, le mani malvagie dell’arroganza globale, con il regime usurpatore sionista come mercenario, sono macchiate con il sangue di un figlio di questa nazione”.
E una ritorsione non si è fatta attendere troppo.
L’arricchimento dell’uranio è un passaggio fondamentale per la costruzione dell’arma atomica. Con l’uranio arricchito al 20 per cento l’Iran potrebbe convertire le sue intere riserve di uranio a livelli di costruzione della bomba nel giro di sei mesi.
L’accordo e il ruolo degli USA
Sulla carta, la nuova legge iraniana è una violazione dell’accordo del 2015. Accordo che però perse efficacia e importanza da quando nel 2018 gli Stati Uniti si ritirarono unilateralmente, su decisione di Trump. L’ex presidente annunciò che avrebbe imposto “il più alto livello di sanzioni economiche” all’Iran. Violò i termini dell’accordo. E innescò potenzialmente una nuova crisi nel Golfo.
Il presidente iraniano Hassan Rouhani, aveva affermato di ritenere che l’accordo sarebbe potuto ancora sopravvivere se altri partner negoziali avessero sfidato Trump. Ma Rouhani avvertì di aver incaricato l’agenzia per l’energia atomica del paese di prepararsi a riavviare l’arricchimento dell’uranio a livello industriale. Nel giro di poche settimane, se l’accordo fosse fallito completamente.
L’Iran ha mantenuto “le sue promesse”. E tali mosse potrebbero ulteriormente complicare gli sforzi del presidente eletto degli Stati Uniti Joe Biden per tornare all’accordo.
Giulia Chiapperini