L’upskirting è una forma di molestia sessuale che consiste nella ripresa della parte inferiore della figura femminile, mettendone in evidenza la biancheria intima o la nudità tramite una fotocamera o una telecamera posizionata sotto la sua gonna.
Queste immagini vengono poi diffuse online e possono finire sui siti pornografici. Tutto questo senza il consenso dell’interessata che si ritrova, suo malgrado, oggetto di attenzioni indesiderate. Il nome di questa ‘tecnica’ è una semplificazione del termine inglese up skirt photography, letteralmente ‘fotografia sotto la gonna’. Le vittime possono essere anche ragazze minorenni.
Gina Martin è la promotrice di questa battaglia di civiltà. La ragazza si augura che questa legge possa aiutare le vittime di upskirting a sentirsi meno in imbarazzo, nel momento in cui denunciano atti di questo tipo.
La storia di Gina è stata condivisa sui social ed è subito diventata virale. Il suo esempio è stato d’ispirazione per molte donne che hanno vissuto situazioni simili ma non avevano mai avuto il coraggio di parlarne, per timidezza o per paura del giudizio altrui.
Foto sotto la gonna durante un festival musicale
Estate 2017, l’8 luglio. Gina ha 27 anni e si trova al British Summer Time Music Festival nell’Hyde Park, il parco più grande di Londra. Mentre è in fila con la sorella per assistere all’esibizione dei Killers, due sconosciuti iniziano a flirtare con loro in maniera insistente.
Le ragazze sono infastidite dal comportamento dei due uomini e cercano di prendere le distanze. A un certo punto Gina si accorge che uno dei due le stava scattando fotografie sotto la gonna con il suo smartphone. Subito la giovane ferma l’uomo e gli sottrae il cellulare per portarlo alla polizia e denunciarlo. Ma, contrariamente alle sue aspettative, gli agenti le risponderanno che non si può procedere in alcun modo.
Infatti l’upskirting non era un reato previsto nel diritto britannico.
Caso chiuso, nessun colpevole. La grave violazione della sua intimità era rimasta impunita.
Da una petizione online a un disegno di legge
Ancora sotto shock per l’ingiustizia subita, Gina racconta l’accaduto in un post su Facebook e da lì parte una reazione a catena che spinge migliaia di donne ad unirsi alla campagna di sensibilizzazione per far diventare l’upkirting reato.
La petizione attraverso la quale Gina chiedeva alla polizia di riaprire il suo caso raggiunge più di 50.000 firme. Per dare ancora più visibilità alla causa, la ragazza scrive anche un articolo per la BBC . Una sorta di lettera in cui racconta il senso di disagio e impotenza che ha provato quando quell’uomo ha fatto scivolare un telefono sotto la sua gonna.
Poco tempo dopo, la deputata democratica Wera Benedicta Hobhouse si interessa al caso di Gina e di tutte le donne vittime dell’upskirting e con il sostegno dei ministri del Governo presenta una proposta di legge sul reato di upskirting.
Un processo non privo di impedimenti. Uno su tutti il voto contrario del conservatore Christopher Chope, duramente criticato per questa presa di posizione.
Il sì di tutti gli organi competenti
Finalmente ill 15 luglio del 2018 la proposta ottiene l’approvazione dell’Esecutivo e il disegno di legge sul Voyeurismo e reati connessi è sottoposto al vaglio del Parlamento. In seguito riceve il parere favorevole anche della Camera dei Lord e oggi anche l’assenso reale.
Una grande soddisfazione per Gina che ha reso possibile questo atto legilslativo grazie alla sua forza e alla sua determinazione.
Questo è stato il suo commento dopo il sì della Camera dei Lord:
“Per le persone comuni, esterne alle istituzioni, la politica e la legge sono complicate e scoraggianti. Ma entrambe sono permeabili se credi in te stesso e trovi il sostegno giusto”
In Italia, invece, l’upskirting è reato solo se l’acquisizione delle immagini relative alla sfera intima di una persona, senza il suo consenso, avviene in luoghi di privata dimora ed è disciplinato dall’articolo 615 bis del Codice Penale.
Betty Mammucari