È comodo, è macho, è forte. È solido, è energico, è esperto. Non tentenna, non dubita. Arriva e sistema: è l’idea dell’uomo solo al comando, di cui, come popolo, siamo evidentemente innamorati.
Nella retorica tutta italiana di pane e miracoli, frutto forse della cultura cattolica in cui siamo cresciuti, il santo arriva, dispensa il miracolo e se ne va. O, senza tirare in mezzo l’agiografia, a esercitare il suo magnetico fascino su di noi è la più laica narrazione del supereroe, che prende il mondo corrotto sulle sue spalle e ce lo riconsegna funzionante. Ci sveglieremo mai, in Italia, da questa ammirazione semplicistica ed estatica dell’uomo solo al comando?
Un grande scudo per l’accidia
Che sia un Mussolini, un Berlusconi, un Monti, un Renzi, un Conte e ora un Draghi, a noi l’idea dell’uomo solo al comando fa proprio impazzire. Cos’ha di tanto esaltante? Beh, innanzitutto, ci permette di tornare a farci comodamente i fatti nostri, subappaltando il problema a qualcuno che dice di aver la soluzione in mano. E’ rinfrancante pensare che ci sia qualcuno che se ne sta occupando. Poco ci interessa dei contenuti, a dire il vero: per quanto Draghi abbia un curriculum eccellente, quanti di noi sanno cosa ne pensa della scuola, dell’ambiente, dei trasporti o dell’immigrazione? Della sua visione del mondo? E, badate, questa non è una critica a Draghi, di fronte alla cui competenza possiamo solo che impallidire. È forse più una critica a noi stessi, pronti ad applaudire a scatola chiusa di fronte a chiunque arrivi e ci prometta di risolvere il problema.
Una lettura semplicistica
Ed è un concetto molto infantile, perché le idee di Draghi, per quanto gigantesca sia la sua personalità ed esaltante il suo curriculum, saranno comunque sottoposte al voto di un Parlamento. Sarà coadiuvato da dei ministri, da tecnici e da tutto uno staff di consiglieri. Pur essendo Draghi, quello che riuscirà a fare sarà frutto di compromessi, trattative, comunque espressione di un gruppo di persone, ma nella memoria collettiva rimarrà il lavoro di Draghi, l’avatar della soluzione alla crisi. Per il momento tutto passa in secondo piano: noi vogliamo vedere l’uomo solo al comando. E’ successo anche con Mattarella, che ha preso in mano la questione e ce l’ha risolta. O forse, a seconda di come la pensiamo, il vero eroe della patria è Renzi, uomo solo al comando per eccellenza, che attraverso la sua capacità di tirare le leve giuste, ci ha dato Draghi.
Innamoramenti continui ed effimeri
Draghi che ora spazzerà via Conte, che adesso è brutto e cattivo perché ci ha chiusi in casa per un anno. Conte, di cui, un anno e mezzo fa, eravamo innamorati pazzi: belli i tempi in cui ricacciava nei ranghi Salvini durante le crisi innescate dal Papeete, uno che reclamava i pieni poteri che adesso qualcuno vorrebbe dare a Draghi, per spazzare via il populismo. E anche qui c’è l’ennesima dimostrazione del nostro plauso acritico a qualsiasi personalità ci prometta di tenere insieme la baracca: che contenuti autonomi ha il prof. Giuseppe Conte? Questa domanda emerge in tutta la sua forza guardando al suo mandato, in cui è stato effettivamente un vuoto contenitore di istanze schizofreniche dei partiti, nelle loro multiformi combinazioni.
Quanto impiegheremo a stufarci di Draghi?
Con Conte c’è stata una cotta momentanea, poi il suo Governo ha iniziato a dirci cosa fare, come fanno i genitori con un adolescente che non fa i compiti. Puff: amore finito. Probabilmente finirà così anche con Mario Draghi, sempre che ottenga la fiducia in un arco parlamentare che con il populismo deve ancora fare i conti. L’ex presidente della BCE inizierà a dirci cosa dobbiamo fare e noi cominceremo a sbuffare e a chiamarlo “Banchiere asservito all’Europa”, “Burocrate”, “Professorone”.
Gli ultimi dieci anni
E prima di Conte ancora, Gentiloni che ci aveva liberati da Renzi, che ci aveva, a sua volta, liberati da Enrico Letta. E poi Monti: di lui sapevamo poco o nulla, se non che avrebbe dovuto rimetterci in sesto, con una politica di lacrime e sangue. Altre idee politiche? Non pervenute, ma ci andava bene così. Monti era il prezzo per togliere di mezzo Berlusconi, un altro degli uomini soli al comando che ha sedotto per vent’anni almeno l’elettorato italiano. E’ incredibile insomma, come la politica, un settore che riguarda a tutto tondo i miliardi di rigagnoli della vita collettiva, sia per noi un concetto basato sul carisma di un singolo individuo.
“L’uomo forte”
Un sondaggio di qualche anno fa realizzato da Demos & Pi per Repubblica diceva che l’80% degli italiani riteneva di avere bisogno di un “uomo forte”, appunto: l’uomo solo al comando. Non un problema solamente italiano, d’accordo: è accaduto negli Usa con Biden e Trump e accade in altre parti del mondo con Orban, con Putin, con XI Jinping, Duterte o Narendra Modi. Cosa hanno in comune? La promessa di una rinascita attraverso il carisma della propria personalità. E il mondo ascolta e ha ascoltato, affabulato, lo stesso racconto dai dittatori del Novecento, virilmente ritratti a petto nudo. Cosa ci attrae così tanto in queste figure? È forse il loro carisma distruttore del vecchio e creatore del nuovo? Così ci è stato presentato Draghi, infatti: colui che dovrebbe fare tabula rasa dell’incompetenza grazie alla sua capacità.
Ora ci pensa lui
Il vestito che molti stanno cucendo addosso a Draghi è quello del dictator che la Repubblica romana prevedeva in tempi di pericolo eccezionale. Il “summum imperium“: pieni poteri politici e militari, pur di tenere insieme la baracca, appunto. Come a dire “Ora ci pensa lui a dirci cosa fare”, noi possiamo tornare a farci gli affari nostri. Ci interessa, quindi, non interessarcene: avere qualcuno da adulare o da incolpare, avere un bianco e un nero, una visione semplicistica e autoassolutoria della vita così come della politica. E Draghi per ora è il bersaglio della nostra supina ammirazione. Fino a quando non ci innamoreremo di qualcun altro.
Elisa Ghidini