Uno studio conferma l’incitamento all’odio e razzismo sui social

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Social network ed apparenza

Nell’era digitale, l’incidenza dell’odio e razzismo sui social media è oggetto di crescente attenzione e preoccupazione. Un recente studio ha gettato luce su questa tematica, evidenziando la diffusione di contenuti dannosi all’interno di alcune delle principali piattaforme online.

Un recente studio ha gettato luce su un problema che da tempo attanaglia i social media, in particolare piattaforme come Facebook, Instagram e X (noto in passato come Twitter), rivelando la presenza diffusa di contenuti che promuovono odio e razzismo. Questo studio empirico, condotto da un gruppo di ricercatori americani provenienti da Anti-Defamation League e Tech Transparency Project, ha cercato di analizzare il funzionamento degli algoritmi di queste piattaforme, nonostante sia stato criticato e messo in discussione dal gruppo Meta (che gestisce Facebook e Instagram) e abbia ottenuto silenzio da parte di X.


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Per condurre lo studio, i ricercatori hanno creato ex novo sei account su Facebook, Instagram, X/Twitter e YouTube, di cui quattro di adulti e due di minorenni. Prima di creare questi account, hanno eseguito ricerche su una vasta gamma di argomenti, tra cui teorie della cospirazione, personaggi famosi come Bill Gates e Soros, videogiochi, film e libri. Successivamente, hanno esaminato la diffusione di contenuti che incitano odio e razzismo attraverso gli account appena creati.

Una delle scoperte principali è stata che nonostante un gruppo di controllo abbia evitato di cliccare su contenuti dannosi, i social media hanno continuato a suggerire e diffondere contenuti simili in modo persistente, sebbene con variazioni nella quantità e frequenza. Inoltre, il risultato ha dimostrato che nessuna delle principali piattaforme social (eccetto YouTube) sembra limitare efficacemente la diffusione di tali contenuti dannosi, anche se ci sono delle differenze tra le piattaforme stesse.

Natasha Zinda, una creatrice di contenuti online e attivista, ha ipotizzato che il motivo per cui i social media non limitano contenuti che promuovono odio e razzismo potrebbe essere di natura economica. Questi contenuti spesso generano molte interazioni, e quindi la rimozione potrebbe non essere vantaggiosa dal punto di vista economico per i gestori delle piattaforme.

Tuttavia, le risposte delle piattaforme coinvolte sono state variegate. X non ha fornito commenti, mentre Meta ha respinto le conclusioni dello studio sostenendo che i risultati non riflettono fedelmente ciò che gli utenti vedono sulle loro piattaforme. Meta ha anche sottolineato l’importanza delle ricerche effettuate dagli utenti tramite browser, implicando che le scelte di ricerca influenzano ciò che viene suggerito.

Lo studio solleva domande importanti sulla gestione dei contenuti dannosi e sull’impatto degli algoritmi nelle piattaforme social. Mentre le argomentazioni economiche possono influenzare le politiche delle piattaforme, è chiaro che il tema della regolamentazione dei contenuti e dell’equità online rimane un dibattito aperto e in continua evoluzione.

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