Negli ultimi decenni sono stati pubblicati numerosi studi e teorie che appoggiano l’idea che l’Universo, in realtà, sia un gigantesto e dettagliato ologramma. Questa teoria può sembrare assurda, molti saranno increduli, ma altri invece ne saranno affascinati.
Le origini della teoria
Le origini di questa teoria risalgono introno alla fine degli anni ’70 ed inizi anni ’80. Alcuni dei primi scienziati che avanzarono studi e considerazioni circa questa nuova e sconvolgente idea furono Alain Aspect e David Bohm. Gli studi principali che effettuarono queste due grandi menti della scienza, furono analizzare le particelle subatomiche.
Aspect scoprì che le particelle subatomiche, ad esempio gli elettroni di un atomo, indipendentemente dalla distanza in cui si trovavano erano in grado di comunicare tra loro. Anche se separate da 10 miliardi di chilometri di distanza. Questa nuova scoperta mette in crisi il postulato per cui non esistano comunicazioni più veloci della luce (Einstein) e fa sorgere una nuova teoria.
Ovvero quella secondo la quale le particelle subatomiche sono connesse non-localmente. Bohm, grazie alla scoperta della non-località del legame delle particelle subatomiche, avanza la teoria per cui anche la realtà oggettiva non esiste.
Cos’è un ologramma?
Per capire certe affermazioni è necessario spiegare in primis cosa sia un ologramma. L’ologramma è una fotografia tridimensionale (si pensi ai film visti in 3D al cinema) prodotta con l’aiuto di un laser. La tecnica con cui si estrapola un’immagine olografica è l’olografia. Per crearne uno, è necessario prendere un fascio di luce proveniente da un laser e dividerlo in due parti.
Un fascio viene indirizzato verso un oggetto distante che viene riflesso, mentre il secondo ha lo scopo di registrare. Per accompagnare il fascio di luce sull’oggetto sono indispensabili due coordinate che permettono di osservare l’oggetto nel suo totale. Mentre l’interferenza che si crea tra il fascio originario e quello riflesso è proprio quello che permette la ricostruzione dell’immagine intera, con tridimensionalità.
Un esempio
L’esempio più semplice è quello del cinema in 3D. In questo caso guardiamo uno schermo piatto ma percepiamo un’immagine a tre dimensioni. Questo succede perchè due immagini, bidimensionali, sono inviate una all’occhio destro e l’altra all’occhio sinistro. Le immagini provengono però da due angolazioni diverse, anche se il nostro cervello le elabora automaticamente facendo percepire la tridimensionalità.
Ologramma e particelle subatomiche
Per il fisico David Bohm il fatto che le particelle subatomiche restassero unite indipendentemente dalla loro distanza era spiegata dal fatto che la loro distanza non esiste, è un’illusione. Le particelle, secondo la sua idea, non sono separate ma estensioni di un unico insieme. Ad esempio se guardiamo un oggetto attaverso due telecamere poste in agolazioni diverse, non potremmo mai dire che si tratti dello stesso oggetto anche se hanno in comune i movimenti.
Di conseguenza è evidente che non abbiamo la capacità di vedere la realtà nel suo complesso ma ne possiamo verificare solo alcune parti. E dato che l’Universo è composto da immagini, allora anche l’intero Cosmo può essere una proiezione e quindi un ologramma.
Ulteriore spiegazione
Claudio Corianò, ricercatore dell’INFN e insegnante di fisica teorica presso l’Università del Salento, ha portato avanti questa teoria e finalmente ha avuto i suoi risultati. Il professore spiega che alla base di questa teoria è presente il concetto che tutte le informazioni che costituiscono la realtà a tre dimensioni, più il tempo, siano in realtà racchiuse in sole due dimensioni.
Il risultato è molto simile a quello degli ologrammi ordinari e cioè quando l’immagine tridimensionale è riportata su una superficie bidimensionale (come gli ologrammi sulla carta di credito o sulle banconote). La terza dimensione quindi prende vita grazie alle informazioni che risiedono nelle due dimensioni. Esattamente come spiegato nel paragrafo dedicato alla definizione di ologramma.
L’Universo è un ologramma
Dopo tutto ciò che è stato detto possiamo concludere che, per quanto riguarda questa teoria, l’Universo è visto come un luogo nel quale tutte le informazioni sono in qualche modo registrate su una superficie piatta. E tale superficie contiene tutta la “scena” dell’Universo. Il motivo risiede nella caratteristica delle stesse particelle subatomiche che, dopo gli studi di Aspect e Bohm, possiamo definire non-locali.
Rebecca Romano