Università in sciopero: da che parte stare?

Palazzo Nuovo- Università degli studi di Torino

Lo do a settembre” cantava Valeria Angione all’inizio dell’estate, senza immaginare l’impedimento che migliaia di studenti si stanno ritrovando invece ad affrontare.

La situazione infatti si è ribaltata: nelle università saranno i docenti questa volta a non presentarsi al primo appello.




Eppure, per quanto il disagio provocato sia evidente, come contrariarli? Sono gli unici impiegati statali che non hanno il diritto degli scatti automatici di stipendio, sono sommersi dalla burocrazia e si vedono continuamente tolte le risorse che gli permetterebbero di progredire nel loro lavoro.

La scuola dovrebbe essere l’ultima spesa su cui un paese dovrebbe economizzare, ciononostante l’Italia investe sempre meno soldi pubblici per l’università. Guardando alcuni dati sul Pil, è curioso scoprire come nonostante l’Italia sia tra gli stati con una spesa pubblica molto più alta della media europea, rimanga tra i paesi con la spesa per l’educazione più bassa.

Senza andare ad indagare sulle spese che potrebbero essere evitate, in un paese in cui il tasso di disoccupazione giovanile è a livelli record, dovrebbe essere una priorità assicurare un degno sistema scolastico, che si porta dietro non solo la formazione dei futuri lavoratori, ma la garanzia di un equilibrio sociale, la possibilità di far vivere una vita consapevole, di ridurre le disuguaglianze…sono principi semplici e fondamentali che sono stati percepiti al meglio perfino in paesi africani prima impensabili, come lo Zimbabwe e il Namibia, i quali ora sono gli stati che investono più di tutti in istruzione.

Il continuo stato di decadenza dell’università italiana non si può più negare, ed è una situazione che compromette tutte le parti integranti degli Atenei.

Alcune strutture sono totalmente impreparate ad affrontare le situazioni di sovraffollamento a cui sono soggette,oltre ad essere lontanissime dal concetto di avanguardia dal punto di vista tecnologico.

Dunque per quanto lo strumento di protesta utilizzato dai docenti possa essere discutibile, lasciamo che il primo appello presente quest’anno sia quello per la dignità della docenza universitaria.

Roberta Rosaci

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