La meritocrazia: pensate vada di pari passo con il ceto sociale o con la religione, il partito politico o il genere sessuale?
Su quest’ultimo punto, il Magnifico Rettore della Normale di Pisa, Vincenzo Barone, dice apertamente la sua, senza timore di raccontare ciò che ha incontrato durante la sua carriera presso le università italiane, in particolare in quella pisana.
“Se una collega fa carriera si scatena una guerra di veleni.”
E parte così ogni sorta di diffamazione, più o meno esplicita, dai contenuti pesantemente offensivi e spesso a sfondo sessuale, che, nell’ostico ambito accademico, talvolta non risparmiano neanche i candidati uomini.
Tuttavia, il docente ha assunto una donna come primo ordinario della classe di Scienze alla Normale di Pisa, ovvero la professoressa Annalisa Pastore, dichiarandolo un record assoluto in 208 anni di vita della Scuola. A palesarlo, è il fatto che nella stessa sede di Pisa si contano 35 professori di cui solo 4 sono donne.
Spostandoci a Perugia, possiamo annoverare un altro recente trionfo rosa sul fronte universitario, con la vittoria alle elezioni per il rettorato della professoressa Giuliana Grego Bolli, che da questo novembre entrerà in carica per tre anni presso l’Università per Stranieri.
Di contro, un elenco infinito di casi a dimostrazione che ancora non siamo riusciti a liberarci del tutto dalle arcaiche idee sulla donna e sul suo ruolo nella società, che hanno caratterizzato il secolo scorso e quello ancor prima, in cui il “gentil sesso” era considerato inadeguato a ricoprire incarichi che avrebbero reso impossibile conciliare gli impegni fuori e dentro casa.
Le statistiche riportano infatti che dell’oltre 60% delle laureate accademiche, solo il 10% diventa professore ordinario. A descrivere questo imbarazzante fenomeno, il termine anglosassone “glass ceiling”, che sta ad indicare proprio quella invisibile, ma tangibile, barriera – sociale culturale e psicologica – che preclude alle donne l’accesso alle posizioni apicali della carriera accademica, nonostante portino a termine con successo il percorso universitario.
La meritocrazia è allora un’ utopia? Ci aggrappiamo alla speranza che i casi riportati possano essere, in un futuro prossimo, i primi di tanti altri tasselli sulla strada – ancora lunga da percorrere – contro la discriminazione ingiustificata verso il sesso femminile.