Le discriminazioni alimentari esistono? Sembra proprio di sì. Si allunga, infatti, la lista dei Paesi dell’Europa centro – orientale che trovano, nelle proprie tavole prodotti di serie B.
Il marchio dei prodotti è lo stesso, come pure l’imballaggio ma la qualità e gli ingredienti sono diversi. Un po’ come il caso della contraffazione di prodotti Made in Italy.
La rivolta dell’Est per le discriminazioni alimentari
La capitale della Bulgaria, Sofia, lo scorso anno, ha deciso di mandare degli ispettori in incognito nei supermercati di alcuni Paesi europei. Questi avevano il compito di acquistare cibi confezionati da riportare in patria e sottoporli a test comparativi con quelli (uguali?) venduti nel loro Paese.
I risultati dei test non sono stati soddisfacenti. L’Agenzia per la sicurezza alimentare di Sofia, infatti, ha dimostrato che, su 31 prodotti analizzati, almeno un terzo contenevano ingredienti diversi. Non solo, metà di questi prodotti costano anche di più.
Sulla stessa scia anche Praga. L’Università del Paese ha dimostrato che su ventuno prodotti analizzati solo tre erano uguali. Tredici di questi, invece, radicalmente diversi.
Lo scorso anno, il ministro ceco dell’Agricoltura, Marian Jurecka ha dichiarato:
Trovo la cosa inaccettabile e discriminatoria
Stesso discorso in Romania e Polonia, dove i media hanno parlato di discriminazioni alimentari.
La posizione dell’UE sulle discriminazioni alimentari
La rivolta dei Paesi dell’Est ha fatto breccia nel cuore della Commissione europea. Bruxelles, infatti, ha deciso di monitorare alcuni prodotti alimentari commercializzati nei Paesi membri. I test che saranno effettuati sono “prove chimiche e sensoriali” studiate dal Centro comune di ricerca della Commissione europea. I test, che diverranno operativi a maggio, riguarderanno sedici Paesi. L’obiettivo è quello di individuare se, di fatto, esistono prodotti di serie B.
La commissaria per la Giustizia, i consumatori e la parità di genere, Vra Jourova, si dichiara soddisfatta:
Continuiamo ad attuare il nostro piano d’azione per risolvere il problema delle differenze di qualità. Il fatto che 16 Stati membri vi partecipino dimostra che non si tratta di un problema che divide est e ovest, ma di una questione che affronteremo insieme
La commissaria, inoltre, ha stabilito che ad aprile presenterà il “New Deal per i consumatori”. In base a questo i consumatori avranno il coltello dalla parte del manico: potranno rifiutare di acquistare prodotti che considerano di bassa qualità.
Le reazioni delle multinazionali alimentari
Il problema delle discriminazioni alimentari è stato subito accolto da alcune multinazionali che si sono adoperate per risolvere il problema. La Bahlsen, una famosa azienda tedesca, infatti, ha annunciato che userà la stessa ricetta per tutti i Paesi che rifornisce.
Ma non tutti agiscono allo stesso modo. Si è già potuto vedere che, alcune aziende, non rispettano la decisione della Commissione europea. Alcuni esempi sono rappresentati da prodotti di largo consumo. Un’azienda produttrice di bastoncini di pesce, per esempio, vende il proprio prodotto con una quantità di materia prima che varia da paese a paese. Aziende produttrici di caffè, invece, offrono prodotti dello stesso marchio ma con meno caffeina e più zucchero. Ancora, il tè freddo, in alcuni Paesi, presenta più edulcoranti artificiali e meno zucchero.
Insomma, la guerra alla discriminazione è sempre aperta, e non sono da meno le discriminazioni alimentari.
Elena Carletti