Unicredit e le assemblee a porte chiuse: l’ipocrisia del decreto Milleproroghe

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Unicredit terrà le assemblee dei soci dei grandi gruppi bancari italiani a porte chiuse, senza nessuna possibilità di partecipazione per gli azionisti, né in presenza, né a distanza. La motivazione? Misure di contenimento del COVID-19.

Come mai Unicredit può svolgere le assemblee a porte chiuse?

La seconda banca italiana per asset si è appellata al decreto Milleproroghe (approvato in via definitiva lo scorso 23 febbraio), che permette lo svolgimento delle assemblee degli azionisti a porte chiuse, per contenere la diffusione del COVID-19. Tale decreto porta avanti le disposizioni del Decreto-legge “Cura Italia” di marzo 2020, che, in via straordinaria, permetteva alla società per azioni di condurre le votazioni degli azionisti in via telematica.

Un emendamento introdotto dal parlamentare leghista Massimo Garavaglia all’interno del Decreto Milleproroghe ha cancellato anche la necessità della partecipazione in via telematica, dando la possibilità di svolgere le assemblee completamente a porte chiuse.

Insomma, se già era discutibile la proroga di disposizioni prese nel contesto di un’emergenza sanitaria che è ad oggi chiaramente scemata (se non completamente scomparsa), l’emendamento che cancella anche la partecipazione telematica è totalmente ingiustificabile.

Non serve essere un esperto di diritto per comprendere le implicazioni antidemocratiche di tale provvedimento: se le assemblee si tengono a porte chiuse, chi controllerà la coerenza degli investimenti svolti con i principi che una società afferma di perseguire?

Uno schiaffo alla pratica dell’azionariato critico

In un’epoca in cui la politica è sempre più guidata da criteri economici e di conseguenza si svolge sempre di più a livello di banche e aziende, è di fondamentale importanza che i cittadini tengano gli occhi aperti sulle decisioni prese in questi ambiti.

Una pratica che ha fino ad oggi permesso ai cittadini di riappropriarsi, almeno in parte, del potere decisionale in ambito economico è quella del cosiddetto “azionariato critico”. Questa pratica consiste nel comprare un numero anche irrisorio di quote azionarie di un’impresa in modo tale da poter intervenire in sede assembleare, costringendo i dirigenti a fornire spiegazioni per le loro scelte.

Ovviamente, con l’emendamento sulle porte chiuse, anche questo residuale strumento di controllo viene sottratto alla società civile, dando il via libera a tutti gli abusi di banche e aziende che potranno, ad esempio, dichiarare di essere ecologiste o pacifiste, pur continuando a finanziare profumatamente il comparto fossile e militare.

Investimenti discutibili di Unicredit

Parlando del caso specifico, non va dimenticato che solo dal 2015 (l’anno in cui l’Italia ha sottoscritto l’accordo di Parigi) ad oggi, l’Unicredit ha finanziato l’ENI con un totale di 5,8 miliardi di dollari. Solo tra il 2020 ed il 2021, poi, la seconda banca italiana per asset ha investito ben 12,5 miliardi di dollari nel settore oil & gas. In questo periodo, oltre ad ENI, Unicredit ha finanziato Total e Repsol e Gazprom, il colosso russo del gas naturale.

Tutto questo mentre nei piani strategici che presentano al pubblico, come “Unicredit unlocked”, affermano di avere “un impegno naturale verso la sostenibilità”.

Strumentalizzazione dello stato d’emergenza e dei decreti-legge

Il decreto Milleproroghe e l’emendamento sulle assemblee a porte chiuse non fanno altro che ricordarci ancora una volta la pericolosità della strumentalizzazione di istituti quali lo stato di emergenza ed i decreti-legge.

Sebbene questi siano strumenti fondamentali nel contenimento di stati di crisi, bisogna sempre tenere gli occhi aperti sull’uso improprio che ne può fare la politica per perseguire i propri interessi.

Oggi il governo ha apposto l’emendamento delle “porte chiuse” per contenere la diffusione del COVID-19. Ieri, nella fase più acuta dell’emergenza sanitaria, le stesse forze politiche additavano le misure prese per il contenimento della pandemia come una limitazione della libertà personale. Non sembra serva dire altro per dimostrare la cattiva fede del decreto Milleproroghe.

Virginia Miranda

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