Unicredit abbandona Facebook: un problema di dati

Unicredit abbandona Facebook

Nei giorni scorsi è sorta una notizia inattesa: Unicredit abbandona Facebook e tutte le piattaforme ad esso collegate.

Esatto, Unicredit abbandona Facebook, un gesto che difficilmente può essere compreso a primo impatto nell’era del digital banking. Cosa può spingere, infatti, un grande gruppo bancario a scappare dal gigantesco social network? Quali considerazioni e scelte di marketing si celano dietro alla decisione di rinunciare a quell’enorme finestra sui potenziali clienti che Facebook rappresenta?

 

Problemi di fiducia?

Il principale motivo pare essere la mancanza di fiducia nei confronti del grande social, la cui reputazione sta calando a picco almeno dallo scoppio di Cambridge Analytica.  Questa motivazione, che in prima istanza ci fa supporre un qualche interesse etico da parte del gruppo bancario, rivela però una realtà ben più complessa. La critica che Unicredit muove a Facebook, infatti, riguarda principalmente la gestione dei dati degli utenti e, dal punto di vista bancario, dei clienti stessi.

Facebook, lo sappiamo bene, profila ogni suo utente con una precisione che probabilmente neanche siamo in grado d’immaginare. Dal punto di vista pubblicitario questo è un grandissimo vantaggio poiché permette di trovare in pochi click il perfetto target per le proprie inserzioni e campagne. Unicredit ha però capito che questo vantaggio reca con se anche grandi problematiche: non si tratta solo di poter raggiungere il target perfetto in ogni momento ma si tratta anche di essere infinitamente più vulnerabili nei confronti della concorrenza.

 

I motivi economici:

I clienti di Unicredit profilati come tali da Facebook, infatti, possono essere facilmente raggiunti da qualsiasi altro gruppo bancario in quanto facenti parte del target di persone interessate a quel genere di servizio. Unicredit si è dunque accorta che i dati che lei e i suoi clienti forniscono a Facebook non migliorano solo la sua visibilità e la sua capacità di acquisirne di nuovi. Tutti quei dati, infatti, apportano miglioramenti e vantaggi a tutti coloro che ricercano l’attenzione di quello stesso segmento di pubblico. Ogni azione attuata sul social aiuta Facebook ad identificare sempre meglio gli utenti, con un vantaggio che non ricade esclusivamente sui particolari attori economici ma su tutta la piattaforma.

Unicredit deve averlo compreso. Già da qualche mese, infatti, il gruppo bancario aveva interrotto qualsiasi investimento pubblicitario su Facebook, nella speranza che il colosso blu mettesse in campo valide soluzioni. Facebook, di contro, non avrebbe proprio alcun motivo per bloccare questo processo di profilazione globale così redditizio. La conseguenza è immediata: Unicredit abbandona Facebook.

 

Dubbi e paure di un colosso bancario:

E’ anche importante sottolineare che la decisione di Unicredit è motivata da un secondo fattore, forse anche più importante del primo. Si parla molto ultimamente di come Facebook sembrerebbe intenzionato ad avviare una propria web bank (Così come Google o Amazon). Se il Social decidesse di mettere in piedi una simile iniziativa sarebbe in grado di annientare i competitors prima ancora di cominciare lo scontro. Come? Semplice, sfruttando l’immensa mole di dati che possiede. Gli stessi dati che le banche sfruttano per farsi pubblicità. Gli stessi dati che le banche e i clienti hanno, quasi inconsciamente, fornito a Facebook.

Quanta visibilità potrebbe avere, ad esempio, un’inserzione di Unicredit in un social che possiede una propria banca? Esatto, quasi nessuna, se non a patto di condividere altri dati, pagare somme più elevate o magari instaurare collaborazioni con la web bank del colosso. La situazione sarebbe enormemente svantaggiosa per le banche, per non dire autodistruttiva.

Per farla breve: ogni vantaggio che un’azienda può trarre da Facebook è identico ai vantaggi che i suoi stessi competitors possono ottenere. Ad uscirne vittorioso è dunque solo il social, sempre più carico di dati e informazioni su potenziali clienti che, possiamo esserne certi, prima o poi sceglierà di acquisire.

 

Andrea Pezzotta

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