“Prima gli ungheresi!“. Questo il succo del discorso sullo stato della Nazione del premier Victor Orban, a Budapest, per aumentare la natalità del proprio Paese. Tuttavia, fa discutere l’esaltazione dei valori cristiani e la politica anti-immigrazione.
Il piano “pro-natalità” di Orban
Secondo alcuni analisti, nel Paese magiaro si registra un calo della popolazione pari a 32 mila unità all’anno. Ciò è dovuto al fatto che si fanno pochi figli. Infatti, in base ai bollettini Eurostat, il tasso di natalità in Ungheria è di 1,45 figli per donna, al di sotto della media europea (1,58).
Si spiega così la “strategia pro-natalità” di Orban per scongiurare il “declino demografico” del suo Paese e scongiurare “la scomparsa del popolo ungherese“.
Il piano del premier ungherese consiste in: significativi sgravi fiscali e ingenti sussidi a vantaggio delle giovani coppie magiare, “esenzione tributaria perpetua” a favore delle famiglie numerose, cioè con “almeno quattro figli“, e un “mutuo straordinario milionario” alla giovani coppie sposate che potrà godere di un prestito a “interessi zero” equivalente a “10 milioni di fiorini” (circa 36 mila euro). Inoltre, promette aiuti e sconti anche per acquistare auto per le famiglie con figli.
Davanti all’assemblea legislativa nazionale, Orban ha promesso anche interventi governativi a favore dell’edilizia popolare e la riduzione dei costi di “luce e gas” a carico delle famiglie.
La retorica identitaria di Victor Orban
Se un piano strategico pro-natalità di per sé non ha nulla di deplorevole, ciò che fa discutere è la retorica identitaria di Victor Orban, tutta a difesa dei valori cristiani e anti-immigrazione.
Non abbiamo bisogno di migranti, ma di bambini ungheresi
Questa affermazione dice già tutto sulla visione del premier ungherese, che continua:
Viviamo in tempi in cui nascono sempre meno bambini in tutta Europa. I popoli dell’Occidente rispondono con l’immigrazione. Ma noi ungheresi la vediamo in una luce diversa. Non abbiamo bisogno di numeri, ma di bambini ungheresi
La narrativa di Orban – immutata da 12 anni – è sempre la stessa: proteggersi dall'”invasione” dei migranti – significativi i trattamenti molto duri dei migranti gli anni passati. Non solo. La prerogativa è difendere i valori cristiani dall’Islam, e accettare l’immigrazione significa arrendersi ai “terroristi”.
Verso le elezioni europee
Il discorso sullo stato della Nazione permette di capire quali saranno i punti chiave della campagna elettorale di Orban in vista delle elezioni europee. Il premier magiaro non nasconde che aiuti e incentivi alle madri ungheresi rientrano nel suo diniego ai migranti, tematica che per lui è centrale nella campagna per le elezioni europee, “un confronto tra chi vuole un’Europa etnicamente e culturalmente mista e chi, come noi, vuole invece un’Europa che resti cristiana“:
Mentre la maggior parte delle nazioni europee punta sugli stranieri al fine di risollevare le proprie sorti demografiche, noi invece crediamo nel nostro popolo. Solo gli Ungheresi possono dare un futuro alla propria nazione, non gli immigrati. Noi non accettiamo la tesi secondo la quale l’Occidente si salverebbe dal declino demografico grazie ai flussi migratori. L’Ungheria appartiene agli Ungheresi e deve fare affidamento solo su questi ultimi al fine di perpetuare la propria storia millenaria. Siamo quindi orgogliosi di andare controcorrente
E aggiunge:
Non vogliamo più migranti, che accrescono il tasso di criminalità, importano visioni non cristiane e ci portano a casa il virus del terrorismo. Dobbiamo essere più cristiani, quindi ci servono più bambini ungheresi e in generale, secondo me, più bambini europei cristiani
Oltre alla generica e vaga promessa di “eliminare la povertà“, Orban non risparmia i soliti attacchi a Soros – che cospira per “distruggere l’Europa con i migranti” – e a “quel socialista di Timmermans“, inquadrato come “il leader delle truppe pro-immigrazione“. In altre parole, il premier ungherese pone le elezioni europee come la “battaglia finale” e il giorno in cui si dovrà scegliere tra “i burocrati di Bruxelles guidati dal denaro e gli Stati sovrani che difendono tradizione e cristianesimo“.
Le proteste
Mentre Victor Orban fa il suo discorso sullo stato della Nazione ad una platea già favorevole alla sua politica, nel ponte che collega Buda e Pest, sfilano cortei dell’opposizione, che protestano per l’ennesima volta contro la cosiddetta “legge degli schiavi” che legittima i datori di lavoro a richiedere anche 200 ore di lavoro straordinario in più ai lavoratori.
Zsolt Gréczy, il portavoce dell’opposizione parlamentare di sinistra, esprime così tutta la sua rabbia:
Orbán è un dittatore. Nel suo discorso demagogico ha ignorato i pensionati che non ricevono la pensione da tempo e i giovani che non possono andare all’università. Ha annunciato le sue misure di politica familiare perché si è reso conto che non poteva vincere le elezioni parlando costantemente di migranti
Che questo retorica sull’immigrazione abbia stancato davvero?
Non rimane che aspettare i risultati delle elezioni europee a maggio.
Domenico Di Maura