– Francesca de Carolis –
“Un evento tutt’altro che “bizzarro” (questo l’aggettivo usato da Giorgia Meloni) e di straordinaria importanza perché professionisti sanitari, sulla base della rilevanza della dimensione della “salute mentale” nella vita quotidiana degli esseri umani, hanno evidenziato i gravi rischi che comporta per la stessa una condizione di restrizione, di detenzione di fatto per settimane su una nave di persone impedite di scendere a terra”.
Parole di Luigi Benevelli, psichiatra (fra l’altro fra i protagonisti del movimento dei diritti civili per i portatori di handicap e della costruzione del servizio sanitario nazionale) che, in un intervento pubblicato sul Forum della Salute mentale, controbatte alle dure parole del governo contro i sanitari che nel porto di Catania hanno disposto lo sbarco di tutte, ma proprio tutte, le persone migranti che si trovavano a bordo della “Humanitas” e della “Geo Barents”. Anche di quelle che il governo avrebbe voluto rimandare in mare perché “non fragili e non affette da malattie organiche”. Insomma, il “carico residuale” (quando le parole sono puro orrore…).
E forse non si è capita abbastanza la grande novità che Benevelli sottolinea: l’intervento di una squadra di sanitari per accertare anche le condizioni di sofferenza mentale e i rischi per la salute mentale delle persone in una condizione di restrizione, di detenzione di fatto. Che è cosa che riguarda anche chi malato e fragile non è.
E come non pensare anche a chi in condizione di restrizione, di detenzione lo è perché incappato, per un motivo o per l’altro, nel meccanismo del nostro sistema penale, che fa fatica a vedere altro che carcere, e carcere e carcere…
Come non pensare alle condizioni di sofferenza mentale e ai rischi per la salute mentale di chi è detenuto? Come non pensarlo per tutte, ma proprio tutte le cinquantaquattromila609 (dato al 31 marzo) persone ben serrate nelle nostre prigioni.
Perché in carcere, anche se si arriva sani, ci si ammala, nel fisico e nella mente. E’ cosa che chiunque abbia a che fare con il carcere sa bene. Come tutti sanno che la stragrande maggioranza delle persone detenute fa uso di psicofarmaci. Anche chi prima di mettervi piede magari gli psicofarmaci non sapesse proprio cosa fossero.
La detenzione già di per sé può comportare disturbo da adattamento (e sono psichiatri a dirlo) e sappiamo che in genere per ogni istituto di pena è previsto un solo consulente psichiatra, al massimo due negli istituti di grosse dimensioni…
Pensando dunque alle prigioni, come navi lasciate alla deriva in acque extraterritoriali, dove i diritti di chi è sulla terraferma qui sono tutt’altro che riconosciuti… e basta scorrere le cronache di un giorno qualsiasi, fra suicidi, denunce, violenze… tutte riassunte oggi dalle parole di Mauro Palma, Garante nazionale delle persone private della libertà, in un’intervista a L’Essenziale:
“Il carcere è la risposta a tutto: alla malattia psichiatrica, alla dipendenza da alcol o droghe, alla povertà. E quando le sbarre non bastano, si usa la violenza”.
La proposta bizzarra dunque.
Tanto per cominciare riportare subito “le navi” in “acque territoriali” e lasciare che attracchino in porto, giusto per chiarire “sotto quale giurisdizione”… e poi ingaggiare squadre di psichiatri che ne varchino i cancelli col preciso compito di valutare i rischi, per la salute anche psichica, di chi è dentro. Esattamente come è stato fatto per i migranti della “Humanitas” e della “Geo Barents”.
Un rapporto onesto valuterebbe bene quanto male faccia il carcere all’equilibrio e alla salute mentale di chiunque vi abbia a che fare. Di chi è controllato come dei controllori, oserei dire, senza con questo voler giustificare le violenze dai controllori inflitte ai controllati, come cronache recenti ci dicono…
Un rapporto onesto farebbe replicare il “bizzarro evento”, che tanto ha scandalizzato il nostro presidente del consiglio, e potremmo vedere tutti scendere dalle nostre navi/carceri… nella speranza di imbarcarsi in un sistema di pena, non sarà mai troppo presto quando vi si metterà mano, che rispetti i diritti fondamentali delle persone, che ristabilisca la decenza, che restituisca alla pena quel che è della pena, che dovrebbe essere tutt’altro che minaccia alla salute fisica e mentale, tutt’altro che malattia e tortura…