Ma Rea alta con un nubifragio di versi sparsi per la città
Una Ma Rea spumeggiante può salvare la decadenza poetica.
La poesia è morta, sembra uno slogan funebre rivolto ad una parte della letteratura che ha dominato fino agli anni del ‘900 e si è persa in seguito.
Più che altro è diminuito il pubblico e son quasi scomparsi i poeti che riuscivano ad esprimere le emozioni che dall’anima si elevavano e si poggiavano dolcemente su fogli di carta rimanendo indelebili nel cuore e nella mente di chi li scriveva e di chi li leggeva.
La poesia per tornare in auge ha bisogno di farsi spazio a gomitate e per far si che torni a stuzzicare la curiosità di molti, ha bisogno di idee originali per rendersi protagonista.
Un giovane padovano di nascita (è nato e cresciuto fino all’adolescenza a Padova), ferrarese di adozione (diplomato e laureato a Ferrara) ed ora bolognese, un girovago come la sua arte poetica errante, decide di rendere visibile la sua poesia stendendo reggiseni poetici e mutande in versi!
La sua caratteristica è quella di attirare l’attenzione attaccando poesie per la città.
La poesia non è morta, ma è viva in ogni angolo della città, in ogni anfratto occupato dal poeta Ma Rea con i suoi versi attaccati sui cartelli stradali o stesi su fili per la biancheria.
Ma conosciamo meglio Ma Rea attraverso un’intervista.
Come ti è venuta in mente questa idea super originale per valorizzare la poesia?
Volevo qualcosa che fosse poesia allo stato puro. Una poesia che superasse se stessa e quei confini a cui ci siamo abituati fin troppo.
Da anni avevo strofe nei cassetti, ma non mi convinceva il percorso classico di questi versi.
Dall’inizio del 2011 ad aprile del 2014 ho scritto e tenuto tutto in privato. Il primo maggio, improvvisamente, la folgorazione: la strada, le piazze, le vie, i parchi, ecc… !
Per la precisione, i cestini! Tutto è iniziato dal pattume, da quello che buttiamo via. Avevo bisogno di partire da lì.
Ironia e riflessione come punto di partenza della poesia errante.
Dai rifiuti è nato un mondo imprevedibile che sta diventando qualcosa di gigantesco. Dai rifiuti ho capito che volevo unire la poesia al mondo dell’arte e a quello della guerrilla marketing, dalle provocazioni dadaiste agli interventi ambientali e molto altro.
Ricordo che all’inizio mantenevi l’anonimato però oggi hai deciso di mostrare il tuo volto. Come mai questa inversione di marcia?
All’inizio di quesa esperienza l’anonimato era congeniale per portare la poesia nelle strade perché volevo evitare pregiudizi che si concentrassero sulla mia figura, inoltre volevo lasciare un retrogusto di mistero a quello che facevo. Questa frase è durata il tempo di una gestazione, una sorta di parto allungato.
Dieci mesi in cui mi sono messo in gioco e ho valutato le prime possibilità espressive che avevo premeditato. In questo periodo ho ponderato attentamente come procedere e ho deciso che sarei uscito allo scoperto a mio modo. Volevo evitare speculazioni sulla figura che si celava dietro la poesia errante, pertanto ho fatto una performance-rito in cui Ma Rea si è unito in tutto e per tutto ad Andrea Masiero. Tale scelta è stata dettata da più motivi. Per prima cosa conoscere chi sta dietro a questo mondo poetico-artistico diventa importante per capirne i significati e le interpretazioni dei vari interventi, seppur queste, ad oggi, siano state svelate solo parzialmente. Secondo motivo, ma non per importanza, lavorare alla luce del sole dichiarandomi apertamente è un’assunzione di responsabilità rispetto alle mie azioni e parole. Penso sia necessario di questi tempi.
Credo che la dimensione dell’anonimato ci stia sfuggendo di mano. Tra avatar, profili finti in rete, doppie identità e artisti misteriosi, trovo sia molto più onesto e sincero palesarsi metterci la faccia. Una scelta di campo con una precisa impostazione anche politica e civile.
Quali sono le reazioni delle persone che vedono appese ad un filo per panni o attaccate a dei segnali stradali le tue poesie?
Le reazioni sono le più disparate. Per prima cosa un punto di domanda si stampa in faccia a chi si imbatte in uno di questi incontri. Poi si vedono facce impensabili. Tendenzialmente il bucato poetico crea stupore e meraviglia, mentre la poesia traffico limitato genera perplessità e risate inverosimili. Esattamente quello che voglio provocare.
Destabilizzare è uno dei miei obiettivi. O, almeno, questo è il primo step, poi ci sono altri livelli di lettura che propongo e che ogni persona cerca a seconda della curiosità che esprime.
Visto che la letteratura sta appassendo, potresti attirare e incuriosire, con i tuoi versi originali, gli adolescenti. Si fermano a leggere le tue poesie?
Gli interventi che faccio attirano l’attenzione di tutti, indistintamente dall’età. Questo perché sono talmente insoliti nel presentarsi che bisogna avere dei paraocchi per non vederli. Poi sono sempre le persone curiose che “dialogano” di più con questi incontri. E la curiosità non ha età. E nemmeno pregiudizi.
Come ti senti davanti allo stupore e alla curiosità che la gente mostra nel vedere le tue poesie stese?
La cosa più bella che posso chiedere è proprio strappare qualche sorriso alle persone e magari instillare un qualche sommovimento emotivo che le accompagni per un po’ di tempo.
Se arrivo a questo allora avrò fatto del mio meglio. Avrò fatto della poesia.
Ringrazio Andrea Masiero in arte Ma Rea per aver concesso una parte del suo tempo per questa intervista.
Le sue poesie si possono trovare anche nel reparto surgelati di qualche supermercato, il problema è che nel leggere le sue parole e nel perdersi in esse si potrebbe dimenticare l’anta aperta.
Marianna Di Felice