L’ Australia vorrebbe iniziare a mettere i primi paletti al gigante dei motori di ricerca, ma Google non ci sta e minaccia di ritirare i propri servizi dal paese nel caso venisse approvata la legge australiana che costringe l’azienda a spartire i guadagni con editori e giornali per i servizi di informazione.
Politica e colossi del web: lo scontro è avviato e passa per una legge australiana
Una legge basata sugli stessi principi, che presenta la stessa logica di fondo, di quella proposta dal governo polacco alcuni giorni fa. Se in Polonia la politica intende ridurre il potere decisionale di social network come Facebook, in Australia si sta tentando di equilibrare i guadagni tra chi i contenuti li li diffonde (motori di ricerca) e chi li produce (autori, giornalisti).
In entrambi i casi risalta agli occhi un particolare rapporto di tensione tra la politica e i colossi del web. Lo spazio dentro ai confini nazionali rappresenta l’arma, la risorsa, grazie alla quale la politica conta di dettare le regole. Resta da chiedersi, però, cosa e quanto può importare a un’azienda mastodontica come Google, abituata com’è a trarre profitto dallo spazio virtuale, dei confini fisici tracciati dalla politica ?
Questo conflitto tra politica e colossi del web, tra spazio fisico e spazio virtuale, ha raggiunto il massimo apice di potenza nelle immagini del Campidoglio a Washington, quando tutta la stravaganza del web, e delle teorie complottiste, ha raggiunto lo spazio istituzionale e governativo. Un conflitto che, tutto sommato, si regge su questioni abbastanza delicati, come la “libertà d’espressione“. Ma vediamo meglio cosa sta succedendo in Australia.
Botta e risposta tra la delegata di Google e il primo ministro australiano
Negli ultimi anni il mercato pubblicitario è stato letteralmente dominato dalle grandi piattaforme digitali come, appunto, Google e Facebook. Il governo australiano sta lavorando a un disegno di legge per poter costringere Google a dividere i guadagni dei contenuti giornalistici con editori e giornali. La legge australiana circoscrive due possibilità: o piattaforme e editori trovano accordi tra di loro per la retribuzione; o sarà una commissione del governo a stabilire e regolamentare.
Non si sono fatte attendere le dichiarazioni – o minacce? – di Google che, tramite Melanie Silva, responsabile di Google per Australia e Nuova Zelanda riferisce in Commissione del Senato australiano:
“Se questa versione della legge dovesse entrare in vigore, l’inimmaginabile rischio finanziario e operativo non ci darebbe altra scelta che non mettere più a disposizione Google Search in Australia”
Anche se in modo indiretto, il primo ministro ha risposto che è sempre in benvenuto chi vuol far affari con l’Australia, ma che il governo non reagisce alle minacce.
Alfonso Gabino