“Non usate questa mascherina. È stata prodotta da schiavi africani nella prigione di Yingde, nella provincia del Guangdong, in Cina. Per favore, aiuto. Contattate un’organizzazione internazionale. Dio vi benedica”.
Questo messaggio è stato ritrovato all’interno di una confezione di mascherine FFP2 acquistata in una farmacia della zona Eur a Roma. Il biglietto era scritto a mano in inglese. Non si tratta, tuttavia, di un caso isolato. Altri bigliettini identici sono stati, infatti, ritrovati all’interno di altre confezioni di mascherine in altre parti del mondo. Coloro che hanno acquistato il prodotto hanno, inoltre, affermato di aver trovato la confezione sigillata. L’autore del presunto biglietto è sconosciuto.
A questo punto ci si chiede se si tratta di uno scherzo di cattivo gusto o di un giallo su cui le organizzazioni internazionali dovrebbero indagare.
LaPresse è stata la prima a dare notizia dello strano accaduto. L’acquirente della confezione di mascherine, infatti, dopo aver rinvenuto lo strano oggetto, ha chiamato subito la redazione per informarla dell’assurdo ritrovamento. La testata giornalistica che ha riportato la notizia ha sollevato dei dubbi sulla autenticità del biglietto. Eppure l’acquirente ha più volte sottolineato di aver comprato una confezione di mascherine assolutamente sigillata, per cui chi ha scritto il biglietto lo ha inserito prima di aver definitivamente impacchettato il prodotto.
Il ritrovamento di questo biglietto ci riporta alla mente altri episodi simili.
Alcuni anni fa, nei capi di abbigliamento del marchio Zara erano stati ritrovati degli strani bigliettini nei quali vi era scritto un messaggio piuttosto simile a quello che abbiamo letto all’interno della confezione di mascherine.
Più volte le richieste di aiuto ritrovate all’interno di questi capi di abbigliamento hanno sollevato l’attenzione del mondo sulle reali condizioni di vita dei lavoratori delle fabbriche. L’azienda Zara spesso è finita sulle prime pagine dei giornali per i suoi comportamenti non troppo ortodossi: sfruttamento minorile del lavoro, mancata attenzione verso l’ambiente, condizioni igienico-sanitarie precarie.
O ancora, nel Natale del 2019 a Londra, una bambina ha trovato una cartolina di auguri sulla quale vi era scritto: “Siamo prigionieri stranieri nella prigione di Qingpu in China. Obbligati a lavorare contro la nostra volontà. Per favore aiutateci e avvertite le organizzazioni per i diritti umani”. E’ chiaro che non stiamo parlando di un episodio isolato.
Eppure sono moltissimi i dubbi sulla autenticità della richiesta di aiuto perché anche altre testate giornalistiche hanno pubblicato foto di un biglietto identico. Il dubbio sull’autenticità del biglietto rimane irrisolto dal momento che è difficile risalire all’origine di tale biglietto, a quando sia stato scritto e inserito all’interno della confezione.
Tuttavia preme capire se effettivamente si possa trattare di una richiesta di aiuto o di uno scherzo di cattivo gusto. A questo punto ci si chiede cosa bisogna fare. Le organizzazioni internazionali dovrebbero intervenire per svelare il mistero?