Una comunità migrante anti-migranti: aumenta il razzismo contro i subsahariani in Tunisia

Aumenta il razzismo contro i subsahariani in Tunisia

Crescono violenza e discriminazioni contro i subsahariani in Tunisia a seguito delle dichiarazioni del presidente Kais Saied. Il Capo di Stato tunisino afferma: “C’è un accordo criminale che è stato preparato dall’inizio di questo secolo per cambiare la composizione demografica del Paese”.

Crisi economica e odio razziale sono i due aspetti che caratterizzano la Tunisia odierna, soprattutto a seguito delle parole del presidente Kais Saied, che cavalcano senza remore il malcontento generale. Il Capo di Stato tunisino, durante il Consiglio di Sicurezza del 21 febbraio 2023, fa infatti riferimento ad un “accordo criminale che è stato preparato dall’inizio di questo secolo per cambiare la composizione demografica del Paese”. Queste dichiarazioni razziste, inserendosi in un clima già di partenza labile, hanno provocato una vera e propria campagna d’odio contro la totalità della comunità di migranti africani subsahariani in Tunisia, nonostante le parole discriminatorie fossero istituzionalmente dirette verso il gruppo composto da migranti non-regolari. All’interno del suo discorso apertamente razzista, Saied definisce i migranti provenienti dall’Africa subsahariana come la causa della violenza e dei crimini presenti in Tunisia, oltre ad essere una minaccia demografica per l’identità arabo-musulmana del Paese. Sulla base di queste ragioni, il Capo di Stato tunisino attua una svolta autoritaria incentrata sulla lotta all’immigrazione irregolare, attingendo a narrative caratteristiche delle politiche di estrema destra occidentali.

La violenza quotidiana subita dai subsahariani in Tunisia

La propaganda anti-migranti di Saied si è concretizzata in un clima di profondo terrore per la comunità di africani subsahariani. A caratterizzare la vita quotidiana della comunità nera che vive nelle città tunisine sono infatti episodi di aggressioni razziste, non solo per le strade ma anche sul posto di lavoro e nei loro stessi appartamenti. Appartamenti dai quali i rifugiati neri sono stati inoltre cacciati, in quanto a seguito delle “misure urgenti” annunciate da Saied, i proprietari che affittano gli alloggi ai subsahariani rischiano una sanzione da parte delle autorità. Oltre agli improvvisi sfratti che hanno fatto sì che intere famiglie si ritrovassero per strada, vi è in atto un aumento degli affitti, delle spese e licenziamenti in tronco da parte dei datori di lavoro. Aspetti importanti che si aggiungono al pesante clima di terrore vissuto dai richiedenti asilo (e non) provenienti dall’Africa occidentale, caratterizzato da minacce, violenze, aggressioni ed atti vandalici delle abitazioni.

La reazione della popolazione e delle organizzazioni internazionali

Il 25 febbraio, in seguito alle dichiarazioni razziste e fasciste del presidente Saied, la popolazione è scesa a manifestare per le strade della capitale. Manifestazione rivolta al Capo di Stato in prima persona, con l’obiettivo di chiedergli di scusarsi con la comunità di migranti africani subsahariani. “Abbasso il fascismo, la Tunisia è un paese africano” urlano i cori dei manifestanti mentre le tendopoli formatesi di fronte la sede dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni e di fronte le ambasciate si ingrandiscono a vista d’occhio per richiedere assistenza e trovare rifugio in seguito agli sfratti, ai licenziamenti ed alle devastazioni delle proprietà. A condannare le dichiarazioni del presidente tunisino è l’Ua, organizzazione internazionale dell’Unione Africana, che denuncia l’incitamento all’odio razziale e ricorda che gli Stati membri dell’Ua sono tenuti a trattare tutti i migranti con dignità. Inoltre, a causa del clima pericoloso e violento, le associazioni che rappresentano i rifugiati neri in Tunisia chiedono fortemente ai propri concittadini di portare sempre con sé i documenti d’identità e soprattutto di non uscire se non per le emergenze. Richiesta fatta anche da alcune università nei confronti dei propri studenti subsahariani, i quali in attesa di capire come si evolverà la situazione non potranno assistere alle lezioni.

Non solo critiche: il sostegno di Eric Zemmour

Nonostante le dichiarazioni razziste del presidente tunisino siano state fortemente criticate dalle organizzazioni internazionali, esse hanno anche ricevuto approvazione. Questo sostegno è arrivato non solo dai sostenitori tunisini di Saied, ma anche da figure dell’estrema destra europea come Eric Zemmour. Egli, infatti, ha condiviso sulla sua pagina Twitter il comunicato apparso sulla pagina Facebook della presidenza a seguito del Consiglio di Sicurezza, lodando le dichiarazioni del Capo di Stato tunisino e facendo riferimento all’urgente necessità di combattere la “grande sostituzione”, teoria sovranista dell’autore francese Renaud Camus molto amata dai movimenti di estrema destra. Questo concetto, infatti, dipinge gli immigrati non bianchi come un pericolo, in quanto capaci di modificare la demografia di un paese soppiantando le popolazioni autoctone ed auspica quindi ad una legittima vendetta da parte dei bianchi.  Appare evidente per questo motivo che essa sia stata di forte ispirazione per Saied e per lo sviluppo del suo discorso anti-migranti.

Una comunità migrante anti-migranti

Una più dura politica di controllo delle frontiere e di propaganda anti-migranti suona quasi come un paradosso se contestualizzata all’interno della Tunisia, essendo i tunisini stessi una comunità fortemente migrante. A parlare sono i numeri riguardanti i flussi migratori in Italia, dai quali la Tunisia emerge come uno dei principali paesi di partenza. Dall’inizio del 2023 ad oggi, infatti, su un totale di circa 20.000 migranti arrivati in Italia, circa 12.000 provengono proprio dalla Tunisia, paese verso il quale l’Italia ha inoltre investito più fondi per la limitazione dei flussi migratori, dimostrando così per l’ennesima volta come una politica autoritaria e anti-migrazione non rappresenti la soluzione al problema, soprattutto se consideriamo come l’attuale flusso di migranti risulti triplicato rispetto ai numeri registrati nello stesso periodo lo scorso anno. Politica, inoltre, che alla vista dell’ultima tragedia in mare conosciuta come “la strage di Cutro” avvenuta nella notte tra il 25 ed il 26 febbraio scorso e le quali vittime continuano a salire giorno dopo giorno, evidenzia un disgustoso menefreghismo e distacco dalla realtà tipico di chi, sfortunatamente, sente l’impellente bisogno di dover giudicare situazioni così delicate dall’alto del proprio privilegio. Questa totale assenza di empatia nei confronti dell’ennesima strage umanitaria è fortemente presente, in particolare, nelle parole del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, il quale accusa i migranti di irresponsabilità, dando loro stessi la colpa del loro fatale destino e sostenendo semplicemente che “Non dovevano partire”. Parole che sembrano quasi essere frutto di un fever dream, in quanto ignorano completamente la disperazione che spinge chi scappa da guerre, povertà e dittature ad intraprendere un viaggio così rischioso, nella speranza di una vita migliore.

Simone Acquaviva

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