In Palestina la tensione è sempre più alta. Un soldato israeliano uccide un ragazzo palestinese senza alcuna ragione ed è solo l’ultimo di una lunga serie di omicidi. La popolazione si ribella, Nablus viene occupata con la forza, Gaza viene nuovamente colpita. Ecco la situazione.
Un soldato israeliano uccide un ragazzo palestinese
Sabato 6 maggio il video shock viene diffuso sui social. Siamo nel Nord della Cisgiordania, sul confine con Israele. Si vede una strada, ci sono delle macchine ferme. Un uomo trascina un altro uomo fuori dalla sua auto. Lui si ribella, lottano, cadono a terra. L’aggredito riesce a spingere via l’aggressore e a scappare verso la sua auto. Sembra una “normale” lite stradale ma l’aggressore si rialza, estrae una pistola, la punta alla schiena dell’aggredito e spara 3 colpi. L’aggredito crolla a terra. È morto.
Solo in seguito l’identità di vittima e omicida vengono scoperte: Diar Amri, 19 anni, il ragazzo nella foto, aveva la doppia cittadinanza israeliana e palestinese, era mussulmano, si recava ogni giorno in Israele a lavorare e, in un giorno come gli altri, è stato ucciso da Dennis Boykin, 32 anni, israeliano, ex membro di un’unità scelta dell’esercito israeliano.
Il movente non è chiaro, ma con ogni probabilità è dovuto un incidente stradale in cui Amri ha tamponato Boykin. L’assassino, arrestato, si nasconde dietro un dito: secondo la sua versione, infatti, avrebbe aperto il fuoco ritenendosi in una situazione di estremo pericolo. Ma le immagini ci dicono ben altro. Quel video è una sentenza: un soldato israeliano uccide un ragazzo palestinese sparandogli alla schiena. Quindi tutt’altro che legittima difesa.
I “martiri” palestinesi
Il video non lascia indifferenti, Hamas (movimento di resistenza islamica palestinese) lo definisce un martirio ed è solo l’ultimo dei tanti. Sul sito ufficiale, infatti, sono molti i comunicati in cui il movimento esprime condoglianze per i famigliari delle vittime palestinesi uccise per mano israeliana.
- 27 aprile: Ahmed Taha, 39 anni, giustiziato dalle forze di occupazione israeliane a Salfit.
- 1 maggio: Hamas piange Jebril al-Lada’, 17 anni, giustiziato dalle forze di occupazione israeliane a Gerico.
Il martirio di Al-Lada porta a 102 il numero di palestinesi uccisi dalle truppe di occupazione israeliane e dai coloni quest’anno, tra cui 18 bambini, quattro anziani e un detenuto.
- 4 maggio: Hasan Qatanani, Moath Al-Masri e Ibraheem Jaber, uccisi dalle forze di occupazione israeliane a Nablus.
Hamas conferma che la resistenza contro l’occupazione israeliana è un diritto legittimo per i popoli sotto occupazione, come previsto dal diritto internazionale. Il nostro popolo non resterà a guardare, lasciando che le forze di occupazione israeliane e i coloni profanino i luoghi santi palestinesi.
L’occupazione di Nablus
A seguito degli omicidi sono scoppiate le proteste. A Nablus i cittadini palestinesi sono insorti per difendere la casba della città (il centro storico) ma proprio questa mattina l’esercito israeliano ha fatto irruzione cuore cittadino. L’operazione, secondo le autorità israeliane, è stata condotta in opposizione della milizia locale che negli ultimi mesi ha effettuato una serie di attacchi armati contro militari e civili israeliani.
L’ultimo raid a Gaza
Sempre questa notte Israele ha attaccato Gaza. L’esercito israeliano ha dichiarato di aver attaccato obiettivi della Jihad islamica palestinese, nello specifico 3 comandanti delle brigate al-Quds, il braccio armato del movimento islamista palestinese considerato da Israele un gruppo terrorista.
L’unico fatto certo, però, è che a farne le spese sono stati i civili. Infatti, per ora il bilancio è di 13 morti tra cui 4 donne e 4 bambini e di almeno 20 feriti. Ma la situazione potrebbe aggravarsi.
Nel solo mese di maggio, per altro, sono stati lanciati sulla Striscia di Gaza un centinaio di razzi.
La situazione in Cisgiordania
La Cisgiordania è un territorio ufficialmente palestinese ma occupato in gran parte dall’esercito israeliano. L’obiettivo degli israeliani, secondo i palestinesi, è una colonizzazione vera e propria. Israele non accenna a ritirarsi e, anzi, continua nella sua espansione: sono infatti in corso gare d’appalto per la costruzione di abitazioni e infrastrutture nelle aree cisgiordane occupate.
Il conflitto israelopalestinese
Il 14 maggio 1948, giorno della Dichiarazione di indipendenza israeliana, è scoppiata la prima guerra Israelopalestinese che ha portato alla creazione dello Stato di Israele. Da quel momento è stata condotta una politica aggressiva ed espansiva ai danni dei palestinesi che sono stati praticamente rinchiusi nei territori di Gaza e della Cisgiordania. Il conflitto ha portato a una situazione estremamente complessa nella quale gli equilibri tra le forze in campo sono estremamente delicati e la situazione potrebbe esplodere da un momento all’altro.
In questo clima instabile, però, l’unica certezza è che nei territori palestinesi occupati (OPT) circa 2,5 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria, metà di loro sono bambini. In Cisgiordania i cittadini palestinesi sono costantemente controllati, minacciati e, come si è visto, uccisi. Mentre a Gaza, la situazione è ancora più drammatica: dopo 15 anni di blocco terrestre, marittimo e aereo ha paralizzato l’economia e i servizi di base come sanità e istruzione.