Buone notizie per i milioni di celiaci nel mondo (si stima siano l’1% della popolazione globale) e i poco meno di duecentomila italiani, arriva notizia di un rimedio per la celiachia messo a punto presso l’università per la tecnologia di Vienna, l’articolo scientifico è uscito su BMC Biotechnology. Rimedio è la parola chiave, non si tratta di una cura della malattia a quella si sta lavorando ma la strada è lunga e tortuosa, in questo caso l’approccio è nel prevenire l’azione infiammatoria del glutine.
Andiamo per ordine: la celiachia è una malattia autoimmune, dunque una malattia in cui è implicato il nostro sistema immunitario, da non confondersi con un’allergia in cui pure è implicato il sistema immunitario, ma una malattia autoimmune è solitamente più grave (a meno che l’allergia non vi scateni uno shock anafilattico, cosa che la celiachia non fa a ulteriore conferma che non è un’allergia).
Le attuali ricerche di una cura per la celiachia si basano su un approccio volto a prevenire la risposta del sistema immunitario, la strada è tortuosa perché quando si interviene sul sistema immunitario si rischia di scatenare effetti collaterali non voluti (non è che possiamo semplicemente spegnere il sistema immunitario, per ovvi motivi che non vado a spiegare perché sarebbe un insulto alla vostra intelligenza).
Il meccanismo antigeni (sostanze che provocano una risposta del sistema immunitario) anticorpi funziona un po’ come un sistema chiave/serratura, specifici anticorpi vanno a legarsi a uno specifico antigene, in alcuni casi provocando una risposta infiammatoria, nel caso della celiachia per esempio la reazione ad alcune prolammine (proteine contenute nel glutine) provoca una progressiva riduzione dei villi intestinali che sono essenziali per l’assorbimento delle sostanza nutritive. Il Professor Oliver Spadiut che è a capo del Integrated Bioprocess Development Research Group della sopracitata università ha pensato: perché non progettare noi un frammento di anticorpo che intercetti il glutine andando a legarvisi perfettamente letteralmente inglobando la proteina e rendendola quindi innocua per l’intestino?
Come idea sembra semplice, la realizzazione lo è molto meno perché affinché abbia successo abbiamo bisogno che l’anticorpo da noi forgiato sia un incastro perfetto per la proteina mentre attualmente siamo all’inizi della nostra capacità di forgiare proteine nel modo voluto. Il processo si svolge in batteri, cioè utilizziamo dei batteri come fabbriche di proteine ed interveniamo perché le facciano nella maniera che a noi serve, ma è facilissimo che il risultato non sia esattamente quello voluto tanto è vero che è stato sviluppato un processo per rimodellarle nella forma voluta, cioè l’esatta serratura per la chiave (l’antigene) che dovranno andare a neutralizzare.
La ricerca è frutto di una collaborazione tra l’università è il partner industriale Sciotech Diagnostic Technologies GmbH, quindi se tutto andrà bene un prodotto commerciale potrebbe essere nelle farmacie fin dal 2021.
Roberto Todini