Un quarto della popolazione di Israele sta considerando di emigrare

popolazione di Israele

Un sondaggio condotto da Israeli Channel 13 ha indicato che la demografia di Israele potrebbe cambiare a causa dell’attuale crisi politica del paese, dovuta alla controversa riforma della giustizia. Secondo il rapporto, circa il 28% della popolazione di Israele starebbe considerando di lasciare il paese, mentre l’8% era indeciso. Un quarto degli abitanti quindi preferirebbe emigrare che vivere in uno stato “antidemocratico”.

La popolazione di Israele sta pensando di emigrare

Oltre un quarto della popolazione di Israele sta valutando di trasferirsi all’estero. Questo è quanto emesso da un sondaggio condotto da Israeli Channel 13  in seguito all’approvazione della prima legge della controversa riforma della giustizia, che secondo molti cittadini e politici renderebbe il paese una “dittatura“, violando i suoi fondamenti democratici. La riforma darebbe più potere al governo del premier Benjamin Netanyahu togliendo delle prerogative di controllo alla Corte Suprema, rompendo l’equilibrio tra i 3 massimi poteri (legislativo, giudiziario, esecutivo) nello stato di Gerusalemme. Proprio per questo la riforma giudiziaria è stata sempre duramente contestata, sia in parlamento che nelle piazze, ma ora la sua approvazione sembra prossima, e una parte degli israeliani non ci sta.

Il sondaggio effettuato da Israeli Channel 13, riportato poi sul quotidiano The Times of Israel, ha evidenziato come circa il 28% della popolazione del paese mediorientale starebbe valutando fortemente l’ipotesi di trasferirsi all’estero qualora il pacchetto di riforme venisse approvato; oltre un quarto della popolazione quindi sta seriamente considerando di emigrare piuttosto che vivere in uno stato che non riconoscono più come democratico. Oltre a questa fetta di abitanti, il 64% ha risposto che non valuterebbe di cambiare paese (questo però non vuol dire necessariamente che siano d’accordo con la riforma) e l’8% si è dichiarato incerto. Il sondaggio, come riportato dal quotidiano, riflette la situazione politica del paese che vede una grossa coalizione a sostegno della riforma giudiziaria, ma anche di contro grandi proteste ed opposizioni, sia da parte di figure di spicco come esponenti della magistratura, personaggi pubblici sia da parte dell’esercito, che ha visto centinaia di riservisti lasciare il servizio. Il sondaggio ha inoltre evidenziato come oltre la metà degli intervistati (circa il 54%) abbia paura che l’approvazione della riforma possa causare scontri e problemi nella sicurezza interna del paese, preoccupandosi anche di una “possibile guerra civile”. Risulta dunque chiaro che eventuali tensioni interne, le quali si andrebbero ad aggiungere a quelle sempre presenti con l’estero, Palestina in primis, non sono tollerabili da una buona parte della popolazione.

Una riforma della giustizia osteggiata anche dall’economia

I timori per le sorti di Israele non si fermano solo ai possibili scontri, ma si allargano anche alla sfera economica. Da quando sono scoppiate le proteste, circa 7 mesi fa, gli occhi degli analisti e degli esperti internazionali guardano con preoccupazione le mosse del governo di Gerusalemme per cercare di capire quale sarà il futuro dell’economia del paese, e quali ricadute avrà sui mercati mondiali. Se fino ad ora le banche non si erano espresse in modo particolare sulla riforma giudiziaria e i gli investitori non avevano avuto modo di preoccuparsi significativamente, negli ultimi giorni le carte in tavola sono cambiate.

La Banca Morgan Stanley ha infatti espresso un giudizio negativo sulla situazione politica attuale, la quale “causerebbe incertezza“, e l’agenzia di rating Moody’s la seguirà nelle prossime ore: di conseguenza la moneta nazionale (lo shekel) ha perso valore nei confronti di dollaro ed euro, causando una chiusura in negativo in Borsa. Di fatto le agenzie di rating hanno bocciato la riforma della giustizia, mandando un chiaro segnale al governo e a coloro che hanno fatto investimenti nel paese. Il premier Netanyahu è dovuto quindi intervenire per calmare le acque e per dare un segnale di stabilità ai mercati; intervenendo insieme al ministro delle finanze Bezalel Smotrich per rassicurare l’opinione internazionale, ha dichiarato che l’economia israeliana “si fonda su basi solide e continuerà a crescere sotto la guida di una leadership esperta che conduce una politica responsabile”. I due hanno poi ricordato i recenti successi economici in campo energetico ed hi-tech, affermando che la situazione attuale è solo frutto di una “congiuntura momentanea”. Una mossa obbligata dalle circostanze ma che comunque pare aver messo un freno al deprezzamento dello shekel, che non è più in caduta libera; inoltre il rating negativo potrebbe portare la maggioranza e l’opposizione a trovare dei punti comuni sulla riforma giudiziaria, in modo da non penalizzare troppo l’economia del paese. In un mondo dove tutto ruota intorno al denaro, era prevedibile che l’unico modo per arrivare ad una mediazione tra le parti fosse una seria minaccia ai soldi dello stato.

Marco Andreoli

 

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