Nella Montefiori, uccisa ad Auschwitz il 23 ottobre del 1943, sembrava scomparsa nel nulla, Non c’era neanche una foto per ricordarla. Inutili le ricerche, per anni, fino a qualche giorno fa…
Il suo nome e cognome sul tabellone degli oltre mille deportati a morte della razzia tedesca del 16 ottobre 1943 a Roma era senza immagine della vittima.
Un ulteriore insulto alla sua memoria.
Nella Montefiori, 38 anni, era stata una maestra elementare ad Ancona, dove aveva vissuto con la sua famiglia fino alle leggi razziali che come per tanti altri avevano significato per lei ebrea la perdita di tutto. Era riparata allora a Roma, città più grande di Ancona e dove si poteva forse pensare di essere meno notati e scampare alle persecuzioni nazifasciste. Poi erano scattati quei terribili nove mesi dell’occupazione nazista della città, dopo l’8 settembre, e Nella si era trovata in una nuova trappola. Un incubo che le avrebbe portato via la vita.
L’avevano presa la mattina del 16 ottobre mentre camminava per strada in via Cola di Rienzo insieme alla sorella Ada. Era arrivata una camionetta tedesca e Ada era scappata da una parte, salvandosi, Nella dall’altra ed era stata presa. Portata al Collegio Militare di via della Lungara era stata caricata sui treni diretti ad Auschwitz il 18 ottobre. Il 23 all’arrivo insieme a molti altri, donne e bambini innanzitutto, era stata mandata alle camere a gas.
Nella era cugina del padre di Anna Padovani.
Di lei in famiglia gli adulti parlavano cercando di tenere i figli più piccoli come Anna al riparo da questo dolore.
Così solo in tempi recenti Anna ha conosciuto all’improvviso quello che era successo a questa zia mai conosciuta, mentre le era stata familiare la sorella Ada che però anche lei aveva mantenuto il silenzio con Anna su questa tragedia.
Da quel momento è iniziata una ricerca su Nella Montefiori, è stato recuperato il certificato che di lei è stato redatto alla Yad Vashem a Gerusalemme, sono stati interpellati conoscenti (Ada era nel frattempo deceduta), scritto lettere, ritrovate infine nell’archivio della Comunità ebraica di Roma le schede sulla famiglia.
Da lì sono riemersi quei recapiti vari dei Montefiori a Roma, l’ultimo in via del Tritone 46.
Ed è lì che un anno fa attorniati da un gruppo di amici e antifascisti
abbiamo posizionato con l’artista Gunter Denmig la pietra d’inciampo che la ricorda.
Da Ancona grazie a quella pietra si è messo in moto un secondo percorso che ha portato il 24 gennaio scorso, per decisione del Consiglio Regionale delle Marche, a mettere una seconda pietra d’inciampo per Nella, una delle sette deposte nel 2020 nella città marchigiana, davanti all’immobile di via Goito 2 dove i Montefiori avevano vissuto.
A questa operazione hanno collaborato in tanti dalla Comunità ebraica di Ancona all’Istituto storia Marche del 900 all’Anpi a una lunga lista di scuole. A seguire questa vicenda un giovane ricercatore di storia, Marco Labbate.
In via Goito la cerimonia come per le altre pietre è stata breve ma intensa. Per Nella si erano mobilitati gli studenti del locale liceo artistico, guidati dalla professoressa Patrizia Piccinini, che avendo “adottato” la pietra per Nella hanno fatto dei brevi e intelligenti interventi.
Poi l’addetto al culto ebraico, Nahmiel Ehronee, ha pronunciato la preghiera per Nella. Era presente la presidente della Comunità ebraica Manuela Russi. Intorno una piccola folla.
Tutto qua. Ma i giornali e i siti online locali hanno raccontato per esteso quella mattinata di pietre ad Ancona, riferendo i nomi delle vittime e le loro storie. Un’attenzione che in città più grandi e indaffarate altrove viene spesso meno…
Grazie a questi giornali Francesca la figlia di una signora di Ancona ha segnalato alla madre Maria il nome di Nella Montefiori che con Ada era amica di una loro zia.
Sono state allora cercate e ritrovate lettere e foto, che ci verranno spedite. La foto scansionata di un’istantanea di Nella, quella che vedete, ci è stata anticipata pochi giorni fa per email. E così l’abbiamo pubblicata, piccolo grande risarcimento alla memoria di una giovane vittima del nazifascismo il cui volto sembrava ormai perso nel nulla..
Anna Padovani
Paolo Brogi