Più di 300 milioni di persone al mondo malate di depressione. È il tabu del nuovo secolo, ed è una patologia. Non riconosciuta, non diagnosticata, non trattata, fonte di sofferenza, dolore, disabilità, morte per cause dirette (suicidio), indirette o per aggravamento di altre problematiche mediche (diabete, cardiache, polmonari, reumatiche, oncologiche). Sono le stime più aggiornate che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha rilasciato il 7 aprile 2017 in occasione delle Giornata Mondiale della Salute che quest’anno è stata dedicata proprio alla depressione.
La depressione nel 2030 sarà la prima malattia più invalidante al mondo con altissimi costi sociali e forte impatto economico.
Oggi gli italiani con depressione, secondo i dati del sistema di sorveglianza della salute pubblica PASSI gestito dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), sono tra il 4,4 e il 7%, corrispondente a circa 3,7 milioni di italiani, secondi solo alla Germania. La depressione, come ricorda l’OMS, è una condizione che può colpire indifferentemente rispetto all’età, alla condizione economica, al sesso e alla propria storia di vita.
Secondo Margaret Chan, direttore generale dell’OMS, “questi numeri sono una sveglia perché tutti i paesi rivedano il proprio approccio alla salute psicologica e questa venga trattata con l’attenzione necessaria”. Troppo spesso, però, la paura dello stigma sociale e i pregiudizi spaventano chi ne soffre, rendendo più difficile la richiesta d’aiuto. Pochi, infatti, giungono a diagnosi e terapia: solo 1/3 di coloro che ne avrebbe necessità.
Inoltre in molti paesi non esiste, o è molto limitato, il sistema di sostegno per le persone che hanno problemi di salute psicologica. Perfino nei paesi più ricchi, circa il 50% delle persone che soffrono di depressione non vengono curate e mediamente, solo il 3% della spesa sanitaria pubblica è investita in questo settore. Uno sforzo troppo ridotto se, come dice l’OMS, il disturbo depressivo maggiore, il caso più grave, è la quarta causa di disabilità a livello globale.