” Sarò in grado di essere mamma?” “Riuscirò ad allattare?” “Ne sarò all’altezza?” Essere mamma o meglio diventare mamma, è sempre una gioia, ma quante mamme assalite da mille dubbi e domande assurde spesso, si sentono sole e inadeguate?
La depressione post-partum è una vera e propria malattia, di natura psicologica e quindi di conseguenza più difficile da individuare rispetto ad altre malattie che si manifestano a livello fisico. Sia ben chiaro però, che non è da sottovalutare, ma contrariamente bisognerebbe soffermarsi per riuscir meglio a comprendere e sostenere queste mamme insicure. Joanne era una di queste mamme, che non ben compresa ha compiuto un gesto folle che l’ha portata alla morte, una morte che scivola con leggerezza sulla coscienza di una società che appare sempre più insensibile ed inadeguata.
Nel 2000 Joanne, conobbe Chris, che divenne suo marito nel 2005. “Eravamo un corpo e un’anima, io guadagnavo molto bene, avevamo una villetta, spesso tornavo presto da lavoro, invitavamo degli amici e ci divertivamo. Abbiamo subito cercato di avere figli. ” racconta Chris. La sua amata rimane incinta nel 2006, ma sfortunatamente a causa di un aborto spontaneo perde il bambino, dramma che accade anche nel 2008, suscitando nella povera donna il senso di non sentirsi all’altezza. “Joe continuava a piangere”, ricorda suo marito. I segnali di una depressione erano piuttosto palesi. Nel 2009, suscitato dalla voglia di tornare a vederla sorridere, Chris prenota una vacanza a Dubai e proprio lì, Joanne rimane nuovamente incinta.
Il 18 febbraio 2010, nasce Emily, ma proprio nel momento in cui la spensieratezza e la serenità sembrava essere ritornata nella neo famiglia, mamma e figlia vengono ricoverate per diversi problemi nell’allattamento. Il latte di Joanne non bastava ed Emily continuava a perdere peso, motivo per cui la donna cadde in crisi; il suo malessere era evidente, evidente a tutti ma non ai medici che la definivano stressata e piagnucolosa. La loro unica preoccupazione era l’allattamento e non si curavano di sapere come in realtà si sentisse Joanne. Visitata da un’assistente sanitario, nell’aprile 2010, la donna la pregò di portarla con sè, di aiutarla, ma inutilmente.
Dopo tre giorni, la tragedia. Lasciata la figlia e il marito addormentati, si dirige verso la stazione, si sdraia sui binari e pone fine alla sua sofferenza, una sofferenza rimasta inaccolta da chi è riuscito a trasformare un forte rumore mentale in un grido inascoltato, un grido che continuerà a gridare nella coscienza di ognuno di noi.
Fonte foto: www.vitadamamma.com