Sulla bimba di 5 mesi vestita con un pigiama da coniglietto, trovata sulla costa di Sourman in Libia, vorrei dire e scrivere tanto.
Chi mi conosce sa che questo è un tema a me caro, che seguo da tempo con passione per cercare di raccontare quello che avviene nel Mediterraneo e che lo faccio soprattutto attraverso la voce dei testimoni e con poche opinioni.
Stavolta invece vorrei dire tante cose, raccontare quello che si prova a stare su di un gommone di notte al centro del mare, la paura che si ha ogni volta che si scende in mare (e pensate che noi lo facciamo in sicurezza, con persone esperte) o raccontare che ogni volta che sto sul gommone penso:”qua sotto ci sono 400 metri d’acqua…400 metri…”
Vorrei essere ottimista e dire che le stesse cose che pensavo quando ci fu il caso di Alan Kurdi: che vedendo quella foto i governi avrebbero reagito e aperto le frontiere, i porti e soprattutto le braccia per accogliere chi stava scappando da una guerra combattuta casa per casa. Purtroppo non è così perché se non è successo nel 2015, in piena crisi siriana non può succedere oggi, 5 anni dopo in cui abbiamo ascoltato di un fenomeno che continua ad essere pensato come un’emergenza nonostante sia una costante.
“Perché salgono sui gommoni se sanno che è pericoloso?”“Dovrebbero starsene a casa loro, così non morirebbero”
Questi sono solo due delle tantissime frasi fatte che ormai fanno parte del dibattito interno sui migranti. Un dibattito che è stato avvelenato dalla propaganda politica e dal giornalismo servile di quest’ultima. Salvo qualche rara eccezione i media hanno coperto tanto e male la rotta del Mediterraneo Centrale, a volta in maniera subdola, altre volte in modo palese.
Siamo assuefatti da queste notizie, dal dolore e dalla morte.
Ad ogni naufragio abbiamo sempre meno reazioni, sempre indifferenza.
Un coniglietto di 5 mesi non può morire annegato mentre scappa dalla fame del suo paese e dalla guerra libica. Un coniglietto di 5 mesi non possiamo trovarlo sulla spiaggia, gonfio e sfigurato. Il suo posto doveva essere su di un aereo, in totale sicurezza.
I corridoi umanitari sono l’unica soluzione a questa crisi, politica e umana.
Valerio Nicolosi