Siamo nel 1943, due giovani innamorati, Cannes e il suo lungomare come sfondo: la cornice perfetta per vivere attimi intensi che, in futuro, si sarebbero dimostrati fondamentali per “la presenza di un’assenza ingombrante”.
Luciano Pradolin e Gaby Vincent sono i protagonisti di questo amore dalla tenacia e dalla perseveranza antica, tipica delle epoche dove regnava l’incertezza e la presenza di elementi essenziali, come il cibo, non era scontata. Figuriamoci allora quando si parlava di stabilità sentimentale o del pensare a un futuro insieme.
Due mesi vissuti pienamente e poi il fulmine a ciel sereno: Luciano svela a Gaby che dovrà andare via da Cannes visto che lui è un ufficiale degli alpini inviato in missione. E allora che fare? Riempire i chilometri di distanza con parole, promesse che intrecciano le loro vite in maniera indissolubile.
La cruda verità.
Gaby continuò a scrivergli, a mandargli lettere dove gli raccontava speranze o semplicemente la sua quotidianità fino al 1949, anche se Luciano non le inviava più lettere dal 1945. Quella tenacia che non mette in dubbio la sincerità dei sentimenti, come se nel suo cuore Gaby sapesse che Luciano ancora l’amava. Semplicemente non poteva materialmente rispondere visto che l’11 febbraio 1945 venne ucciso dai nazifascisti che l’avevano fucilato a Udine.
Le lettere che Gaby Vincent e Luciano Pradolin si sono scambiate durante i sei anni sono state raccolte dal giornalista Sigfrido Cescut, grazie soprattutto alla disponibilità del nipote di Luciano, Paolo Grillo, che da tempo teneva “segrete” queste lettere, emblema dell’amore che supera le distanze e soprattutto il tempo.
Tutte le lettere sono state scritte in francese tranne una dove Luciano metteva alla prova le conoscenze che Gaby era riuscita ad acquisire anche grazie ai suoi insegnamenti. La stessa dove le rivela il suo amore, dopo che Gaby gli aveva espresso tutte le sue preoccupazioni visto che non riceveva lettere da quattro mesi: “Mia cara Gaby questa volta per punizione (scherzo) ti scrivo in italiano, così mi esprimo meglio e a te servirà per esercizio. (…) Sto rileggendo la tua lettera, sento che ti amo. Sono sicuro che mi ami, cosa posso chiedere di più dalla vita?“.
“Quando penso a te – prosegue Luciano – cattivi pensieri e preoccupazioni svaniscono, mi resta il profumo dolce del tuo affetto e del tuo amore. Mia piccina perché hai dubitato di me? Perché sei stata così (cattiva) nello scrivermi che se non ti avessi più amata tu ti saresti…Gaby non si ama per essere riamati, ma si ama perché si ama e qualsiasi cosa arrivi, anche l’oblio, chi ama continua ad amare (…). Desidero che tu abbia fiducia illimitata in me. Anche se non dovessero arrivarti più mie notizie, vorrei che tu continuassi a dire: Luciano, sono certa che mi vuol bene e io altrettanto”.
Lo stesso pensiero che ha accompagnato Gaby anche quando riprese a inviargli lettere nel 1945, visto che da fine 1944 Gaby non riceveva più lettere dal suo amato. Lei continuava a mostrarsi fiduciosa, affidandosi al legame che li univa e alle promesse che nei mesi precedenti, si erano scambiati.
Ma il 5 giugno 1945 la donna inizia a manifestare tutta la sua ansia visto che non riceveva, da mesi, nessuna notizia in merito alla salute e alla vita dell’amato: “Apprendo che sono stati ripristinati i collegamenti fra Italia e Francia. Ti ho già scritto molte lettere che non so se ti sono pervenute. (…) Se puoi, dimmi come hai vissuto in questo lungo periodo, anche se tu, malauguratamente per me, puoi essere fidanzato o sposato (…) Io comunque non dimenticherò mai il primo amore che ha colpito il mio cuore. Ti chiedo solo, anche se i tuoi sentimenti sono cambiati, di non lasciare questa lettera senza risposta”.
Gaby era convinta che Luciano non le scrivesse più perché impegnato con un’altra donna mentre la realtà era molto più triste e cruda di quanto potesse immaginare. Luciano l’11 febbraio 1945 era stato fucilato ad Udine, insieme ad altri 22 compagni, durante una sommossa nazifascista.
La verità
Solo quattro anni dopo Gaby si arrenderà al silenzio obbligato di Luciano e così l’11 febbraio 1949 da Philadelphia, dove viveva con l’uomo che ha sposato ovvero un ufficiale statunitense di origine italiana, scrisse l’ultima epistola dai toni più formali ma sempre nostalgici: “E voi caro Luciano? Saranno successe molte cose nella vostra vita. Matrimonio? Bambini? Siete professore di francese? Come lo desideravate quando vi ho incontrato. Sapete, qualche volta ripenso a quell’opera di Puccini, Madama Butterfly, e mi domando perché quel soldato che dice tanto di amarla, parte e non ritorna più… e penso che se io fossi stata al suo posto avrei scritto a Madama Butterfly e mi sarei spiegata, in modo tale che Madama Butterfly avrebbe compreso e accettato con meno amarezza il suo abbandono. (…) Se questa lettera vi arriva, e voi non desiderate rispondermi, semplicemente rispeditela al mio indirizzo e così saprò che, malgrado il vostro silenzio, siete ancora vivo”.
Il nipote di Luciano, Paolo, ha voluto rendere pubblico questo scambio intimo di lettere proprio per riuscire a trovare Gaby così da spiegarle quello che è realmente successo a Luciano e quanto l’amore di quest’ultimo era rimasto immutato fino alla fine dei suoi giorni.
Dorotea Di Grazia