Molto spesso ci sentiamo dire che le favole non esistono, che tutti quei racconti che ci hanno accompagnato durante la nostra infanzia sono solamente frutto della mente di qualche scrittore. Tutto questo, però, cade nel vuoto quando si viene a conoscenza di uomini e donne che hanno vissuto vite fuori dal normale e che ti fanno pensare che forse le favole esistono veramente. Una di queste è la favola di Gilles Villeneuve.
Come tutte le favole, anche questa inizia con un “C’era una volta”, perché adesso Gilles non c’è più, ci ha lasciato in un primaverile pomeriggio di 25 anni fa, facendo quello che amava, sfrecciando a 300 all’ora sulla sua Ferrari rosso fiammante.
A differenza di tanti grandi piloti dell’epoca, Gilles non fa tutta la trafila delle formule minori, ma arriverà in Formula 1 dopo aver gareggiato parecchi anni in Canada con le motoslitte. Questa sua formazione avrà un grande impatto sul suo stile di guida.
Molti potranno chiedersi allora come ha fatto un ragazzo canadese che corre sulle motoslitte ad arrivare a gareggiare nella competizione più importante al mondo. La risposta è semplice: questa è una favola; e come in tutte le favole, il protagonista trova sempre il vecchio saggio pronto ad aiutarlo. Nel caso di Gilles Villeneuve questo vecchio è rappresentato dal mitico Enzo Ferrari.
L’incontro tra Ferrari e Villeneuve è uno di quelli che cambiano la storia di questo sport; non perché Gilles fu un vincente (solo 6 gare vinte in 5 anni di attività), ma perché quello che il pilota canadese faceva in pista era un qualcosa di assurdo, di impossibile, mai visto prima.
Non a caso, Villeneuve fu soprannominato nel paddock, in segno dispregiativo, “l’Aviatore”, per le sua spiccata tendenza di volare fuori pista e di distruggere costantemente la sua Ferrari. Ma il pubblico lo amò e continua ad amarlo proprio per questo, perché era spettacolare, folle ed ogni gara regalava sprazzi di magia pura.
Il momento più alto, più catartico, quello che rappresenta al meglio Gilles Villeneuve è il leggendario duello con Anoux a Digione. I due si diedero battaglia a colpi di frenate impossibili, di sorpassi che una persona normale non avrebbe mai fatto, facendo segnare diverse volte il record della pista.
Ma non vinceva. Non poteva vincere. Villeneuve è il classico antieroe, un Achille dei giorni moderni; bello, amato e odiato allo stesso tempo, e circondato da un’aura di invincibilità. Gilles era l’unico che sfidava continuamente la morte, ci giocava, faceva a gara con lei e, proprio come Achille, vinceva sempre. O quasi.
Se Achille aveva il suo tallone, Gilles Villeneuve aveva l’amicizia; quell’amicizia che lo legava profondamente al compagno di squadra, il francese Didier Pironì. Siamo nel 1982 e Gilles sembra finalmente pronto per vincere quel titolo, per dimostrare a tutti che non è solo un acrobata, per dimostrare che lui è il più grande.
Gran Premio di Imola, 1982. Molti scuderie boicottano la gara, che quindi vede fin da subito un dominio totale delle Ferrari. La scuderia, per evitare rischi inutili, espone il cartello “Slow”, ossia mantenete le posizioni. Pironì, però, interpreta male e inizia un duello con il compagno, duello che lo vedrà prevalere.Villeneuve vedrà questo gesto come un tradimento, non solo da parte di Pironì, ma anche da parte della Ferrari, che doveva sostenerlo nella corsa al titolo e che non prese provvedimenti contro il comportamento del Francese.
Passano due settimane. Gli addetti ai lavori affermano che in quei giorni la tensione in casa Ferrari era a livelli altissimi e ci voleva un niente per scatenare improvvise reazioni di nervosismo. È questo il clima che si respira prima del Gran Premio del Belgio, a Zolder
Durante le prove Gilles è nervoso, non è il solito Gilles che si mangia la pista, che prende in giro la morte. Qualifiche del sabato. Gilles è ottavo e sta per rientrare ai box. Affronta la chicane. E poi tutto nero.
Gilles si scontra con un’altra auto, la March Jochen Mass; la Ferrari compì uno spaventoso volo di 25 metri sfondando il guard-rail e schiantandosi a terra. Villeneuve fu sbalzato fuori dall’abitacolo e volò via, il suo corpo per 50 metri, il suo spirito nella leggenda.
Non morì subito, non poteva. Lottò per tutto il pomeriggio, non accettava di arrendersi alla sua compagna di viaggio, quella nera signora che aveva sempre sconfitto, e che adesso si presentava a chiedere il conto.
Se ne va cosi Gilles Villeneuve. Ma il suo spirito resta. La sua voglia, la sua grinta lo hanno fatto diventare un personaggio immortale, un personaggio che trascende la Formula 1, un personaggio che è entrato nel cuore di milioni di persone.
La favola però non finisce qui; le favole si chiudono sempre con un lieto fine. Questo avviene 15 anni dopo, nel 1997, quando suo figlio Jacques vince il titolo mondiale, portando a compimento l’opera iniziata dal quel folle pilota di nome Gilles Villeneuve.
Francesco Merendino