Laddove la democrazia fallisce, scatta l’epoca della sopravvivenza; una penisola che affonda, la disperazione porta all’illegalità, un’infinita e folle lotta si manifesta, tra ultimi e penultimi.
Succede ieri, Martedì 6 Dicembre, al 5 piano, civico 15, nel quartiere popolare di San Basilio, nella periferia di Roma.
Alcuni cittadini scendono in strada, per impedire ad una famiglia marocchina d’insediarsi nella casa popolare che gli era stata assegnata.
Fino a poche ore prima, si legge sui giornali, l’appartamento era stato sgomberato da occupanti abusivi.
Chi? Non è importante, i penultimi non sono altro che numeri; senza volti, coscienze, speranze, anime vive, cuori pulsanti.
“Non vogliamo stranieri, tornatevene a casa con il gommone”.
Queste le parole dei cittadini che, scendendo in strada, hanno protestato, bloccando l’accesso al civico 15 per evitare che la malcapitata famiglia vi accedesse.
Cattiveria, rabbia, intolleranza; di certo, ancora una volta, non abbiamo brillato di accoglienza, fratellanza, famigliarità. Ma come darci torto?
E’ più facile imitare l’odio e unirsi all’ostilità; è più facile rischiare il linciaggio mediatico, abbracciare la chiusura, peccare di egoismo e vigliaccheria, piuttosto che mostrare i propri limiti e le vere fragilità, che mettono in ginocchio un’Italia intera.
Da un lato vediamo una famiglia marocchina come tante altre, tre bambini piccoli, spaventati da un disagio, un mondo peccaminoso ed imperfetto, che sono costretti a conoscere troppo presto. Una mamma e un papà abituati ad essere cacciati, ignorati, marginali ed invisibili, come il colore della loro pelle scura, come la terra.
Da un altro, uno sguardo iniettato di rabbia, quella rabbia dettata dalla disperazione. Una giacca a vento anonima, il volto solcato da due occhiaie profonde, ed inevitabili segni del tempo. Un marcato accento romano, una causa comune, uno sconforto, che nasce dal profondo delle viscere; l’odio, verso lo un Paese promette di aiutarci, e poi ci volta le spalle. E quella democrazia che ormai non è più nient’altro che un bel termine.
[http://video.repubblica.it/edizione/roma/barricate-a-san-basilio-l-occupante-abusivo-vivo-da-tre-anni-in-un-camper/261785/262116] _ Qui il link del video dove parla l’uomo sopra descritto, apparso sulla Repubblica in data di ieri, 5 Dicembre.
“Dietro la rivolta razzista ci potrebbe essere il racket delle occupazioni abusive…”
Non è certo la prima volta che la disperazione spinge all’illegalità.
Vogliamo davvero aprire gli occhi su quella che rappresenta ormai una faglia profonda e vuota del nostro Paese?
Chi siamo noi per decidere chi merita di vivere e chi meno?
“Gli chiamano gli esclusi, non sono necessariamente poveri, neppure quantitativamente, tanto meno professionalmente; hanno semplicemente un auto immagine d’impoverimento sociale, civile, morale”.
_(“La sottile linea rossa” di Ezio Mauro, “La Repubblica” del 20 Novembre).
Sono i potatori della verità che grida nuda nella notte che la democrazia ha definitivamente fallito. Sono i penultimi, una grande fetta di popolazione invisibile e muta, che non ha fiato in gola, ha perso le parole, ha conosciuto la vergogna e l’umiltà, possiede ricordi preziosi di ciò che è stata, e ha sguardi profondi, capaci di trapanare l’asfalto. Ma non la nostra indifferenza.
E’ la povertà, quella parola che ci vergogniamo a pronunciare, che popola le nostre strade, gli angoli, i portici; è quella faglia dormiente che riposa sotto ai nostri campanelli, lungo i nostri marciapiedi.
Chi siamo noi per decidere chi merita di vivere e chi meno?
“La distanza di chi sta in alto e chi precipita, gli integrati e gli espulsi, è aumentata fino a diventare una vera e propria frattura sociale. Intere parti di società, di generazioni, di ceti, stanno sperimentando un naufragio silenzioso con l’onda di crisi che li sopravanza, fino a sommergerli. La divaricazione epocale tra i privilegiati, che vivono nello spazio sovranazionale dei flussi finanziari e dei flussi d’informazione, e dei dannati che abitano il sottosuolo degli stati nazionali, diventa incolmabile”.
_(“La sottile linea rossa” di Ezio Mauro, “La Repubblica” del 20 Novembre).
La democrazia ha fallito e viviamo in balia di un’infinita guerra tra ultimi e penultimi.