Ukiyo-e, il magico “mondo fluttuante” della pittura giapponese

Utagawa Hiroshige, Crossing the Ōi river

Ukiyo-e (浮世絵) non è solo l’ennesima parola giapponese assorbita dagli appassionati di questa affascinante cultura. È un modo di vedere il mondo, di rappresentarlo, di sentirlo. Sfuggente, impetuoso, onirico. Immagini di mondo fluttuante, appunto. Perché è questo che vuol dire ukiyo-e. Storie di un mondo inafferrabile e allo stesso tempo tangibile, che nuota leggiadro tra splendidi paesaggi, bellissime donne e racconti di vita quotidiana che scorre. Prodotto di una cultura giovanile in grande fermento artistico, questa particolare corrente si sviluppò all’interno del periodo Edo (1603-1868). Un’era passata alla storia per la saga dei Tokugawa, famiglia di potenti shōgun che controllò il Giappone per oltre due secoli e mezzo. Fu proprio l’impatto forzato col mondo occidentale, che ruppe il secolare isolamento in cui si era chiuso il paese, a segnare l’agonia dello shōgunato e la proiezione nella modernità. Queste due fasi (Edo e il successivo periodo Meiji) segnarono l’avvento e il successo dell’ukiyo-e. Da tecnica pittorica interna alla cultura giapponese, divenne a partire dalla fine del XIX secolo fonte d’ispirazione per i grandi artisti europei.




UKIYO-E NEL PERIODO EDO

L’avvento dei Tokugawa avviò una lunga era contrassegnata da una certa stabilità. Il sistema di potere era fortemente gerarchizzato, e la società si reggeva su un modello di tipo feudale. Al vertice della piramide vi era il potente shōgun, una sorta di signore della guerra, rispettato e temuto per capacità personali e militari. Durante il periodo Edo l’imperatore fu ridotto ad una figura secondaria. Nella prima fase di quest’epoca, il Giappone conobbe un forte incremento degli scambi commerciali che portò anche ad alcuni contatti anche con gli europei (i primi risalgono alla metà del XVI secolo). Questa situazione complessivamente favorì l’urbanizzazione. Le città divennero centri culturali e di piacere abbastanza indipendenti e stimolanti rispetto al resto del Giappone non sviluppato.

N.59 dalla serie Cento vedute  famose di Edo, di Hiroshige (1856)

È in questo solco che nasce l’ukiyo-e. I progressi commerciali e sociali di questa fase crearono una ricca classe borghese che richiedeva agli artisti opere nuove: Più vicine alla realtà e allo stesso tempo emotivamente coinvolgenti, non necessariamente legate alla tradizione. Immagini di un mondo fluttuante. Le illustrazioni dell’ukiyo-e venivano realizzate tramite stampe su tavolette di legno. Esse servivano inizialmente per essere inserite nei libri. Rappresentavano in genere paesaggi, persone, mestieri, animali e scene di vita quotidiana o del teatro kabuki.  Il grande successo fece diventare questi disegni indipendenti dai testi che li ospitavano. Il procedimento per realizzare un’opera era abbastanza complesso e per questo prevedeva più fasi e diversi ruoli (disegnatore, intagliatore, stampatore, ecc). Questo fattore contribuì a far fiorire importanti scuole, come quella Hishikawa, Kano, Utagawa e Torii.

 

I MAESTRI

Ancora oggi in Occidente quando si parla in generale di arte giapponese e in particolare di ukiyo-e, si pensa subito Katsuhika Hokusai (1760-1849).  Tra le sue  opere più conosciute si menzionano le celebri trentasei vedute del monte Fuji e la Grande onda di Kanagawa, Il maestro giapponese è conosciuto anche per i suoi haiku (componimenti poetici), per i racconti, per i manga (una raccolta di schizzi), per le stampe shunga (illustrazioni “per adulti”) e per una miriade di altre produzioni nate nella sua lunghissima carriera. Ma non fu l’unico ad eccellere in questa affascinante corrente artistica. Kitagawa Utamaro (1753-1806) ci ha lasciato splendide illustrazioni femminili (conosciute come bijin-ga), che nel tempo hanno influenzato anche l’ideale di bellezza giapponese percepita dal resto del mondo. Produsse moltissime xilografie e dipinti, avendo come tema preferito storie d’amore e donne dalla bellezza divina. Il suo stile ebbe un enorme impatto sugli impressionisti europei nel XIX secolo.

Un bellissimo esempio di bijin-ga prodotto da Utamaro (1797)

Molto successo in Europea ebbero anche le opere di Utagawa Hiroshige (1797-1858), considerato insieme a Hokusai uno dei maggiori esponenti dell’ukiyo-e, nonché altrettanto conosciuto fuori dal Giappone. In Luoghi famosi della capitale orientale e in Cento vedute famose di Edo, Hiroshige ritrae alcuni degli scorci più suggestivi dell’antica Edo (l’attuale Tokyo). Alcuni suoi dipinti colpirono Vincent Van Gogh a tal punto che il pittore olandese decise di replicarli in una propria versione. I tre maestri dell’ukiyo-e citati sono considerati i maggiori artisti di questa corrente, nonché i più influenti. Ma anche le opere di altri pittori fecero sognare sia i connazionali e che gli stranieri:  Hishikawa Moronobu, Torii Kiyonaga, Utagawa Kuniyoshi, Nishikawa Sukenobu e Tsukiyoka Yoshitoshi.

 

IL SUCCESSO IN EUROPA

Le prime opere ukiyo-e realizzate nel periodo Edo giunsero in Europa grazie ai mercanti olandesi, gli unici europei autorizzati a commerciare con i giapponesi durante il sakoku. Quest’ultimo fu un periodo di semi-isolamento dal mondo esterno stabilito dalla famiglia Tokugawa nel 1641. Probabilmente, tale scelta drastica fu dovuta ai disordini interni causati dalle minoranze giapponesi cristiane, convertite nel tempo dai gesuiti provenienti principalmente da Italia e Portogallo. Il sakoku fu violato con la forza dalle “navi nere” del commodoro statunitense Matthew Perry nel 1853. Successivamente, l’avvento della Restaurazione Meiji avvicinò definitivamente il Giappone e l’Occidente. In quella fase gli scambi commerciali e (di conseguenza) culturali tra le parti furono molto intensi. Questo permise a molte opere artistiche prodotte dai maestri giapponesi di circolare liberamente in Europa.

Replica di Van Gogh del 1887 di un dipinto del 1857 di Hiroshige

L’enorme interesse suscitato da questa affascinante e misteriosa cultura portò molti grandi artisti europei ad interessarsi del Giappone. Il fenomeno è conosciuto come Japonisme e si rinviene soprattutto nella pittura. Van Gogh, Manet, Monet, Klimt, Gauguin, Degas e Toulouse-Lautrec furono solo alcuni dei pittori che subirono il fascino degli artisti giapponesi. Il termine fu coniato dal critico d’arte francese Philippe Burty nel 1872. La curiosità per il mondo giapponese interessò anche la letteratura, l’architettura e l’arredamento. Un forte contributo fu dato anche dalle prime esposizioni nei grandi musei occidentali, come quelle tenute dal British Museum di Londra e dal Museum of fine arts di Boston nel XIX secolo.

 

 

 

 

 

Mario Rafaniello

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