Il Giappone è un paese bellissimo e ricco di tradizioni. Una delle più antiche è la pesca con i cormorani, scoperta questa estate, per caso, durante il mio viaggio in terra nipponica.
Arashiyama è un piccolo paese nei pressi di Kyoto, noto soprattutto per la riserva delle scimmie di Iwatayama, in cui i macao sono liberi e gli uomini in gabbia. E, passeggiando al tramonto, lungo il fiume Oi, ho assistito all’Ukai.
Essere spettatrice di un tale evento ti lascia senza parole e così, stupefatta, ho guardato quei pescatori che con le loro barchette di bambù, le lanterne infuocate e i cormorani lasciavano la riva per dirigersi verso acque più profonde.
La prima cosa che salta all’occhio è il fuoco, le scintille che divampano contro il rosso del tramonto e le ombre dei pescatori sullo sfondo. Intorno solo silenzio e il pubblico che ammira attentamente ogni mossa dell’equipaggio.
Si rimane affascinati fin da subito, già nella preparazione. I cormorani, addestrati alla pesca, sono legati al collo da una corda che gli impedisce di inghiottire le prede più grandi, lasciando passare quelle più piccole. In seguito su ogni barca salgono tre pescatori, il maestro (Usho), l’aiutante (Nakanori) e il guidatore (Tomonori), vestiti di tutto punto con gli abiti della tradizione: lo yukata nero, il cappello di paglia o una fascia nera che cinge la testa.
Dopo aver preparato il necessario gli uccelli vengono gettati in acqua e sono in grado di raggiungere oltre i 6 metri di profondità, inghiottendo, in un solo viaggio, fino a sei pesci.
L’Ukai esiste da 1500 anni in Giappone e si tramanda di padre in figlio. I pescatori hanno il patrocinio dell’Imperatore, tanto da avere la qualifica di funzionari statali della Casa Imperiale e al maestro spetta il compito di tenere viva la tecnica. La bravura del pescatore consiste nel massaggiare il collo del volatile in modo da fargli rigettare il pesce in un secchio.
L’arte, importata dalla Cina, era praticata molto più spesso, oggi ha una connotazione più turistica. Infatti, pagando un biglietto, è possibile seguire i pescatori con una barca, da cui è facilmente visibile l’esperienza. In particolar modo ad Arashiyama, l’ukai si pratica da Luglio a Settembre. La zona più famosa del Giappone in cui la tecnica si attua è a Gifu, sul fiume Nagaragawa, ma ci sono altre zone in cui poter partecipare.
Dopo aver assistito all’evento mi sono documentata e ho trovato che la tecnica, oggi, è molto criticata dagli animalisti che la ritengono essere una forma di maltrattamento verso i cormorani. Di certo gli uccelli vengono addestrati per fare questo, ma in ogni caso già in natura si sono adattati all’ambiente acquatico grazie alle loro capacità visive e alla permeabilità delle piume.
L’evento è spettacolare e, essendo totalmente immersi nel buio e in un’atmosfera sospesa nel tempo, quell’effetto “circense cattivo” non viene percepito dall’osservatore, ipnotizzato nel vedere questi anziani pescatori che danzano sul fiume mentre si ammira l’uscita dei cormorani dall’acqua che, nel buio della notte, spiegano con forza le ali per asciugare più in fretta le piume.
Laura D’Arpa