Il parlamento inglese ha approvato in via definitiva il Piano Ruanda, fortemente voluto dal Primo Ministro conservatore Rishi Sunak, che prevede la deportazione dei migranti clandestini nello stato africano come deterrente per il fenomeno globale dell’immigrazione
Dopo uno stallo legislativo durato mesi, nella notte di lunedì il parlamento bicamerale inglese ha approvato in via definitiva il Piano Ruanda, o Rwanda Bill, che prevede la deportazione forzata dei migranti clandestini nello stato dell’Africa centrale in attesa della valutazione di ciascuna richiesta di asilo. La legge, per diventare effettiva, deve essere ufficialmente promulgata da Re Carlo III, che potrebbe procedere già nella giornata di oggi. I primi voli verso il continente africano, inizialmente previsti per il mese di maggio, a detta del Primo Ministro Rishi Sunak potrebbero partire indicativamente dal prossimo luglio.
Che cosa prevede il “Rwanda Bill”: le parole di Sunak
La legge è da anni fortemente voluta dal Primo Ministro Sunak, appartenente al Partito Conservatore, e prevede un accordo quinquennale con lo stato africano del Ruanda affinché gli immigrati che sbarcano nel Regno Unito vengano imbarcati su voli transcontinentali pagati con soldi pubblici. Una volta in Ruanda, le richieste di asilo verranno messe al vaglio: in caso di esito positivo, il clandestino potrà guadagnare lo status giuridico di rifugiato e restare in Ruanda non più clandestinamente; al contrario, qualora si dovesse andare incontro a esito negativo, il richiedente asilo potrà fare richiesta ad altri stati ritenuti “sicuri” per non subire il rimpatrio.
In nessun caso, i migranti potranno tornare nel Regno Unito.
In una conferenza stampa tenutasi lunedì mattina a Londra, Sunak ha definito la legge «un deterrente sistematico» per fermare gli sbarchi e per risolvere il problema globale dell’immigrazione, affermando che «il successo di questa operazione non si basa su un solo volo, ma su un processo continuo e incessante che prevede il trasferimento di persone in Ruanda con un ritmo regolare di molteplici voli ogni mese, fino a quando gli sbarchi non saranno fermati».
Il parlamento inglese supera lo stallo legislativo
Sunak aveva annunciato che la sessione parlamentare non sarebbe terminata fino al raggiungimento di un accordo riguardo il Piano Ruanda, «senza se e senza ma», e così è stato: l’accordo e l’approvazione in via definitiva sono stati raggiunti nella notte di lunedì, dopo ore di seduta.
La legge era infatti in discussione in parlamento da mesi a causa dell’ostracismo da parte dei parlamentari laburisti della Camera dei Lord, che rimandavano continuamente al mittente la stesura del testo di legge con continue proposte di emendamento, esprimendo preoccupazione per la potenziale violazione dei diritti umani e del diritto internazionale.
Per la stessa ragione, la legge era stata bloccata dalla Corte europea dei Diritti dell’uomo: nel 2022, il primo Boeing contenente clandestini deportati stava per decollare da un aeroporto militare nel Wiltshire. Meno di due ore prima della partenza, la Corte Europea era intervenuta a bloccare la deportazione per uno degli uomini caricati, scatenando un effetto a catena sugli altri “passeggeri” e bloccando così definitivamente il volo. Il Boeing 767 che ospitava quel primo volo era costato allo stato britannico circa 500.000 sterline.
Non solo: nel novembre 2023 la Corte Suprema del Regno Unito aveva stabilito che la deportazione in Ruanda fosse illegale, in quanto lo stato in questione non può essere definito “sicuro” a livello giuridico e quindi non può accogliere richiedenti asilo. Inoltre, si correrebbe il rischio di rimpatriare cittadini ruandesi che andrebbero così incontro a ripercussioni legali e detenzione. L’operazione violerebbe quindi la Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), firmata anche dal Regno Unito.
Il parlamento si è quindi immediatamente attivato per specificare attraverso un emendamento che il Ruanda sia invece un paese sicuro, sottolineando che si eviterà in tutti i modi il rimpatrio per i clandestini, e trovando così l’accordo per procedere all’approvazione.
I costi elevatissimi del Piano Ruanda: l’indagine NAO
Un’altra ragione che ha causato un continuo rinvio della proposta di legge è stata l’elevatissimo costo dell’operazione di deportazione sistematica.
Secondo un’indagine del National Audit Office (NAO), organo britannico indipendente che opera per revisionare la spesa pubblica, il costo per ogni immigrato deportato in Ruanda sarebbe di 170.000 sterline, circa 200.000 euro.
Il NAO specifica che tra UK e Ruanda è stato siglato un accordo di Trasformazione Economica e Fondo di Integrazione (ETIF), che prevede il versamento da parte del Regno Unito di una somma di denaro indipendente dal numero dei clandestini trasferiti in Ruanda, che contribuirà a sostenere lo sviluppo e la crescita economica del Ruanda.
L’accordo prevede il versamento di 370 milioni di sterline – circa 430 milioni di euro – con un’aggiunta di 20.000 sterline per ogni persona accolta e una somma aggiuntiva forfettaria di 120 milioni una volta raggiunto il numero di 300 migranti ricollocati.
Dall’indagine emerge che attualmente sono stati spesi 220 milioni di sterline per l’attuazione del progetto tra aprile 2022 e aprile 2023, e altri 150 milioni verranno spesi fino al 2026, arrivando così alla cifra prestabilita dall’ETIF.
Rishi Sunak è artefice di un’operazione de-umanizzante
Appare chiaro lo scopo di Sunak: liberarsi in modo sistematico e de-umanizzante dei migranti, trasferendoli come pedine da un continente all’altro, senza curarsi in alcun modo delle condizioni critiche in cui spesso essi sbarcano, dopo aver attraversato la Manica rischiando la morte su piccole imbarcazioni per cercare una vita migliore.
I migranti rappresentano invece una ricchezza per lo stato che accoglie: multiculturalità, forza lavoro, spinta alla natalità del paese. Niente sembra però fermare la spinta conservatrice del parlamento britannico, che vuole lottare contro questo fenomeno, cercando di arginarlo ed eliminarlo invece di comprenderlo.
Fino a che il primo volo non decollerà dal Regno Unito, resta la speranza che un’intervento a livello internazionale blocchi questa pratica disdicevole e non accettabile all’interno della società contemporanea.
Michela Di Pasquale