Certamente, l’invasione russa dell’Ucraina nel 2022 ha rivitalizzato definitivamente la NATO, portando in dote all’Alleanza il 31esimo membro, la Finlandia, che ha deciso di abbandonare decenni di non allineamento militare per preservare la propria sovranità. L’ingresso di Helsinki è stato ratificato pochi mesi fa e ora anche un altro paese del gruppo dei Baltici, la Svezia, potrebbe seguire lo stesso percorso.
L’idea di una NATO globale: una contraddizione in termini?
Nel 1949, quando l’Alleanza Atlantica vide la luce per la prima volta, lo scopo dichiarato di Washington era costruire una rete di controllo militare americana in Europa, per fronteggiare l’Unione sovietica. Oggi, invece, a distanza di settantaquattro anni da quegli eventi, gli Usa sanno bene che il fronte europeo-atlantico non rappresenta più il centro del mondo e che la loro sicurezza nazionale è sempre più legata a ciò che accade nell’area del Pacifico orientale.
Non è un caso, infatti, se la proiezione dell’Alleanza al di fuori dei confini e delle aree storiche di interesse, sia plasticamente rappresentata dalla presenza dei partner dell’area dell’Indo-Pacifico: Australia, Nuova Zelanda, Giappone e Sud Corea.
Con l’idea di una NATO globale, gli Stati Uniti vogliono estendere l’area di azione dell’Alleanza Atlantica fino all’Indo-Pacifico, coinvolgendo nei loro piani di difesa nazionale tutti i loro partner asiatici. Nel disegno di una NATO globale, Giappone e Polonia rappresentano gli alleati principali di Washington.
Per quanto riguarda l’area del Pacifico, Tokyo dovrebbe svolgere una funzione equivalente a quella di Varsavia sul fronte europeo: il primo sarebbe, infatti, impegnato nella sfida con la Cina mentre la seconda nella guerra in Ucraina e nel confronto con la Russia.
Ovviamente, in questa nuova versione globale dell’Alleanza, l’aggettivo “Atlantico” non avrebbe più molto senso, poiché i partner di Washington sarebbero sparsi lungo una linea che si muove progressivamente dall’Europa sino al Pacifico orientale.
Tuttavia, l’idea di un’Alleanza Atlantica globale, lungi dal rappresentare una contraddizione in termini sul piano logico e linguistico, sancisce di fatto la volontà degli Stati Uniti di pensarsi sempre più come Nazione-mondo che punta al controllo totale della rete oceanica mondiale.
Il piano di Washington per l’Asia-Pacifico
Dietro alla costruzione di una NATO globale, c’è ovviamente la consapevolezza americana che Pechino sia ormai diventata una potenza in grado di influenzare la politica, l’economia, la cultura e la sicurezza in ogni angolo del mondo. Tuttavia, il concetto Strategico alla base dell’ampliamento dell’Alleanza Atlantica a tutto il pianeta, non prevede la costituzione formale di un apparato simile a quello messo in piedi in Europa nel 1949.
Per il momento, la priorità immediata resta pur sempre il conflitto in Ucraina e la capacità strategica e militare degli alleati europei dell’Alleanza sarà impiegata per monitorare Mosca. A livello informale, però, gli Usa stanno cercando di coordinare le forze alleate dei partner europei con quelli dell’area dell’Indo-Pacifico, dove Washington sembrerebbe aver già scelto il proprio campione: il Giappone, potenza militare non dichiarata con una flotta aerea seconda soltanto a quella Usa.
Prova ne è il fatto che gli Usa, negli ultimi anni, hanno spinto gli alleati europei della NATO a stringere accordi commerciali e partnership strategiche sempre più estensive con Tokyo. Nel 2019, l’Unione europea ha ratificato un maxi accordo di libero scambio con il Giappone, l’EPA (Economic Partnership Agreement) che ha dato vita alla più ampia zona di libero scambio al mondo, coinvolgendo in buona parte anche l’Italia. In occasione del vertice di Vilnius, il segretario dell’Alleanza Atlantica, Stoltenberg, ha incontrato i leader dei Paesi del cosiddetto AP4 (Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda), stringendo con essi importanti accordi bilaterali che hanno fatto infuriare Pechino, sempre più insofferente verso la crescente ingerenza della NATO nella propria sfera d’influenza.
Ad oggi, la strategia americana nell’area dell’Indo-Pacifico ha già prodotto considerevoli successi, portando Giappone e Corea del Sud dalla Parte di Washington. Perciò, non escluso che nel prossimo futuro il braccio armato degli Usa nell’Indo-Pacifico possa integrarsi stabilmente con le forze armate degli alleati europei, realizzando l’interoperabilità militare auspicata da Stoltenberg a Vilnius
D’altronde, la NATO non è mai stata un’organizzazione monolitica proprio perché dipendente dalle ambizioni americane. E oggi, più che mai, la necessità di Washington di attrarre a sé quei paesi desiderosi di svincolarsi dalla sfera d’influenza russa e cinese, potrebbe rappresentare un fattore decisivo per la costruzione di un organismo militare fluido in grado non solo di blindare il Baltico e l’Artico per bloccare le sortite russe sul fronte europeo, ma di contenere efficacemente anche l’avanzata cinese sul versante dell’Indo-Pacifico.
L’idea di una NATO globale: una contraddizione in termini?
Nel 1949, quando l’Alleanza Atlantica vide la luce per la prima volta, lo scopo dichiarato di Washington era costruire una rete di controllo militare americana in Europa, per fronteggiare l’Unione sovietica. Oggi, invece, a distanza di settantaquattro anni da quegli eventi, gli Usa sanno bene che il fronte europeo-atlantico non rappresenta più il centro del mondo e che la loro sicurezza nazionale è sempre più legata a ciò che accade nell’area del Pacifico orientale.
Non è un caso, infatti, se la proiezione dell’Alleanza al di fuori dei confini e delle aree storiche di interesse, sia plasticamente rappresentata dalla presenza dei partner dell’area dell’Indo-Pacifico: Australia, Nuova Zelanda, Giappone e Sud Corea.
Con l’idea di una NATO globale, gli Stati Uniti vogliono estendere l’area di azione dell’Alleanza Atlantica fino all’Indo-Pacifico, coinvolgendo nei loro piani di difesa nazionale tutti i loro partner asiatici. Nel disegno di una NATO globale, Giappone e Polonia rappresentano gli alleati principali di Washington.
Per quanto riguarda l’area del Pacifico, Tokyo dovrebbe svolgere una funzione equivalente a quella di Varsavia sul fronte europeo: il primo sarebbe, infatti, impegnato nella sfida con la Cina mentre la seconda nella guerra in Ucraina e nel confronto con la Russia.
Ovviamente, in questa nuova versione globale dell’Alleanza, l’aggettivo “Atlantico” non avrebbe più molto senso, poiché i partner di Washington sarebbero sparsi lungo una linea che si muove progressivamente dall’Europa sino al Pacifico orientale.
Tuttavia, l’idea di un’Alleanza Atlantica globale, lungi dal rappresentare una contraddizione in termini sul piano logico e linguistico, sancisce di fatto la volontà degli Stati Uniti di pensarsi sempre più come Nazione-mondo che punta al controllo totale della rete oceanica mondiale.
Il piano di Washington per l’Asia-Pacifico
Dietro alla costruzione di una NATO globale, c’è ovviamente la consapevolezza americana che Pechino sia ormai diventata una potenza in grado di influenzare la politica, l’economia, la cultura e la sicurezza in ogni angolo del mondo. Tuttavia, il concetto Strategico alla base dell’ampliamento dell’Alleanza Atlantica a tutto il pianeta, non prevede la costituzione formale di un apparato simile a quello messo in piedi in Europa nel 1949.
Per il momento, la priorità immediata resta pur sempre il conflitto in Ucraina e la capacità strategica e militare degli alleati europei dell’Alleanza sarà impiegata per monitorare Mosca. A livello informale, però, gli Usa stanno cercando di coordinare le forze alleate dei partner europei con quelli dell’area dell’Indo-Pacifico, dove Washington sembrerebbe aver già scelto il proprio campione: il Giappone, potenza militare non dichiarata con una flotta aerea seconda soltanto a quella Usa.
Prova ne è il fatto che gli Usa, negli ultimi anni, hanno spinto gli alleati europei della NATO a stringere accordi commerciali e partnership strategiche sempre più estensive con Tokyo. Nel 2019, l’Unione europea ha ratificato un maxi accordo di libero scambio con il Giappone, l’EPA (Economic Partnership Agreement) che ha dato vita alla più ampia zona di libero scambio al mondo, coinvolgendo in buona parte anche l’Italia. In occasione del vertice di Vilnius, il segretario dell’Alleanza Atlantica, Stoltenberg, ha incontrato i leader dei Paesi del cosiddetto AP4 (Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda), stringendo con essi importanti accordi bilaterali che hanno fatto infuriare Pechino, sempre più insofferente verso la crescente ingerenza della NATO nella propria sfera d’influenza.
Ad oggi, la strategia americana nell’area dell’Indo-Pacifico ha già prodotto considerevoli successi, portando Giappone e Corea del Sud dalla Parte di Washington. Perciò, non escluso che nel prossimo futuro il braccio armato degli Usa nell’Indo-Pacifico possa integrarsi stabilmente con le forze armate degli alleati europei, realizzando l’interoperabilità militare auspicata da Stoltenberg a Vilnius
D’altronde, la NATO non è mai stata un’organizzazione monolitica proprio perché dipendente dalle ambizioni americane. E oggi, più che mai, la necessità di Washington di attrarre a sé quei paesi desiderosi di svincolarsi dalla sfera d’influenza russa e cinese, potrebbe rappresentare un fattore decisivo per la costruzione di un organismo militare fluido in grado non solo di blindare il Baltico e l’Artico per bloccare le sortite russe sul fronte europeo, ma di contenere efficacemente anche l’avanzata cinese sul versante dell’Indo-Pacifico.
Tommaso Di Caprio