Il vertice di Vilnius ha riportato all’attenzione l’idea di una NATO globale, pronta ad intervenire in ogni scenario di crisi sul pianeta. Durante il summit, il segretario dell’Alleanza Atlantica, Jens Stoltenberg, ha ribadito che in futuro il tema della sicurezza avrà una portata globale e la NATO non può farsi trovare impreparata. Nelle intenzioni di Washington, l’allargamento della sfera d’azione della NATO globale, consentirebbe agli alleati europei di coordinarsi al meglio con i partner dell’Indo-pacifico per contenere l’espansionismo cinese.
Durante l’ultimo vertice NATO tenuto a Vilnius, tra i leader dei 31 paesi membri dell’alleanza ha ripreso quota l‘idea di una NATO globale, pronta ad intervenire anche nell’area dell’Asia-Pacifico, dove negli ultimi anni la Cina ha intensificato i propri sforzi per imporsi come potenza regionale egemone.
La volontà sempre più universalistica dell’alleanza militare – nata nel 1949 su iniziativa degli Stati Uniti in funzione anti-sovietica- è stata ribadita anche dal segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, all’apertura del vertice nella capitale lituana, con un messaggio rivolto a tutti gli alleati: “La sicurezza non è regionale, ma globale e dobbiamo stare insieme”.
Le parole di Stoltenberg suonano come un’esortazione, più o meno esplicita, per i 31 paesi alleati, a non soffermarsi in maniera miope sul fronte originario di competenza dell’Alleanza, la regione nord-atlantica, ma ad allargare lo sguardo verso la regione del Pacifico, perché è da quella parte del mondo che potrebbero arrivare le sfide più complicate nel prossimo futuro.
La guerra in Ucraina e il ricompattamento della NATO
L’idea di una NATO globale: una contraddizione in termini?
Nel 1949, quando l’Alleanza Atlantica vide la luce per la prima volta, lo scopo dichiarato di Washington era costruire una rete di controllo militare americana in Europa, per fronteggiare l’Unione sovietica. Oggi, invece, a distanza di settantaquattro anni da quegli eventi, gli Usa sanno bene che il fronte europeo-atlantico non rappresenta più il centro del mondo e che la loro sicurezza nazionale è sempre più legata a ciò che accade nell’area del Pacifico orientale.
Non è un caso, infatti, se la proiezione dell’Alleanza al di fuori dei confini e delle aree storiche di interesse, sia plasticamente rappresentata dalla presenza dei partner dell’area dell’Indo-Pacifico: Australia, Nuova Zelanda, Giappone e Sud Corea.
Con l’idea di una NATO globale, gli Stati Uniti vogliono estendere l’area di azione dell’Alleanza Atlantica fino all’Indo-Pacifico, coinvolgendo nei loro piani di difesa nazionale tutti i loro partner asiatici. Nel disegno di una NATO globale, Giappone e Polonia rappresentano gli alleati principali di Washington.
Per quanto riguarda l’area del Pacifico, Tokyo dovrebbe svolgere una funzione equivalente a quella di Varsavia sul fronte europeo: il primo sarebbe, infatti, impegnato nella sfida con la Cina mentre la seconda nella guerra in Ucraina e nel confronto con la Russia.
Ovviamente, in questa nuova versione globale dell’Alleanza, l’aggettivo “Atlantico” non avrebbe più molto senso, poiché i partner di Washington sarebbero sparsi lungo una linea che si muove progressivamente dall’Europa sino al Pacifico orientale.
Tuttavia, l’idea di un’Alleanza Atlantica globale, lungi dal rappresentare una contraddizione in termini sul piano logico e linguistico, sancisce di fatto la volontà degli Stati Uniti di pensarsi sempre più come Nazione-mondo che punta al controllo totale della rete oceanica mondiale.
Il piano di Washington per l’Asia-Pacifico
Dietro alla costruzione di una NATO globale, c’è ovviamente la consapevolezza americana che Pechino sia ormai diventata una potenza in grado di influenzare la politica, l’economia, la cultura e la sicurezza in ogni angolo del mondo. Tuttavia, il concetto Strategico alla base dell’ampliamento dell’Alleanza Atlantica a tutto il pianeta, non prevede la costituzione formale di un apparato simile a quello messo in piedi in Europa nel 1949.
Per il momento, la priorità immediata resta pur sempre il conflitto in Ucraina e la capacità strategica e militare degli alleati europei dell’Alleanza sarà impiegata per monitorare Mosca. A livello informale, però, gli Usa stanno cercando di coordinare le forze alleate dei partner europei con quelli dell’area dell’Indo-Pacifico, dove Washington sembrerebbe aver già scelto il proprio campione: il Giappone, potenza militare non dichiarata con una flotta aerea seconda soltanto a quella Usa.
Prova ne è il fatto che gli Usa, negli ultimi anni, hanno spinto gli alleati europei della NATO a stringere accordi commerciali e partnership strategiche sempre più estensive con Tokyo. Nel 2019, l’Unione europea ha ratificato un maxi accordo di libero scambio con il Giappone, l’EPA (Economic Partnership Agreement) che ha dato vita alla più ampia zona di libero scambio al mondo, coinvolgendo in buona parte anche l’Italia. In occasione del vertice di Vilnius, il segretario dell’Alleanza Atlantica, Stoltenberg, ha incontrato i leader dei Paesi del cosiddetto AP4 (Giappone, Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda), stringendo con essi importanti accordi bilaterali che hanno fatto infuriare Pechino, sempre più insofferente verso la crescente ingerenza della NATO nella propria sfera d’influenza.
Ad oggi, la strategia americana nell’area dell’Indo-Pacifico ha già prodotto considerevoli successi, portando Giappone e Corea del Sud dalla Parte di Washington. Perciò, non escluso che nel prossimo futuro il braccio armato degli Usa nell’Indo-Pacifico possa integrarsi stabilmente con le forze armate degli alleati europei, realizzando l’interoperabilità militare auspicata da Stoltenberg a Vilnius
D’altronde, la NATO non è mai stata un’organizzazione monolitica proprio perché dipendente dalle ambizioni americane. E oggi, più che mai, la necessità di Washington di attrarre a sé quei paesi desiderosi di svincolarsi dalla sfera d’influenza russa e cinese, potrebbe rappresentare un fattore decisivo per la costruzione di un organismo militare fluido in grado non solo di blindare il Baltico e l’Artico per bloccare le sortite russe sul fronte europeo, ma di contenere efficacemente anche l’avanzata cinese sul versante dell’Indo-Pacifico.
Tommaso Di Caprio