Cosa ha fatto Mussolini? Tutte le bugie del fascismo

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Tutti abbiamo un amico, un conoscente o un parente che su Facebook o nella vita reale ammorba gli altri con le solite quattro bugie del Fascismo. Le pensioni. I lavoratori. E la tredicesima. Per non parlare delle bonifiche. Se non lo abbiamo, allora, con buona probabilità, siamo noi.

Ispirato da una lettura estiva parecchio illuminante (“Mussolini ha fatto anche cose buone” di Francesco Filippi), ecco a voi un piccolo prontuario di emergenza di riferimento per le più celebri bugie del fascismo. Non sono pochi quelli che cadono nella nostalgia mussoliniana di un periodo (per loro fortuna) mai vissuto personalmente e, a volte, trattandosi di materie tecniche, non si hanno i riferimenti normativi e/o storici per controbattere. Ci sono poi i benaltristi, quelli che sminuiscono, come se il problema dell’Italia di oggi fossero i fascisti. Di fronte a una classe politica deludente, inoltre, il confronto sembra impietoso: Mussolini viene esaltato come il politico del fare, l’uomo che ha dato nuovo lustro all’Italia, alla sua economia, al suo esercito e alla sua storia nel mondo. Ma è andata davvero in questo modo? Qui sotto le tredici più eclatanti balle che, almeno una volta, abbiamo sentito a proposito di Mussolini e del fascismo.

1. “Mussolini ha dato le pensioni agli italiani”.

No. Il governo italiano adottò formalmente un primo sistema pensionistico nel 1895, sotto il governo Crispi, quasi trent’anni prima dell’avvento del fascismo. Dopo la prima guerra mondiale, nel 1919, nel periodo delle agitazioni operaie,  vi furono nuove riforme volte a mantenere la pace e a ricompensare lo sforzo bellico. La riforma fu corposa e l’adesione al sistema dei versamenti venne imposto per legge a tutte le aziende. L’ente che si occupava della previdenza era la Cassa Nazionale per le Assicurazioni Sociali. Ah, il fascismo salì al potere solo tre anni dopo, a fine ottobre del 1922.

2. “Mussolini inventò l’INPS”.

Nì. Mussolini mise le mani sulla previdenza a cose già fatte: cambiò i vertici dell’ente e vi pose uomini di fiducia. Semplicemente, poi, affidò alla Cassa Nazionale funzioni prima già svolte da altri enti, come la gestione dell’assicurazione di disoccupazione involontaria o l’assicurazione per la tubercolosi. Perché concentrare tutto in unico ente? Facile. Per rendere più semplice il controllo dell’esecutivo. Ogni prestazione dipendeva dallo Stato e, quindi, dal partito fascista. Come ovvia conseguenza, quindi, ci fu l‘appesantimento della struttura e la sua inefficienza. Il colpo di genio, però, fu quello di ribattezzare la Cassa Nazionale in Istituto Nazionale Fascista della Previdenza Sociale, oggi Inps e oggi non più fascista, ovviamente. Il cambio del nome fu quindi propagandistico, per attribuire al regime decenni di conquiste sindacali e politiche.

3. “E la tredicesima?”

Nì. Nel 1937 la Camera delle Corporazioni fasciste varò un provvedimento per la concessione della “gratifica natalizia” agli impiegati dell’industria. Solo a loro: erano infatti il bacino della piccola borghesia italiana, da cui il fascismo aveva bisogno di attingere consensi. Dall’altra parte, però, la concessione portò con sé un appesantimento della normativa sugli straordinari. Si passò dalle 10 ore lavorative giornaliere alla possibilità di richiedere ai propri dipendenti 12 ore di lavoro, non rifiutabili.

Ad ogni modo, solo nel 1946 la tredicesima mensilità entrò a far parte dei diritti spettanti a tutti i lavoratori, senza distinzione di ruoli.

4. “Sì, ma comunque ha tutelato i lavoratori”.

No. Per rafforzare la lira, Mussolini impose il taglio delle retribuzioni di quasi tutte le categorie di lavoratori salariati quasi di un quinto. I lavoratori, poi, erano stati privati del diritto di sciopero e della rappresentanza sindacale, mentre il duce strizzava l’occhio ai grandi industriali che, grazie alle precedenti svalutazioni della lira, potevano acquistare materie prime economiche dall’estero a buon prezzo. Non male, per un politico che nacque socialista.

5. “E le bonifiche delle paludi?”

No. Bisogna premettere che la malaria è stata per secoli la piaga endemica dell’Italia. Mussolini vi vide una grande occasione per la propaganda del regime, in affinità con l’impero romano che aveva saputo a suo tempo rendere il territorio italico fertile, produttivo e sano. Nel 1923 Mussolini, insieme al ministro dell’Economia Serpieri, varò un sistema di espropri. Al Sud, però, i latifondisti lo rifiutarono con forza e Serpieri si dimise poco dopo, sconfitto. Nel testo del 1923, infatti, era prevista l’iniziativa dello Stato con il finanziamento di consorzi di bonifica, ma anche, e soprattutto, l’intervento privato. Mussolini ebbe anche un’altra alzata d’ingegno: investire l’Opera Nazionale Combattenti della missione. Nel 1927, poi, venne emanata la celebre legge Mussolini che molti oggi citano come pietra miliare del settore. Brutte notizie, anche in questo caso. La legge non era altro che una lista di impegni di spesa protratti nel tempo, almeno fino al 1960. Le cifre erano poi irrealistiche e spavaldamente ottimistiche.  

Gli episodi di malaria, intanto, ebbero un andamento irregolare e la sparizione della malattia dal paese non va attribuita al fascismo, ma più che altro al DDT, importato dagli Usa. Da parte dell’Oms, la malaria venne infatti considerata sradicata nel nostro paese solo all’inizio degli anni Settanta.

6. “Il duce costruì le strade”.

No. Questa è tra le bugie del fascismo più solide, perché basata su un malinteso cronologico. Il concetto di autostrada in Italia arrivò sotto i governi Giolitti e Bonomi. Il primo tratto di autostrada in Italia venne inaugurato dopo un anno di governo Mussolini, nel 1923, ma come naturale prosecuzione di quelli che erano i progetti approvati dai suoi predecessori. In più, nel 1935, con l’aggressione all’Etiopia, il costo del carburante aumentò enormemente e questo spezzò tutti i sogni automobilistici degli italiani. La vera rivoluzione dei trasporti, infatti, arrivò solo negli anni Cinquanta.

7. “Mussolini cancellò la corruzione”.

No. I prefetti del tempo lamentarono fenomeni clientelari e ruberie per quanto riguardava i fondi destinati alla ricostruzione dopo il terremoto dell’Irpinia (1930), così come per le forniture dell’esercito. Esisteva l’OVRA, la polizia politica del fascismo, che si occupava di spiare gerarchi e fedelissimi al duce. Lo scopo dell’organismo era però quello di accumulare materiale per il ricatto di amici e affiliati, non certo la rimozione di chi non si comportava in modo trasparente.

8. “Erano corrotti i funzionari, ma Mussolini no”.

E invece sì. Mussolini aveva propagandisticamente rinunciato allo stipendio, in compenso però accettava regali sostanziosi  in denaro e immobili dal Senato, da città (come ad esempio la Rocca delle Caminate, ricevuta dalla città di Forlì) e pagava un affitto di una lira all’anno per risiedere a Villa Torlonia.  Al momento della sua fuga, nel 1945, prelevò denaro dai forzieri della Banca d’Italia per assicurarsi la salvezza.

9. “Mussolini combatté e sconfisse la mafia”.

No. Le bugie del fascismo sono complesse e qui il contraddittorio potrebbe zoppicare. Effettivamente tra il 1924 e il 1943 i dati ufficiali riportano un sorprendente calo dei reati mafiosi soprattutto in Sicilia. Come riuscì il fascismo a ottenere questo risultato? Semplice. Venne vietato di dare notizia pubblica dei reati di mafia. Vennero drasticamente derubricati a reati comuni. Si nota infatti un aumento di rapine (non si poteva parlare di “estorsioni mafiose“) e di delitti d’onore (quando invece erano omicidi).

10. “Almeno però c’erano i conti pubblici in ordine”.

. Qui si va sull’economia. Terreno impervio, ma scivoloso perché le bugie del fascismo rimangano in piedi. Effettivamente il 1925 è il fiore all’occhiello della propaganda fascista perché si raggiunse il pareggio di bilancio. In realtà, però, il pareggio non fu raggiunto grazie all’oculatezza fascista, ma semplicemente grazie al denaro tedesco versato come riparazione di guerra. Mussolini, quindi, si assunse meriti che non aveva. Nel 1923, lo stesso Giacomo Matteotti, poi barbaramente assassinato dai fascisti, aveva smascherato la recita mussoliniana sui conti pubblici e l’aveva definita “una favola per ignoranti”.

11. “Mussolini ha fatto rispettare l’Italia nel mondo conquistando nuove terre”.

No. La missione coloniale fu inefficiente, disorganizzata e sproporzionata rispetto agli obiettivi e ai mezzi. La guerra alla Libia durò dieci anni, fino al 1931, nonostante dall’altra parte vi fossero bande di guerriglieri isolati. La missione venne portata avanti senza rinunciare alla violenza gratuita sui civili.

La Somalia fu invece messa insensatamente a ferro e fuoco a un prezzo altissimo per le casse dello Stato e solo per soddisfare la sete di fama e gloria del gerarca de Vecchi. In Etiopia furono mandati 560 mila soldati, insieme a tre milioni di tonnellate tra armamenti e materiale bellico. In sette mesi di campagna militare si violarono molte delle basilari norme per la protezione dei civili, con l’applicazione di una strategia del terrore sui locali. Fate una ricerca Google su “Graziani il macellaio degli Arabi”: scoprirete cose che rimpiangerete di aver letto.

Tra le altre cose…

Per la prima volta nella storia, venne bombardata la Croce Rossa, per evitare che portasse aiuto agli etiopi o riportasse le atrocità di cui si stavano macchiando gli italiani. Generale dell’esercito era appena diventato un certo Pietro Badoglio, quello del famoso armistizio, che ordinò una serie di bombardamenti dal novembre 1935 al marzo 1936.

12. “L’esercito era fortissimo”.

No. Questa invece è tra le bugie del fascismo più facili da smontare. L’esercito italiano era disorganizzato, mal equipaggiato e guidato spesso da persone che erano state poste ai vertici per vicinanza al fascismo e non per competenza. La marina basava il suo funzionamento ancora su strategie ottocentesche, mentre le colleghe europee guardavano avanti. In Spagna, durante la guerra civile, Mussolini inviò oltre ai soldati volontari anche le truppe regolari, solo per non perdere la faccia nei confronti di Franco e dei golpisti. I fascisti italiani furono fermati dal battaglione Garibaldi, formato invece da antifascisti accorsi in Spagna in difesa della repubblica. Anche qui, i fascisti non persero l’occasione per concentrarsi sugli obiettivi civili. Pure l’Albania, già praticamente protettorato italiano, si rivelò un osso duro per Mussolini. Il fascismo, poi, coinvolse orgogliosamente il paese in una guerra che uccise 472000 italiani (dati del Ministero della Difesa, 1957), di cui un terzo civili.

13. “Le leggi razziali furono applicate solo per accontentare Hitler”.

No. Ben prima del 1938, durante le imprese africane, vennero pubblicate delle leggi simili nei toni e negli obiettivi a quelle antisemite. Si fa riferimento all’Ordinamento organico per l’Eritrea e per la Somalia, del 1933. Nelle colonie, i bianchi e i non bianchi dovevano avere frequentazioni sociali e riferimenti amministrativi separati. L’ipocrisia fascista emerse in tutta la sua forza, però, nell’aberrante trattamento riservato alle donne africane, molto spesso bambine, dai soldati italiani. Si fece largo l’orrendo concetto del diritto di conquista, che rendeva le “belle abissine” ricompense per i soldati italiani. Alla sola idea, però, anche lo stesso Mussolini impallidiva: ciò che lo preoccupava però non erano i soprusi portati avanti dai suoi uomini, ma il crescente fenomeno del meticciato. Le donne africane venivano inizialmente “protette” dall’istituto del madamato che, però, il duce si affrettò a estirpare, lasciando le donne alla mercé di soldati violenti.

BONUS “bugie del fascismo”: “I treni però arrivavano in orario”.

No. O meglio: non è dato sapere. Anche il trasporto pubblico, come tutta una serie di servizi e compiti affidati alla gestione dello stato, finì sotto la mannaia della legge del 1925 che puntava a controllare il contenuto dei giornali. Inadempienze e scandali di vario genere (dalla malasanità ai crimini irrisolti) venivano messi a tacere perché mettevano in cattiva luce l’operato del regime. La macchina delle fake news era quindi già attiva, pronta per confezionare le bugie del fascismo oggi tanto in voga.

La cosa che fa maggiormente riflettere su questo tema, come afferma anche Francesco Filippi con il suo libro “Mussolini ha fatto anche cose buone“, è il bisogno, tutto italiano, di dare nuovo lustro alla figura di Benito Mussolini. La presunta incapacità dei politici odierni fa brillare di una nuova luce Benito Mussolini e, inspiegabilmente, sono in molti a cadere nelle leggende metropolitane, nelle fake news e nelle informazioni approssimate che, grazie a Internet e all’analfabetismo funzionale dilagante, hanno trovato nuovi canali di diffusione. Mentre la Germania ha portato avanti, seppure a fatica, un grande processo di denazificazione, l’Italia non ha mai fatto pace con il suo passato. Ancora oggi, sono molte le persone che credono fermamente alle bugie del fascismo e alla bontà dell’azione mussoliniana per il nostro Paese e che, durante un pranzo di famiglia o un caffè tra colleghi, esclamano speranzosi “Eh, ci vorrebbe lui…”.

Se non lo facciamo già potremo sempre ricordar loro che l’apologia di fascismo è un reato. E potremo sommessamente aggiungere che stanno dicendo, tra le altre cose, un mucchio di cazzate.

 

Elisa Ghidini

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