C’era da aspettarselo che accadesse. Era successo con le cliniche dentarie in Croazia, che offrono a prezzi vantaggiosi interventi e cure che in Italia costerebbero il doppio, includendo nel pacchetto anche il pullman e il soggiorno. C’è poi il turismo sanitario interno al nostro Paese, che nel 2018 vedeva la sanità lombarda come meta preferenziale di almeno 100mila pazienti all’anno provenienti da altre regioni. Sarebbe interessante, tra l’altro, vedere i dati dopo i saliscendi della Lombardia nella gestione della pandemia, ma questo è un altro discorso.
Insomma, il turismo sanitario è un fenomeno già visto e conosciuto ed era abbastanza ovvio attendersi che, ben presto, avrebbe coinvolto anche l’ambito dei vaccini. Le campagne vaccinali, con poche eccezioni degne di nota, sono state lente, eccessivamente burocratizzate e oggetto di grande sfiducia anche in alcuni tra i Paesi del mondo più avanzati. Molte nazioni, poi, hanno strutturato la campagna dando priorità a determinate categorie, in base all’età o alla professione.
Le premesse dunque per dare avvio al business del turismo vaccinale ci sono tutte. Ma si può fare? È legale? E soprattutto: quanto costa?
Cos’è il turismo vaccinale
In breve: il turismo vaccinale prevede un pacchetto di viaggio in un altro Paese con l’obiettivo di essere vaccinati più velocemente rispetto ai tempi richiesti dalla campagna vaccinale del proprio Stato. Se ho 30 anni, sono in salute e sono italiana, infatti, al momento è facile che prima di agosto 2021 il mio braccio non veda l’inoculazione di alcun vaccino. Se ho quindi le risorse economiche per farlo, può darsi che io decida di pagare per saltare la coda, prendendomi qualche giorno di vacanza in un altro Paese.
Non è possibile ovunque
Ma andiamo con ordine. Molti Stati, come ad esempio il Regno Unito, hanno adottato un sistema per la somministrazione del vaccino in modo uniforme tra la popolazione. Qui, dunque, non è possibile saltare la coda, in nessun modo che sia considerato legale.
Ma il turismo vaccinale è legale?
Dire che il turismo vaccinale sia legale, di per sé, non è del tutto corretto. L’Italia, in questo senso, si è messa in una posizione scivolosa, che rischia di complicare le cose. È infatti possibile uscire dal Paese per turismo e, dal momento che il pacchetto hotel, trasporto e vaccino viene gestito da un tour operator, il requisito dello scopo “turistico” potrebbe considerarsi rispettato. Basta trovare un posto che sia nella lista di quelli frequentabili per turismo sul sito della Farnesina e verificare che in quel Paese non serva dimostrare di avere la residenza o qualche altro requisito specifico. Et voilà: il gioco è fatto, in barba agli albergatori italiani, ancora una volta.
In realtà, però, non ci sono ancora state precisazioni in merito né tantomeno sentenze che abbiano fatto luce sul concetto del turismo vaccinale. La confusione, quindi, è dietro l’angolo. Secondo un’interpretazione creativa (e quindi del tutto arbitraria e personale), si potrebbe dire che il turismo vaccinale sia più che altro un’elusione delle regole, approfittando delle scappatoie che il nostro distratto legislatore lascia tra un Dpcm e l’altro.
Come funziona negli altri Paesi?
Lo stato della Florida, negli USA, inizialmente ha visto un afflusso di viaggiatori americani e internazionali atterrare all’aeroporto di Miami. Non solo per godersi i 27°C di aprile, ma anche per farsi vaccinare. Lo Stato, infatti, precedentemente non chiedeva ai candidati di dimostrare di risiedere in Florida. Brasiliani, argentini, canadesi e venezuelani si sono fiondati nel Sunshine State per ottenere il vaccino, ma le autorità dello Stato si sono poi rese conto della scappatoia. Ora è necessario dimostrare di essere residenti in Florida attraverso la patente, la carta d’identità, un documento che attesti la sussistenza di un mutuo o anche una bolletta per le utenze, emessa però negli ultimi due mesi.
Il caso degli Emirati Arabi Uniti
Un’altra meta che ha suscitato un interesse come destinazione vaccinale è Dubai. Ufficialmente, il territorio non offre dosi di vaccini a non residenti o ai turisti. Ma c’è un “ma”. Qualche giorno fa, uno scoop del The Guardian ha riportato il caso del Knightsbridge Circle. Si tratta di un club esclusivo (la quota annuale per i soci è di 24 mila sterline. Iva inclusa, però) che offre a selezionatissimi membri esperienze di viaggio e partecipazioni a eventi di lusso. Secondo The Guardian, il circolo sarebbe riuscito a ottenere una partnership con il governo degli Emirati Arabi Uniti, in modo da consentire ai suoi membri l’accesso al vaccino Sinopharm.
L’idea dell’India
Anche l’India si sta muovendo nella direzione del turismo vaccinale estero. Ci sono agenzie che offrono un pacchetto di 4 giorni, con volo da Mumbai a New York, al costo di 2000 dollari. L’itinerario promette l’inoculazione del vaccino come attrazione principale: al momento sembra che sia solo possibile effettuare una preiscrizione, dal momento che per essere vaccinati nello stato di New York occorre avere più di 16 anni e dimostrare di vivere, lavorare o studiare entro i confini.
Il turismo vaccinale interno agli USA
Esiste poi negli Stati Uniti tutto un turismo vaccinale interno, che ha ravvivato anche le casse degli hotel e dei gestori di appartamenti su Airbnb nei pressi degli hub vaccinali. È il caso dell’hub vaccinale di Plattsburgh, nello stato di New York ma a quattro ore di auto da Manhattan. Come altre cittadine americane abbastanza anonime, ha visto un aumento di prenotazioni in hotel e di vendite nei supermercati, proprio a causa del suo essere così fuori mano e dunque meno frequentato dei centralissimi hub metropolitani. Serve però potersi permettere il viaggio, l’alloggio e qualche giorno di assenza dal lavoro. Moltiplicato per due, tra l’altro, a causa della doppia dose di vaccino Pfizer.
Il caso della Serbia
Decisamente esemplificativo è poi il caso della Serbia, che è riuscita a mettere le mani su 15 milioni di dosi a fronte dei suoi 7 milioni di abitanti. Le forniture sono composte da prodotti di AstraZeneca, Pfizer, Sinopharm e Sputnik V. Lo Stato balcanico, però, si è trovato di fronte a un problema: i suoi cittadini non sembrano essere così entusiasti all’idea del vaccino e il governo ha dunque offerto agli stranieri la possibilità di visitare il Paese e, nel frattempo, di farsi vaccinare. L’ambasciata italiana a Belgrado, ad esempio, ha dovuto emanare un comunicato in cui si specifica che, nonostante le numerose richieste pervenute da cittadini italiani per la vaccinazione in Serbia, è necessario rivolgersi alle autorità locali.
— Italy in Serbia (@ItalyinSerbia) April 8, 2021
L’ipotesi di Russia e Cuba
Per quanto riguarda la Russia, invece, la possibilità di vaccinarsi per i turisti internazionali sarà concessa a partire da luglio, come dichiarato tramite l’account Twitter ufficiale di Sputnik V.
Nella spartizione dei turisti del vaccino potrebbe rientrare presto anche Cuba, con le sue dosi di Soberana 2 autoprodotte. Prevedendo tre dosi da somministrare, ognuna a distanza di due settimane, sarebbe necessario un lungo soggiorno.
Il classismo sistemico
La questione è però complessa: il turismo vaccinale è un problema reale o è, semplicemente e cinicamente, inevitabile? Da una parte è inevitabile che i ricchi facciano cose da ricchi: se una persona se lo può permettere, è però giusto che compri il vaccino in un altro Paese? Dall’altra parte, pur non essendo certamente un novello samaritano, il ricco sta facendo un piacere a se stesso, ma, in fondo, sta contribuendo all’immunità di gregge.
In questo modo, però, si crea un problema ulteriore: nel suo spostamento all’andata, il facoltoso vaccinando potrebbe comunque aggravare la situazione, entrando in contatto con più persone per godere della somministrazione altrove. Inoltre, acquisendo la versione priority del vaccino, potrebbe sottrarlo a chi, in quella nazione, ne ha bisogno perché vulnerabile. È il caso del vaccino e della mobilità interna agli Stati Uniti: la campagna vaccinale va a gonfie vele, ma la distribuzione degli hub rende difficile per i vulnerabili delle metropoli raggiungere i centri vaccinali più distanti, che rischiano, ancora una volta, di essere ad appannaggio dei ricchi.
Qual è il ruolo degli Stati poi? Quali governi, intravedendo il profitto del turismo vaccinale, decideranno di chiudere i confini al flusso di denaro che potenzialmente potrà arrivare?
La scoperta dell’acqua calda
Anche il turismo vaccinale, quindi, ci svela ancora una volta il lato classista della pandemia: se sei ricco, hai una casa grande, un giardino in cui la mancanza della vita all’aria aperta si fa sentire meno. Puoi lavorare da casa senza rischiare di ammalarti e puoi affidare le lezioni online dei tuoi figli all’assistenza di una babysitter o di un insegnante privato. In più, puoi anche prendere un jet e andare dall’altra parte del mondo a vaccinarti. Tra l’altro, poi, se dovesse essere approvato il tanto discusso passaporto vaccinale, saresti in pole position. Pronto per altre esaltanti avventure in giro per il mondo. Se sei povero, beh, se sei povero stai a casa e aspetti.
È classismo sistemico, baby. E non sarà il turismo vaccinale a cambiarlo.
Elisa Ghidini