La Turchia scarcera detenuti per allarme focolai: il timore di contagio porterà al rilascio di 45mila carcerati. Le opposizioni hanno cominciato le proteste, ma per l’esclusione degli incarcerati per terrorismo.
Arriva dall’agenzia stampa turca “Anadolu” la notizia dell’approvazione del disegno di legge per le scarcerazioni. La Turchia scarcera detenuti per timore di contagi di coronavirus all’interno delle prigioni, con approvazione da parte di 279 parlamentari e 51 contrari. Il ddl era stato sostenuto dall’AKP, (Adalet ve Kalkınma Partisi, Partito per la Giustizia e lo Sviluppo), di cui è attualmente a capo il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Dunque, il Consiglio dei ministri provvederà al rilascio di 45mila detenuti, per evitare un’infezione incontrollata del Covid-19 e da eventuali focolai. D’altronde non è un mistero che le carceri turche siano sovraffollate: alcuni numeri parlano di 300mila carcerati in totale nel Paese.
Così, oltre al coprifuoco totale per tutti i fine settimana, il governo Erdogan sta cominciando ad adottare nuove soluzioni al fine di contrastare l’espansione del virus, tra queste il rilascio di decine di prigionieri. In effetti, i contagi in Turchia stanno aumentando esponenzialmente: sono stati registrati 56.956 casi, 1198 morti e 17 casi di coronavirus in cinque carceri dello Stato, con 3 detenuti morti. Dati non da poco se si pensa che il picco non sembra ancora essere arrivato.
Cosa prevede il ddl della Turchia
Il disegno di legge permetterà il rilascio temporaneo di 45mila detenuti nel corso dei prossimi 3 mesi ma non oltre la fine maggio. Coloro che saranno rilasciati tuttavia, rientrano nella categoria di “reati minori”: madri detenute con i bambini appena nati, con condanne al di sotto dei tre anni, saranno detenute agli arresti domiciliari. Mentre ci saranno pene detentive per chi ha meno di 18 anni.
La situazione cambia per chi ha avuto una condanna a più di 10 anni. I prigionieri saranno solo trasferiti in carceri di minima sicurezza, ma solo previa l’approvazione di un giudice competente e nel caso in cui gli stessi abbiano avuto una buona condotta nel corso degli ultimi 2 anni. Così facendo si raggiungono 45mila prigionieri, ma sono stati esclusi dall’elenco i condannati per reati sessuali, droga e omicidio di primo grado e coloro che sono stati accusati di “legami con il terrorismo”. Quest’ultima categoria comprende gli innumerevoli giornalisti e politici, incarcerati durante il golpe di stato del 2016: la repressione costò moltissime vite e reclusione di stranieri.
La scelta di scarcerare i detenuti e gli Human Rights
Le prime proteste giungono innanzitutto da “Human Rights Watch“, la prima che ha denunciato l’accaduto. Oltre all’organizzazione no profit, il malcontento ha coinvolto anche le ong e il partito repubblicano: quest’ultimo, sebbene stretto contatto con la classe militare, nonché anche sostenitore delle guerre di Erdogan contro i curdi all’interno del Paese e pure in Siria, contesta soprattutto l’esclusione dal provvedimento degli oppositori politici del capo dello Stato. Non c’è di che stupirsi se tutti coloro che possono “creare problemi” sono rimasti in carcere. Non si parla esplicitamente di coloro che hanno commesso dei reati gravi, ma riferendoci in particolar modo agli “anti-erdogan“, nonché prigionieri politici come giornalisti e altri attivisti arrestati perché critici nei confronti del governo di Ankara.
Tra questi figurano i prigionieri politici come lo scrittore Ahmet Altan, il politico curdo Selahattin Demirtas e il filantropo che finanzia la cultura Osman Kavala. Tuttavia, la Turchia, ancora sotto shock per il suo golpe, anche se ne è uscita abbastanza “ripulita” da ogni tipo di contrasto, ha anche altri problemi interni. Nei giorni scorsi, infatti, il ministro dell’Interno, Suleyman Solyu, fedelissimo di Erdogan, si era dimesso. La situazione era infatti precipitata dopo una serie di accuse per l’annuncio del coprifuoco totale ed istantaneo a causa del virus. Il coprifuoco attivo entro due ore dalla diretta ha sconvolto il Paese, tanto da far assembrare supermercati per le scorte, triplicando i rischi di contagio. Risentito, il ministro si è dimesso, ma Erdogan è subito corso in suo aiuto, ha fatto ritirare le sue dimissioni.
Anna Porcari