Si fa sempre più imminente l’invasione turca nel nord della Siria, operazione annunciata alcuni giorni fa dal presidente Recep Tayyip Erdogan: una mossa destinata a portare ulteriore devastazione e sofferenza in un paese già messo in ginocchio da anni di brutale guerra civile.
L’ultimo scottante aggiornamento è una telefonata tra il presidente americano Trump e il presidente Erdogan, avvenimento reso noto dalla Casa Bianca stessa, durante la quale i due leader hanno sancito che le truppe americane stanziate in Siria si allontaneranno presto dal confine turco, evitando così ogni coinvolgimento nell’operazione militare:
“Le forze statunitensi non sosterranno né saranno coinvolte nell’operazione e le truppe Usa, che hanno sconfitto il califfato territoriale dello Stato islamico, non saranno più nelle immediate vicinanze”, ha dichiarato la Casa Bianca, senza fornire ulteriori dettagli sui piani di Erdogan.
Il governo turco non ha mai fatto mistero di considerare i combattenti curdi come pericolosi terroristi e ha sempre cercato di interrompere il sostegno americano al gruppo:
“Siamo determinati a garantire la sicurezza della Turchia ripulendo la regione dalla presenza dei terroristi,” così si è espresso su Twitter Mevlut Cavusoglu, capo della diplomazia turca, non lasciando dunque spazio a fraintendimenti sulla sua posizione.
Incontrando l’appoggio del presidente Trump, Erdogan sembra essere riuscito nel suo intento di interrompere questa fruttuosa alleanza: ad oggi, il progetto di rivoluzione democratica curda è considerato da molti l’unica reale via di uscita per il devastante scenario siriano.
La reazione curda
Pronta la reazione delle Forze democratiche della Siria, ovvero l’allenza curdo-araba delle FDS: l’associazione è stata la compagna più affidabile degli Stati Uniti nel contesto della lunga lotta allo Stato Islamico. Il recente cambio di posizione statunitense appare dunque come un oltraggio alla passata alleanza. In una serie di tweet diffusi nelle ultime ore, il Centro per il coordinamento e le operazioni militari delle Fds accusa il leader turco Erdogan, affermando che le sue pericolose mosse rischiano di fare della Siria una “zona di conflitto permanente“:
“La zona è ora diventata un teatro di guerra. Noi siamo determinati a difendere il nordest a ogni costo,” ha dichiarato Mustafa Bali, portavoce delle forze curdo-siriane.
Il mondo attende con ansia ulteriori sviluppi, con la sempre più vicina prospettiva di una nuova tragedia e il sempre più lontano sogno di una pace definitiva.
Agata Virgilio