Trump cambia pelle all’immigrazione. Il gioco di parole è d’obbligo per capire il significato profondo della nuova strategia di The Donald.
Il presidente Usa ha appena lanciato la sua nuova proposta per la gestione dei migranti – quelli regolari però, sia ben chiaro – per svecchiare e ammorbidire il suo approccio per così dire hard al tema.
Trump volta pagina
Trump svolta. Cambiare le sfumature della narrazione aiuta a far sembrare quella narrazione più vera, più giusta. Il nuovo sistema delineato a quattro mani con il consigliere e genero Jared Kushner è di fatto basato sul merito, che, secondo la narrazione positiva di cui sopra, dovrebbe favorire i lavoratori con un miglior background di studi e una migliore conoscenza dell’inglese. Secondo il presidente americano, anche se gli Usa hanno «una storia orgogliosa di protezione a coloro che sfuggono dalle persecuzioni», attualmente «purtroppo i richiedenti asilo legittimi sono messi da parte da coloro che fanno richieste fatue».
Trump: «Sarà l’invidia del mondo moderno»
L’obiettivo è «modernizzare» il sistema di immigrazione legale, «rimasto immutato per decenni», ha spiegato la portavoce della Casa Bianca Sarah Sanders. Parlando alla Casa Bianca, Trump ha affermato che il suo nuovo piano sarà «l’invidia del mondo moderno». Mentre a suo dire i democratici propongono confini aperti, stipendi più bassi e «un caos senza legge», lui realizza un sistema che «mette davanti a tutto» il lavoro, gli stipendi e la sicurezza degli americani. Una vera proposta pro-americana, pro-immigrati e pro-lavoratori.
Merito e competenza
Il tycoon ha spiegato che consentirà di avere una «più grande proporzione di immigrati che devono venire attraverso il merito e la competenza», assicurando che il più grande cambiamento che farà sarà aumentare la proporzione di immigrazione altamente competente dal 12 al 57 per cento e «mi piacerebbe vedere anche se andiamo oltre».
Come cambiano le green card
La nuova politica prevede di privilegiare come criteri di assegnazione della tanto agognata green card (il permesso di soggiorno permanente) la qualifica, l’età e il settore di attività dei richiedenti, a scapito delle richieste di ricongiungimento familiare. Nello specifico, il 57 per cento delle green card verrebbero emesse per merito, rispetto all’attuale 12 per cento. Attualmente i due terzi delle green card vengono date per riunificazioni familiari. Il processo dovrebbe essere in due fasi: una volta superati una serie di test civici e controlli sul passato dei richiedenti, gli aspiranti immigrati verranno valutati con un sistema a punti basato sulla conoscenza dell’inglese, l’età, le offerte di lavoro e i titoli di studio.
I colossi Usa piangono, Trump risponde
Sembra ieri (era invece il 2017) che i dirigenti dei colossi statunitensi, da Apple a Microsoft a Google, da Facebook a Airbnb a Netflix, definivano il bando di Trump contro i cittadini di sette Paesi a maggioranza musulmana «contrario ai valori americani». Il meccanismo di The Donald è fin troppo scontato: dare l’impressione al mondo, soprattutto economico, di una politica più soft in materia di immigrazione, che favorisca l’arrivo di lavoratori qualificati capaci di contribuire alla crescita Usa.
Il nuovo boom a stelle e strisce
Il sogno americano sta vivendo un nuovo boom: la sua macchina economica, per funzionare, ha estremo e urgente bisogno di manodopera, come ha sottolineato la stessa Sanders nel suo discorso. Dalla Silicon Valley in poi, in America hanno tutti necessità di operai specializzati, al più basso costo possibile. L’equazione porta, evidentemente, al risultato più ovvio: far arrivare in massa gli immigrati “buoni”. Il nuovo programma però non prevede disposizioni sui dreamer, i giovani arrivati in Usa quando avevano meno di 16 anni con genitori immigrati irregolari, clandestini per dirla alla Trump. Perché la questione è troppo «divisiva», hanno detto i suoi fidi collaboratori.
Tutti contro
Tuttavia, pare che il piano non abbia grandi possibilità di passare al Congresso visto che è stato accolto con un certo scetticismo sia da deputati e senatori democratici che repubblicani. Sul piede di guerra anche gli attivisti a favore dei diritti dei richiedenti asilo. Ilhan Omar, rappresentante al Congresso Usa, ha denunciato duramente l’amministrazione:
«Non possiamo voltare le spalle ai richiedenti asilo, è piuttosto devastante sentire il modo in cui Trump parla di esseri umani che stanno solo cercando una nuova vita dove poter ricominciare daccapo o che stanno scappando da situazioni devastanti. Io ero tra quelli, sono grata di avere avuto l’opportunità di venire in un paese come gli Stati Uniti».
L’immigrazione fa bene al lavoro
Dice Benjamin Powell, economista del Free Market Institute della Texas Tech University e curatore del recente The Economics of Immigration:
«Donald Trump è un ignorante in economia. Le sue idee sull’impatto dell’immigrazione sull’economia e sul commercio internazionale sono completamente infondate e senza basi scientifiche. Secondo lui ‘l’afflusso di lavoratori stranieri mantiene bassi i salari e la disoccupazione alta’ per i non-immigrati».
Al contrario, gli esperti che hanno studiato l’impatto economico dell’immigrazione hanno dimostrato che i nuovi arrivati non hanno nessun effetto sull’occupazione dei lavoratori nativi. Gli economisti stimano che i potenziali guadagni globali da un’immigrazione aperta sarebbero impressionanti: si va dal 50 al 150 per cento del Pil mondiale. Gran parte di questi profitti tra l’altro andrebbe agli immigrati. E gli stessi economisti contrari a flussi più ampi di immigrati ammettono che anche la popolazione nativa ne trarrebbe un vantaggio economico. In sintesi, la maggior parte degli studi non rileva effetti negativi dell’immigrazione sui salari o sul numero dei posti di lavoro.
Miriam Carraretto