Michele Marsonet
Prorettore alle Relazioni Internazionali dell’Università di Genova, docente di Filosofia della scienza e Metodologia delle scienze umane
Con la vittoria di Donald Trump, il vecchio Partito repubblicano, quello dei Bush e di Romney, è scomparso, lasciando spazio al movimento MAGA. Il tycoon ha rivoluzionato la scena politica americana, grazie a un carisma unico e collaboratori efficaci, ridefinendo le priorità politiche negli Usa e il rapporto con l’Unione Europea.
Mentre continuano le analisi sulla vittoria elettorale di Donald Trump, ben pochi osservatori si soffermano sulla vera e propria rivoluzione che il tycoon è riuscito a compiere in questi ultimi anni. La scena politica Usa è sempre stata dominata da due grandi partiti. Quello repubblicano, conservatore e centrista, e il democratico, dominato da una sinistra “liberal” (nell’accezione americana e anglosassone del termine).
Ebbene, dopo una lunga lotta di Trump con l’establishment, il vecchio Partito repubblicano, quello dei due Bush e di Mitt Romney, è semplicemente evaporato, diventando il movimento MAGA, fedele soltanto a Trump e al suo celebre slogan “Make America Great Again”.
Si tratta di un fenomeno che, finora, il mondo politico Usa non aveva mai visto. La verità è che “The Donald” ha vinto da solo, grazie alle sue intuizioni e a un’abilità oratoria e mediatica che non teme confronti. E non è tutto. La sua vittoria si deve anche al fatto che questa volta ha saputo circondarsi di collaboratori efficaci. Basti pensare alla differenza enorme tra il suo vice, J.D. Vance, e la figura di Tim Walz, indicato come vice dalla perdente Kamala Harris.
A questo punto Trump, avendo la maggioranza anche nel Senato e nella Camera dei rappresentanti, può davvero realizzare la sua agenda senza troppi patemi d’animo. Certo desta un po’ di tristezza assistere alla scomparsa di un Partito che ha avuto come esponenti, tra gli altri, Ronald Reagan e Dwight Eisenhower. Tuttavia il mondo è cambiato e in America, come ovunque, il carisma personale gioca un ruolo sempre più rilevante.
Certi commenti che ho letto in questi giorni sono davvero incredibili. Secondo alcuni gli Usa sono sull’orlo della dittatura. Altri, invece, scrivono che Trump dovrebbe cercare di trovare una sintonia con le posizioni dell’Unione Europea. Come se quest’ultima fosse un soggetto politico stabile e in grado di giocare una partita autonoma nello scenario internazionale.
Ma è sufficiente seguire con attenzione azioni e discorsi di Ursula von der Leyen per capire che la Ue è, in pratica, una finzione. Trump lo aveva già compreso nel corso del suo primo mandato, preferendo dialogare con i singoli Paesi piuttosto che con Bruxelles. Uomo molto pragmatico, il tycoon newyorkese bada soprattutto agli interessi americani. Il che significa che toccherà invece all’evanescente Unione Europea sintonizzarsi con lui e con le persone alle quali affiderà le deleghe principali nella sua nuova amministrazione. Per esempio Elon Musk, che alIe élite che dominano a Bruxelles non è affatto gradito.
Del vecchio Partito repubblicano non resta nulla proprio perché non ha saputo cogliere le istanze e le rivendicazioni più profonde di gran parte della popolazione. E anche questa è una lezione che la Ue dovrebbe valutare con cura. Poiché sull’altra sponda dell’Atlantico non c’è più un personaggio indeciso e accomodante come Joe Biden, l’Europa dovrà in futuro cavarsela da sola.