Con il suo caratteristico tono pretenzioso Donald Trump, durante l’ultima conferenza stampa tenutasi venerdì scorso, ha detto di aver ricevuto la copia della lettera che il primo ministro giapponese Shinzo Abe ha inviato al Comitato Nobel, con cui avrebbe candidato il presidente degli Stati Uniti al il Nobel per la Pace.
Non ha mancato di commentare con un vena di sarcasmo la candidatura e il conseguente conferimento del prestigioso riconoscimento al suo predecessore Barack Obama nel 2009:
Probabilmente non otterrò mai il Nobel e va bene così. L’hanno conferito ad Obama e non sapeva neppure per quale motivo gliel’hanno dato.
Questa affermazione non ha alcuna fonte attendibile e lo stesso Shinzo Abe, interpellato in merito da Yuichiro Tamaki, rappresentante dell’opposizione in Giappone, non ha confermato né smentito le parole di Trump, appellandosi al regolamento del Comitato Nobel che pone sulle candidature la totale riservatezza.
Tale gesto tuttavia non è insensato se si tiene presente la delicata posizione ricoperta dal Giappone nel contesto geopolitico asiatico. Infatti, il paese del Sol Levante è pericolosamente esposto ad eventuali attacchi missilistici della Corea del Nord: quest’ultima con i suoi esperimenti ha più volte sconfinato nelle acque territoriali giapponesi, mostrando un atteggiamento aggressivo. L‘alleanza con gli Stati Uniti è molto importante in un’ottica difensiva e i buoni rapporti diplomatici tra i capi di governo delle due nazioni sono fondamentali.
Una candidatura “forzata”?
Il recente impegno di Trump nella questione coreana sarebbe appunto il motivo addotto da Abe per candidare il presidente statunitense al Nobel per la Pace, e non sarebbe l’unico. Anche il capo del governo sudcoreano Moon Jae-in potrebbe aver proposto la candidatura di Trump al Nobel, ma anche su questo fronte non vi sono conferme di alcun tipo. Tuttavia, il premier sudcoreano non ha nascosto la convinzione che Trump meriti il Nobel per i risultati ottenuti con Kim Jong-un.
Però sembra che il gesto di Abe sia da ricondurre ad una pressione dello stesso governo americano, come dichiara il giornale giapponese Asahi Shimbun, riportando fonti non accertate. A ciò si aggiunge anche il giudizio critico sul lavoro di Trump con Kim Jong-un, secondo alcuni più ingigantito dalla propaganda che caratterizzato da azioni concrete per la risoluzione definitiva della questione coreana.
Barbara Milano.